Radio e Underground press negli anni Settanta: dai Situazionisti a Radio Alice

Negli anni Settanta si viene a creare una situazione per cui alcuni gruppi, che si autodefiniscono underground o alternativi, si appropriano dei metodi di comunicazione di massa per svelare le mistificazioni del potere e proporre una società nuova e alternativa , con la volontà di comunicare in un modo nuovo, con un nuovo linguaggio e sfruttando i mass media, che fino a quel momento erano visti come metodo di controllo e repressione.

Una delle matrice di questo pensiero è legata alle avanguardie, a Dada e al Situazionismo[1]: il nonsense, il porsi tra  significante e significato, lo slittamento semantico, l’ironia, la falsificazione, i neologismi, la contaminazione di diversi stili di linguaggio e la parodia sono strategie che accomunano le avanguardie con le esperienze alternative degli anni Settanta.

I Situazionisti prestano grande attenzione non solo alla “stampa di massa” e alle sue potenzialità ma sono particolarmente attratti dai nuovi media, come televisione e radio: del resto, se si vuole recuperare il vissuto e le sue potenzialità e ribaltare il reale e i mezzi della società dello spettacolo, è essenziale confrontarsi con tali media.

René Viénet in The Situationists and the New Forms of Action against Politics and Art[2] sottolinea come sia necessario adottare nuove forme di lotta, che siano di questo secolo. Proprio per questo, propone: l’intervento sui fotoromanzi, per creare “subversive speech bubble[3]” che potranno esplodere, creazione di fumetti e cinema situazionista  e soprattutto la guerilla tramite radio e televisione. Tramite questi media si possono diffondere notizie false e slogan “ribaltati”. In particolare Viénet sottolinea come l’equipaggiamento radio sia facilmente trasportabile e con poca spesa sia possibile trasmettere nel proprio quartiere.

Se si analizzano le riviste e le trasmissioni realizzate dal collettivo “A/traverso”, si nota come ci siano molti punti di contatto con questa concezione della radio. Uno del motivi principali per cui Radio Alice può nascere è proprio il basso costo della strumentazione e la facilità con cui era possibile organizzarsi.[4]

I media, che vengono visti nella teoria situazionista della società dello spettacolo[5] come metodo di addomesticamento capillare, diventano quindi la base per una possibilità di svelamento e visione della società e dei media nei loro meccanismo, diventando oggetto di un vero e proprio détournement.

Uno dei primi esperimenti dell’uso della radio, che implica però più che altro l’uso dei nastri e delle registrazioni è La valeur éducative[6]. Era stato offerto a ogni radio che fosse disposta a rischiare nel metterlo in onda ed era costituito da frasi detournate tratte da Bossuet, Demangeon, and Meynier, Marx, Engels, Saint-Just, il libro di Geremia,  i Salmi e Samuel. D.

Allo stesso modo nel film Sur le passage[7], il tono da annunciatore radiofonico con cui Debord recita i suoi testi, il timbro della voce viene utilizzato per negare la preponderanza visiva nella cultura occidentale e creare un cortocircuito con gli altri media. Le voci sono plurime e vengono messe in relazione una con l’altra, arrivando pertanto a negare la preponderanza della voce di Debord, la sua interpretazione e presentazione dei fatti, quindi il carattere “di massa” del medium utilizzato, come accadrà, grazie all’uso della diretta, con Radio Alice.

Anche nell’underground italiano, si viene a creare un forte interesse per la radio. Tuttavia la legge italiana fino alla sentenza della Corte Costituzionale del 1976 che dichiara l’etere libero e segna la nascita delle radio libere[8], risulta estremamente difficile arrivare ad avere una radio per il Movimento. Ci sono però nelle riviste dei primi anni Settanta alcuni segnali molto interessanti che suggeriscono una coscienza del ruolo essenziale della radio.

