Recensione: Petra Terhoeven, Deutscher Herbst in Europa. Der Linksterrorismus der siebziger Jahre als transnazionales Phanänomen

L’opera di Petra Terhoven è un volume ponderoso (700 pagine); un’ampia ricerca sul terrorismo di sinistra in Italia e in Germania Federale in prospettiva transnazionale e, in minor misura, comparativa. Il volume è diviso in 7 capitoli che seguono un andamento cronologico: l’arco di tempo preso in considerazione comprende il quadriennio 1967-1971, quando il “sogno della rivoluzione” esplose in tutta la sua carica conflittuale e arriva fino all’ottobre 1977 e le “morti di Stammheim” in Germania e al sequestro e all’uccisione di Aldo Moro nel 1978 in Italia.

Il primo capitolo è un’introduzione storiografica alle tematiche centrali del libro e descrive gli obiettivi della ricerca; il volume si concentra sull’analisi dei processi di radicalizzazione avviatisi tra i gruppi della sinistra extraparlamentare e quelli armati in Italia e in Germania Federale; dedica ampio spazio al ruolo delle strategie comunicative degli avvocati difensori nelle relazioni transnazionali all’interno delle “subculture della violenza” (Subkulturen der Gewalt); affronta la comunicazione (caratterizzata da elementi quali la propaganda, l’emulazione, la concorrenza, la legittimazione) che caratterizzava un network dei gruppi italo-tedeschi e infine analizza la risposta statale al terrorismo e le forme di solidarietà portate avanti dal Comitato per la difesa dei prigionieri politici in Europa Occidentale contro il pericolo di una germanizzazione dell’Italia (e del resto d’Europa).

Nel secondo capitolo l’analisi si concentra sulle due figure di spicco che lasciarono un’impronta indelebile nella storia delle “Nuove sinistre” della fine degli anni Sessanta nei due Paesi: Rudi Dutschke e Giangiacomo Feltrinelli. Dutschke e Feltrinelli si contraddistinsero per il loro ruolo di “importatori” delle teorie di guerrilla sudamericane e del mito guevariano in Europa. Teorizzarono per primi il pericolo di una svolta autoritaria reazionaria nei due Paesi e – benché le loro biografie non fossero prossime – entrambi credevano nel “sogno della rivoluzione” (Der Traum von der Revolution), in quel mito che contribuì a radicalizzare la sinistra rivoluzionaria nei due Paesi (Von den Waffen der Kritik zur Kritik der Waffen: Transalpine Radikalisierung um 1968 Italien als deutsches Traumland der Revolution – Das Konzept Stadtguerrilla und Il Manifesto).

Nella terza parte l’a. indaga l’unità dei processi storici in relazione ai transfer tra le organizzazioni italiane e quelle tedesche, seppur i punti di partenza si presentassero profondamente diversi per orizzonti ideologici, differenti gruppi di riferimento e provenienze. Feltrinelli influenzò le relazioni intraprese dalle maggiori organizzazioni di estrema sinistra con la Germania Federale (Lotta Continua e Potere Operaio); nel 1972 la morte improvvisa dell’editore e l’arresto dei fondatori della Rote Armee Fraktion (RAF) trasformarono definitivamente la costellazione politica delle due diverse realtà (Feltrinellis Erbe: Italiens gewaltbereite Linke und ihre Kontakte in die Bundesrepublik). 

Il quarto capitolo documenta i retroscena e lo sviluppo delle attività del comitato contro la tortura, che operava anche oltre i confini nazionali. L’autrice ripercorre le tappe di una solidarietà internazionale tra detenuti, avvocati difensori e intellettuali: dalla visita di Jean-Paul Sartre a Baader nel carcere di Stoccarda-Stammheim (nel dicembre del 1974), al ruolo centrale del coordinamento “info” (un sistema di comunicazione per mezzo di foglietti informativi) tra i difensori e gli assistiti/detenuti, al ruolo degli avvocati nel Comitato Internazionale per la difesa dei detenuti politici in Europa Occidentale, costituitosi nel gennaio 1975, qualche settimana dopo la visita di Sartre a Baader (die richtlinienfunktion stammheims rausarbeiten. Die Transnationalisierungsstrategien der inhaftierten RAF-Kader der ersten Generation)