Ad esempio nel terzo numero[9] di una delle maggiori riviste italiane underground dei primi anni Sessanta, Re Nudo, nella rubrica Il re vestito un articolo viene dedicato alla trasmissione radiofonica “Per voi giovani” che viene accusata di essere una spettacolarizzazione e moderazione dell’underground adatta a essere riassorbita. Secondo la redazione essa è fatta da “ragazzi bene” cresciuti a Carosello. Il titolo stesso si presenta come paternalistico e, malgrado faccia riferimento all’underground, presenta come suo unico esito prodotti culturali di un certo tipo senza disdegnare la pubblicità di prodotti americani alla moda. Non si oppone dunque al controllo del tempo libero e al processo di mercificazione e alienazione. Quello che si coglie in questo caso, è la coscienza del rischio di un riassorbimento di un fenomeno alternativo come l’underground che si voleva porre fuori e contro la società e questo riassorbimento avviene tramite un media altamente diffuso come la radio.

La radio è dunque pericolosa ma, rispetto alla televisione, che presenta un fantasma della realtà e tramite di esso favorisce l’adozione del proprio ruolo all’interno della società, ha un maggiore potenziale[10]. La radio, con il suo essere non immagine, puro suono e parola presenta maggiori possibilità per il nonsense, per il non-detto, per lo scarto tra significante/significato, emittente/ricevente: può essere la base per un linguaggio sporco[11] e privo di gerarchie come succederà con Radio Alice.

Radio Alice nasce nel febbraio 1976 grazie al collettivo A/traverso, che pubblicava già dal febbraio 1975 la rivista omonima e che sviluppa i due progetti quasi in parallelo. Il legame con la rivista è fortissimo: è nelle sue pagine che si inizia a discutere sul ruolo del linguaggio, sul rapporto significante/significato e si prende coscienza che non solo il contenuto ma anche il linguaggio è un  prodotto[12]. Se si vogliono cambiare le cose, è necessario cambiare il linguaggio perché il linguaggio rappresenta la società stessa, non è neutro ma educa a vedere le cose in un certo modo. Il progetto della radio si connota dunque come pratica della comunicazione sovversiva, come azione, come liber/azione[13].

“A/traverso” nasce con l’obiettivo di rompere gli schemi della comunicazione politica e la maggior parte dei suoi partecipanti proviene da un passato in Potere Operaio[14]. La rottura con il contesto politico-culturale istituzionale bolognese è enorme: la città è governata dal 1946 dal Pci in accordo col Partito socialista. La qualità della vita è molto alta ma i giovani laureati senza lavoro vengono relegati ai margini della società. La distanza generazionale è enorme e non parlano la stessa lingua della sinistra istituzionale[15], anzi rifiutano il lavoro e il concetto di produzione.

L’obiettivo è dunque comunicare, ma è necessario farlo in modo nuovo: se nei primi anni Settanta, l’underground press di matrice situazionista (“Re Nudo”, “King Kong International”), voleva controinformare, sollevare il velo per far vedere cosa c’era dietro il medium, il collettivo decide che, oltre alla controinformazione è necessario un nuovo linguaggio adatto al mezzo che si sta utilizzando, cioè la radio. Questo linguaggio deve essere basso, sporco, “o/sceno” cioè fuori dalla società costituita, deve opporsi alla dittatura del significato e dare valore al significante. Ci si rivolge all’estraneo, all’alienato, a chi sta altrove[16]. L’idea è partire da un piccolo gruppo che sia “in moltiplicazione”[17] per arrivare a coinvolgere chi sta fuori dalla società nel modo più capillare e diretto possibile, riportando al centro il desiderio[18] e rifiutando la “sopravvivenza spettacolare[19]”. Il gruppo diventerà tribù e poi classe con una sua identità[20].

Come viene chiarito nel manifesto del 1974 “L’onda arriva prima, dappertutto, subito. Come un breve inciso, riferimento ovunque. L’informazione aumenta, i collegamenti si moltiplicano[21]”.

Il nuovo linguaggio è “desiderante”, libertario, mira alla festa[22]: le matrici situazioniste e il loro “gergo” vengono dunque recuperate: festa, medium, tempo libero, abolizione della separazione. Non è un caso che la “K” della separazione, utilizzata da buona parte dell’underground italiano, si ritrovi in queste pubblicazioni. Allo stesso modo la /, simbolo per eccellenza dello scarto significante/significato, diventa metodo, gioco e ribaltamento, détournement: non è più scarto ma si trasforma in ambiguità e creatività del linguaggio, è un lavorare negli interstizi è essere laterali, come è percepito il personaggio di Alice in quegli anni[23].

“Il linguaggio, in quanto si libera dalle rimozioni che lo riducono a codice e fa parlare il desiderio, il corpo è osceno[24]”. Il linguaggio quotidiano nasconde una energia sovversiva e può diventare la base per la pratica della sovversione comunicativa[25].

Perché Alice? Oltre ad essere il nome della figlia di una delle redattrici[26], Dadi Mariotti, Alice è in questo periodo e in questo contesto, il simbolo per eccellenza della lateralità, dell’essere fuori da una società di cui non si comprendono le regole e soprattutto  il linguaggio[27].

Alice è simbolo di un disambientamento nel gioco della parti stabilito dal simbolismo dominante[28] della ricerca di un’identità propria che non sia quella del sapere scolastico, che recita di continuo nei suo cambiamenti di dimensioni. Il suo codice di scolara e bambina vittoriana, non funziona, cortocircuita in Wonderland: si riduce a puro significante, a mobilità del suono, come avviene in Radio Alice, la visione della realtà a cui esso è associato viene meno. Il disambientamento diventa positivo[29]: Alice è sempre da un’altra parte.  Alice nello stesso tempo desidera e il suo desiderio provoca l’accadimento[30].

Il titolo originale di Alice era prima della pubblicazione Alice‘s Adventure Underground: c’è quello stesso riferimento all’andare sotto, al cadere che si ritrova nell’origine stessa dell’Underground Movement[31], all’essere fuori rispetto alla società del discorso che è quella degli adulti.[32]

Radio Alice, come la sua omonima, si basa sul nonsense, sul significante: è sporca perché fa parlare senza copione, perché non è un testo scritto che cristallizza l’evento, perché accoglie i toni, gli accenti, le emozioni, le pause e i silenzi. E’ il luogo del linguaggio parlato che non pretende di presentarsi come scrittura ma accetta l’idea di relazione[33].

La scelta di utilizzare la diretta telefonica garantisce il recupero di una fondamentale caratteristica che manca al linguaggio scritto[34]: uno scambio e una relazione[35] che non siano strutturati in modo gerarchico ma che garantiscano un riferimento al vissuto.

Come viene chiarito su “A/traverso” è la presenza /latenza del desiderio e del movimento che vuole essere distrutta dalla società ma da cui si può partire per creare “spazi di ricomposizione del desiderio[36]” che si oppongano alla separazione promossa dalla società dello spettacolo[37]. “ Sì alla ricomposizione che a/traversa le contraddizioni e che costruisce movimento contro il nemico complessivo: la società del lavoro e delle prestazioni[38]”.

“Il problema della ricomposizione si dà oggi soltanto come esigenza- nella sua forma negativa- di sintomo. Ma è là che dobbiamo portare l’attenzione teorica. E’ lì che dobbiamo cogliere – nella sua forma oggi de/lirante – L’emergere di un soggetto in movimento nel linguaggio/ PERCIO’ VOGLIAMO COSTRUIRE/ uno strumento teorico, un luogo di (tras)formazione linguistica, di produzione testuale, un linguaggio di liberazione che si dia anche “A/traverso” la liber/AZIONE del linguaggio”.

Proprio perché si oppongono al concetto di gerarchia, i redattori non vogliono professionalizzarsi, negano la separazione tra fonte e mittente, creando così un’identità di gruppo fluida e in continua trasformazione[39].

Radio Alice crea una contaminazione, un delirio comunicativo che mette in crisi la fiducia verso gli altri media, proprio perché rompe il rapporto con il significato, proprio perché porta la soggettività in primo piano[40].