Le attività di questo Comitato sono analizzate ampiamente nel quinto capitolo. Gli avvocati difensori (tedeschi, francesi, italiani e di altri stati europei) sostennero delle campagne giudiziarie transnazionali, dei controlli sui processi intentati contro attivisti e presunti terroristi di sinistra, visitarono i detenuti politici nelle loro celle. Assidua era la cooperazione dei “soccorsi rossi” di vari stati europei; i difensori si mobilitarono contro la Convenzione Europea per la lotta al terrorismo del gennaio 1977 e le questioni da essa sollevate, quali l’isolamento dei detenuti accusati di terrorismo e i minori vincoli all’estradizione e all’asilo politico. Venne creata un’apposita commissione d’inchiesta internazionale sulla morte di Ulrike Meinhof (9 maggio 1976), tra i cui promotori appaiono gli avvocati Hans-Christian Ströbele, Otto Schily, Hans-Heinz Heldmann, Axel Azzola, Christian Sigrist, Giovanni Cappelli, Jean-Jacques De Félice e Bernard Rambert (Solidarität mit der RAF oder Verteidigung der Verteidiger? Das Internationale Komitee zur  Vertedigung politischer Gefangener in Westeuropa (IVK)).

Nel sesto capitolo sono affrontati l’autunno tedesco e la lotta contro il terrorismo rosso portata avanti dal governo liberal-socialdemocratico del cancelliere Helmut Schmidt. La lente d’ingrandimento è posta sui canali di comunicazione italo-tedeschi e sul trasferimento delle notizie e la percezione italiana dell’autunno tedesco, soprattutto nell’ambiente della sinistra radicale e tra i terroristi di sinistra. La paura che la Germania fosse diventata “il cuore malato dell’Europa” comportò la diffusione di una serie d’iniziative italiane a sostegno del Comitato Internazionale per la difesa dei detenuti politici nella Repubblica Federale Tedesca, tra cui spicca il “Comitato d’iniziativa e di appoggio alla difesa dei diritti civili e delle libertà democratiche nella RFT”. Tra i promotori ritroviamo il senatore socialista Lelio Basso, nella veste di avvocato penalista e membro del Tribunale Russel, Lucio Lombardo Radice ed Enzo Collotti. In questa parte è ricostruita la situazione sociale e politica nei due Paesi nel corso del biennio 1977-1978, il più drammatico; la prospettiva è incrociata, in un gioco di specchi che analizza le percezioni reciproche al di là e al di qua delle Alpi; vengono ripercorse la fuga di Herbert Kappler dall’Italia nell’agosto 1977, le morti a Stammheim, il dirottamento del Landshut e il rapimento e l’uccisione di Hans-Martin Schleyer, il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro nella primavera del 1978 (Deutscher Herbst in Italien).

La settima è ultima parte del volume è dedicata alle conclusioni (die Schlussbetrachtung). Nelle osservazioni finali Terhoeven sottolinea alcuni aspetti: la presenza di una “radicalizzazione cumulativa” in un contesto transnazionale, oltre che nazionale (Kumulative Radikalisierung im transnationalen Kontext); l’evoluzione di un immaginario negativo della Germania Federale (e dei tedeschi) nell’ambiente dell’estrema sinistra italiana – che interpretava il susseguirsi dei provvedimenti d’emergenza antiterrorismo come il prodromo di una svolta autoritaria e “fascista” dello Stato e alimentava l’idea che si stesse per verificare o fosse già in atto una vera e propria germanizzazione dell’Italia e di altri Paesi europei (Das Feindbild BRD und die Beschwörung der GermanisierungsgefahrTerrorismusbekämpfung und deutsche Vergangenheit); il perdurare – nella sfera pubblica europea – dell’immaginario nazista, “un filtro scuro nella percezione dell’agire dello Stato e delle condizioni sociali nella Germania Federale” (p. 666) (Moralisches Negativkapital und Schuldabwehr)

 

 

 

 

 

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