Il collettivo si autodefinisce mao-dadaista: Mao[41] non è considerato come figura politica dogmatica, ma viene visto, all’epoca, quasi come figura “pop” e la rivoluzione culturale come un esperienza libertaria: è un riferimento al non dogmatismo e alla contemporaneità, una dichiarazione di estraneità dai partiti istituzionalizzati di sinistra.

Il riferimento a Dada[42] è invece più pregnante: Dada viene visto come il primo movimento, come l’avanguardia della festa libertaria[43], come primo esempio di rifiuto della separazione e della gerarchizzazione, nella vita e nel linguaggio. In particolare vengono citate gli spettacoli dadaisti dove lo spettatore diventa attore e viene meno la divisione tra pubblico e scena. Il pubblico lanciando ortaggi, insulti e fischi, partecipa e crea lo spettacolo. Inoltre Dada rompe per primo il rapporto tra segno e concetto[44].

Dada tuttavia non crea una pratica che esca dal mondo dell’arte: la separazione arte/vita viene affrontata esclusivamente all’interno del mondo artistico, non diventa pratica, praxìs ,“fare”[45]. Majakovskij porta invece con se la relazione tra nuovo linguaggio e nuova realtà[46], tra scrittura e vita vissuta[47].

“A/traverso” e Radio Alice presentano la stessa linea di pensiero: il trasversalismo[48], l’essere laterali e il testo prodotto deve recuperare il soggetto che il linguaggio come produzione capitalistica nega[49], cambiare il linguaggio per cambiare la società “sulla strada di Majakovskij[50]”tramite una pratica creativa.[51] “La scrittura a/traversa così, facendosi azione maodadaista, gli ordini separati del discorso e del comportamento[52]”.

Proprio per questo, viene utilizzata la diretta telefonica: l’informazione è diretta e si propaga nella propria città come un tamburo tribale[53]. Questo processo non è neanche definibile come una “democratizzazione” perché mira a far crollare tutte le strutture costituite. Radio Alice è una radio aperta, che si definisce infatti come “voce desiderante[54]” e ammette tue le voci desideranti, parte dal basso[55]. Questo riferimento al concetto di desiderante e di macchina desiderante fa riferimento all’Anti-Edipo di Deleuze e Guattari: il desiderio non è mancanza del fallo, ma forza essenziale per il funzionamento dell’essere umano. Il desiderio non è il bisogno spettacolare, creato da una società dello spettacolo[56] che controlla media e tempo libero, ma è recupero del vissuto.

La sua struttura, o meglio non struttura, la rende aperta. Radio Alice fu accusata dalla stampa nazionale di essere oscena[57]: i redattori si aspettavano, come raccontano, altri insulti ma non questo. Pensano che questo epiteto sia legato al fatto che ciò che parla nel canale di Radio Alice è il non detto, il corpo e il suo linguaggio[58], il desiderio: parla cioè l’o/sceno, ciò che non è mai nella scena dello spettacolo, ciò che è fuori dallo spettacolo capitalistico e che è stato soppresso. Il parlato porta con sé il vissuto, il tempo, la storia, una cultura che si esplicita con l’accento, il dialetto, la parola locale che la società dello spettacolo nella sua idea di presentare un presente eterno senza storia e senza tempo nega.

La scelta di creare una struttura diversa rispetto a quella tradizionale per l’epoca conferma la volontà non solo di reinventare il contenuto, ma anche il medium stesso: non si tratta di piegarlo alle proprie esigenze, come avrebbe fatto un processo di controinformazione, ma di creare un nuovo codice per nuovi contenuti. La radio è il mezzo ideale, in quanto di massa, per esplorare il paese al di là dello specchio[59], per intervenire creativamente sul quotidiano, per trasmettere un senso di libertà[60].

C’è la coscienza che l’informazione altro non è se non produzione: viene prodotta dal lavoro tecnico-scientifico e cristallizzata secondo una serie di regole predeterminate, pertanto come enunciato in alcuni scritti underground di matrice situazionista[61], bisogna raggiungere i centri dell’informazione e sono essi che vanno attaccati.

“L’informazione è potere[62]”, il vecchio slogan del movimento underground dopo il ’68, assume un significato più sinistro: chi ha l’informazione cristallizzata ha il potere. La stampa underground da questo punto di vista è incapace di intervenire e modificare questo ciclo: la produzione scritta è per sua natura cristallizzazione, ri/flessione, specchio e “A/traverso” infatti si occupa soltanto di “ri/flettere” sul linguaggio, di riflettere sullo specchio e su come ci si può passare attraverso. Se il secondo libro dedicato ad Alice è Throught the looking glass, “A/traverso” è lo specchio per cui passa Alice per cercare la sua identità di laterale.

La scrittura è un mezzo troppo “pulito[63]”. E’ ovvio che il contributo della rivista è essenziale per la nascita della radio, ma Radio Alice è un’altra cosa.

La scrittura di “A/traverso” è comunque una scrittura tipograficamente avanguardistica: con la nascita della stampa offset diventa possibile realizzare collage, associazioni inedite che negano la struttura originaria della pagina[64]. Così come il nonsense di Alice in Wonderland può nascere grazie alle nuove possibilità tipografiche[65], così “A/traverso” può riflettere sulla struttura della pagina grazie alla stampa offset. A volte gli articoli non terminano e ci sono le note dei redattori come “qua non è finito[66]”. Come per la radio, il silenzio, la pausa, la rottura del discorso vengono praticati in modo programmatico: il soggetto, il desiderio, il significante indecifrabile[67] rompe lo specchio cristallizzato della scrittura.

Radio Alice non cristallizza: racconta gli eventi in diretta. Dà voce a tutti con le loro parole, non riflette. Alice è passata attraverso lo specchio, è finita nel mondo della comunicazione diretta.

Il trasversalismo della radio e della rivista è pratica creativa, è “trasformazione del tempo, del corpo e del linguaggio[68]”. Il sogno situazionista dell’abolizione della separazione propria della società dello spettacolo, viene continuato coi mezzi di comunicazione di massa: la radio diventa veicolo per riappropriarsi del tempo diretto e non più cristallizzato, del corpo che è presente con la sua voce, il suo timbro, il suo silenzio, del linguaggio, nuovo, gergale, dialettale. Radio Alice è dunque uno strumento essenziale e speculare rispetto ad “A/traverso”, per arrivare a questa trasformazione, perché l’informazione diventi inform/azione.

Riferimenti bibliografici 

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[1] Esplicito riferimento alla “produzione di situazioni” viene fatto nel numero di luglio 1976 a p.1 quando si propone la carovana Alice dovunque che girando per l’Italia creerà una serie di situazioni, vd. “A/traverso”, Bologna, giugno 1976, p. 1 e “A/traverso”, Bologna, settembre 1976, p. 10.

[2] René Viénet, The Situationists and the New Forms of Action against Politics and Art, in Guy Debord and the Situationist International. Text and Documents,  Athens, Georgia, October MIT press, 2002, pp. 181-186.

[3] Ivi p. 182.

[4] Luca Rota, Alice, la voce di chi non ha voce. Storia della radio più libera e innovatrice di sempre, Ravenna, Sensoinverso edizioni, 2016, p. 53.

[5] Guy Debord, La société du Spectacle, Gallimard, Paris, 1992, (trad. it. La società dello spettacolo, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2008).

[6] Ne viene annunciato il completamento nel numero di Potlach del dicembre del 1954. Il testo verrà interamente pubblicato nei numeri seguenti fino a marzo 1955 ed riporta la firma di Guy Debord.

[7] Il film è stata realizzato da Guy Debord  e Asger Johns nel 1959.  Non è solo un documentario ma è anche un mistero, una crime story irrisolta perché il crimine è l’alienazione degli individui nella società.

[8] Felice Liperi, Il sogno di Alice. Creatività e suoni del biennio 76-77, Manifestolibri, 2015, p. 23.

[9] Re Nudo”, Milano, marzo 1971, n. 3, p. 5.

[10] …Ma l’amor mio non muore. Origini, documenti, strategie della “cultura alternativa” e dell’“underground” in Italia, Roma, Arcana editrice, 1971.

[11] Klemens Gruber, L’avanguardia inaudita. Comunicazione e strategia nei movimenti degli anni Settanta, Milano, Costa&Nolan, 1997, p. 90.

[12] Emiliano Sbaraglia, I sogni e gli spari. Il ’77 di chi non c’era, Roma, Azimut, 2006, p.90.

[13] K. Gruber, L’avanguardia, cit., p. 17.

[14] Concetto Vecchio, Ali di Piombo. Il 1977, trent’anni dopo., Milano, RCS, 2007, pp. 68-72, si veda anche la spiegazione di Franco Berardi in Il trasloco di Renato De Maria.

[15] Ivi p. 73.

[16]Piccolo gruppo in moltiplicazione, “A/traverso”, Bologna, febbraio 1975, p. 1.

[17] Ibidem

[18] Ivi p. 4.

[19] Sul concetto di “sopravvivenza spettacolare” e sulla lotta del soggettivo contro di essa si veda Raoul Vaneigem, Traité de savoir-vivre à l’usage des jeunes générations, Gallimard, Paris, 1967 (trad.it Trattato di saper vivere ad uso delle nuove generazioni, Bolsena, Massari editore, 2004),  p.179 .

[20] Indietro, fino in fondo o a/traverso, “A/traverso”, Bologna, settembre 1976, p.12.

[21] Collettivo A/traverso, Alice è il diavolo. Storia di una radio sovversiva, Milano, Shake edizioni, 2007, p.31. Il testo è pubblicato per la prima volta nel 1976 da L’Erba Voglio.

[22] “Facciamo festa alla repressioni…liberiamo i desideri dalle galere del quotidiano.”, vd. “A/traverso”, Bologna, marzo 1976, p. 3-4.

[23] Si vedano i materiali pubblicati in Gianni Celati, Alice Disambientata, Firenze, Le Lettere, 2007.

[24] Collettivo A/traverso, Alice, cit.,p.110. Il riferimento in questo caso è anche Artaud, come simbolo del corpo e dell’arte e della sua separazione dalla vita.

[25]K. Gruber, L’avanguardia, cit., p. 97.

[26] L. Rota, Alice, cit. , p. 53.

[27] Alice era diventata il simbolo del Movimento a partire dalla controcultura americana, vd. G. Celati, Alice, cit., p.9.

[28] Ivi p. 14.

[29] Ivi p. 20.

[30] L’interpretazione del personaggio di Alice è strettamente connessa con le teorie di Deleuze espresse nell’Anti-Edipo: il desiderio è forza essenziale per l’esistenza dell’essere umano e non una carenza, come teorizzato da Freud? e Lacan

[31] Il termine Underground fa riferimento ai tunnel scavati dagli schiavi neri per fuggire dalla città, quindi dalla società. Marco Philophat ad vocem Underground, in Anni Settanta. Il decennio lungo del secolo breve (Milano, Triennale, 27 ottobre 2007-8 marzo 2008) a. c. Marco Belpoliti, Gianni Canova, Stefano Chiodi, Milano, Electa, 2007, pp. 480-481.

[32] G. Celati, Alice, cit., p.79.

[33] K. Gruber, L’avanguardia, cit., p. 62. Inoltre il collettivo sostiene che i giovani si trovino in una situazione di alienazione e mancata socializzazione sviluppata dalla società, vd. “A/traverso”, Bologna, gennaio 1976, p. 1.

[34] Le radio libere permettevano infatti di “comunicare con tutti” a differenza dei volantini e giornali usati precedentemente, vd. S. Dark, Libere! L’epopea delle Radio italiane degli anni ’70, Viterbo, Stampa Alternativa, 2009.

[35] Per Baudrillard il mass media si caratterizza proprio per l’incanalamento della comunicazione  e per la sua incapacità di risposta. La creazione di una relazione di comunicazione con gli ascoltatori pone Radio Alice dunque come estranea al mondo mass mediale, vd. Jean Baudrillard, Requiem per i media, in Per una critica dell’Economia politica del segno, Mimesis, 2010.

[36] K. Gruber, L’avanguardia, cit., p. 90.

[37] Con/testo, “A/traverso”, Bologna, gennaio 1976, p.2.

[38] Ivi p. 4

[39] K. Gruber, L’avanguardia, cit., p. 62.

[40] K. Gruber, L’avanguardia, cit., p. 78.

[41] Collettivo A/traverso, Alice, cit., pp. 165-166.

[42] Nel numero del Gennaio 1976 si comunica la possibilità di sottoscrivere un abbonamento che dia accesso alla rivista e ai “fogli dadaisti”, vd. “A/traverso”, Bologna, gennaio 1976, p. 4.

[43] Si possono rintracciare anche riferimenti minori al surrealismo es. “La rivoluzione sarà festa o non sarà”, vd. “A/traverso”, Bologna, marzo 1976, p. 1.

[44] K. Gruber, L’avanguardia, cit., p. 22.

[45] Sulla strada di Majakovskij, “A/traverso”, Bologna, giugno 1976, p. 2.

[46] K. Gruber, L’avanguardia, cit., p. 25.

[47]Sulla strada di Majakovskij,  “A/traverso”, Bologna, giugno 1976, p. 2.

[48]Sulla strada di Majakovskij,  “A/traverso”, Bologna, giugno 1976, p. 1.

[49] Ibidem.

[50] Ibidem.

[51] Sulla strada di Majakovskij, “A/traverso”, Bologna, giugno 1976, p. 1.

[52] Ibidem.

[53] K. Gruber, L’avanguardia, cit., p. 61.

[54] Il concetto di unità desiderante è anche espresso in “A/traverso”, Bologna, gennaio 1976, p. 1.

[55] L. Rota, Alice, cit., p. 52.

[56] Il concetto di spettacolo e del lavoro come furto e appropriazione viene esplicitamente citato da“A/traverso”, Bologna, febbraio 1975,  p. 4.

[57] Collettivo A/traverso, Alice, cit., p. 115.

[58] Fondamentale è in questo caso Artaud,  vd K. Gruber, L’avanguardia, cit., pp. 32-33

[59]Scrittura trasversale, “A/traverso”, Bologna, giugno 1976, p. 3.

[60] Si veda ad esempio il testo di La radio di Eugenio Finardi: “ e se una radio è libera/ ma libera veramente/mi piace anche di più/ perché libera la mente”.

[61] …Ma l’amor mio non muore. Origini, documenti, strategie della “cultura alternativa” e dell’”underground” in Italia, Roma, Arcana editrice, 1971, p. 51.

[62] Si veda la sezione “Stato in Luogo” di Ma l’amor mio non muore. Origini, documenti, strategie della “cultura alternativa” e dell’”underground” in Italia, Roma, Arcana editrice, 1971.

[63] Il collettivo A/traverso recupera questa definizione da Hans Magnus Enzensberg che la introduce in Per Una strategia socialista dei mezzi di comunicazione pubblicato da Guaraldi nel 1973.

[64] Questo processo era già stato attuato da alcune riviste legate al ‘68 e  ai primi anni settanta come ad es. “Re Nudo” e “King Kong International”.

[65] G. Celati, Alice, cit., p. 42.

[66]A/traverso le repressioni,“A/traverso”, Bologna, marzo 1976, p. 1.

[67]Linguaggio, ideologia, lavoro,“A/traverso”, Bologna, giugno 1976, p. 14.

[68] Ibidem.

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    By: Valentina Vavassori

    Ha studiato Storia dell’Arte presso l’Università di Milano, laureandosi nel 2013 con una tesi su “King Kong International” e l’underground press a Milano. Sta attualmente terminando la Scuola di specializzazione in beni storico-artistici presso l’Università di Udine. I suoi campi di interesse sono la stampa alternativa, il situazionismo e il rapporto tra arte e linguaggio negli anni Settanta.

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