Work in progress: l’archivio fotografico dell’Università degli studi della Tuscia

L’Università Statale degli studi della Tuscia venne creata con la legge n. 122 del 3 aprile 1979 sulla base dell’esperienza positiva offerta dalla Libera università della Tuscia, a sua volta costituita nel 1969 con le facoltà di Magistero, Economia e Commercio e di Scienze politiche. La prima Facoltà a nascere fu quella di Agraria nell’anno accademico 1980/81, seguita poi da Lingue e letterature Straniere Moderne nel 1983, Scienze matematiche fisiche e naturali nel 1987, Conservazione dei beni culturali nel 1990, Economia nel 1991/1992, Scienze politiche nel 2002/2003. A seguito del trasferimento del Rettorato nel complesso monumentale di Santa Maria in Gradi, e in previsione del restauro di un’ala da poter dedicare ad Archivio Unico di Ateneo, l’Università degli Studi della Tuscia ha iniziato il cammino verso la riorganizzazione del proprio patrimonio archivistico: si è venuta quindi sviluppando una riflessione sempre più approfondita, e tuttora in corso, sul patrimonio fotografico dell’Ateneo, per analizzare e sviluppare criteri e metodi idonei al suo recupero, alla sua salvaguardia e alla sua comunicazione. Scriveva Susan Sontang “Nel modo moderno di conoscere, devono esserci immagini perché qualcosa diventi reale. Le fotografie identificano gli eventi. Conferiscono importanza ad un evento e lo rendono memorabile”[1]. Così visite di ministri, presidenti e papi rivivono nelle raccolte fotografiche dell’Ateneo della Tuscia (Unitus). La problematica si è posta in occasione della realizzazione dell’Annale di storia delle università italiane dedicato alla Tuscia. Di fronte alla richiesta della redazione del Cisui di Bologna di integrare i saggi con alcune foto, ci si è resi conto che, a fronte di un ingente patrimonio fotografico, questo era poco conosciuto e di difficile reperimento. È stata effettuata una prima indagine conoscitiva che ha messo in evidenza la varietà e la complessità dei materiali. Si tratta per lo più di raccolte fotografiche formatesi in maniera casuale. La maggior parte di esse sono composte da fondi o nuclei di immagini che hanno una loro coerenza interna ma che sono stati assemblati tra loro senza una precisa logica. In questi casi, prima di qualsiasi intervento, sarà opportuno riconoscere i singoli nuclei e, per quanto possibile, ricostruirne la genesi e la storia. Questo lavoro di analisi è assolutamente propedeutico a qualsiasi intervento di catalogazione[2].

 

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La cappella dei carcerati a Santa Maria in Gradi

 

Questi nuclei di immagini si possono suddividere in tre grandi sezioni: “eventi ufficiali”, che raccoglie foto di visite di ministri, presidenti, pontefici, partecipazioni dei rettori a manifestazioni pubbliche; “immobili”, che comprende immagini storiche del complesso di Santa Maria in Gradi, lavori di ristrutturazione degli immobili appartenenti all’Università, tra cui Santa Maria in Gradi, San Carlo, Santa Maria del Paradiso, foto sparse scattate in occasioni diverse all’interno dei vari complessi; “didattica”, in cui confluiscono tutte quelle foto che si riferiscono alle attività delle ex Facoltà, ora dipartimenti, di strutture come l’Orto botanico o il Centro studi alpino di Pieve Tesino delle visite degli studenti presso l’Ateneo; “miscellanea”, sezione per ora temporanea, in cui confluiscono foto varie che studenti o dipendenti donano all’archivio. Si sta ragionando anche su una sezione riferita ai “Ritratti docenti” eventualmente corredata da una breve biografia.

 

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Il carcere di Santa Maria in Gradi

 

Purtroppo, l’importanza culturale a lungo termine degli archivi fotografici in genere, e dell’archivio fotografico Unitus, non sempre è stata riconosciuta. La mancanza di valorizzazione degli archivi e una generale sottovalutazione della fotografia utilizzata come fonte storica ha portato molti di questi fondi fotografici sull’orlo della distruzione. Per tale motivo oggi la conservazione e la presentazione di queste fonti storiche assumono una grande importanza[3], anche a seguito del riscontro sul piano normativo col riconoscimento della fotografia come bene culturale artistico oggetto di tutela col D.Lgs. n. 490 del 1999. La gestione del patrimonio fotografico richiede quindi un preciso piano di conservazione, ordinamento e salvaguardia, basato su specifici criteri progettuali, frutto di una politica più ampia di gestione e comunicazione con l’esterno[4]. La scelta dei criteri di catalogazione e la possibilità di consultazione on line devono essere il risultato di un’attenta analisi di fattibilità. Il lavoro che si sta portando avanti sull’archivio fotografico Unitus, anche se in fase iniziale, è partito da alcuni elementi di analisi fondamentali. A tal fine è in corso una tesi di laurea[5] sull’esame della situazione e delle criticità che un archivio come questo comporta, per poter correttamente progettare l’intervento di recupero, catalogazione e comunicazione del suo patrimonio. Uno degli aspetti più importanti su cui si sa riflettendo è senza dubbio la catalogazione e la creazione di un database standardizzato, al fine di tradurre, sintetizzare e formalizzare le informazioni desunte dalle immagini, sia durante la fase di immissione dei dati sia in quella di recupero o ricerca. Si comprende allora come sia necessario far riferimento e dialogare con più soggetti impegnati nel settore individuando gli strumenti più adatti e condivisi dalla comunità scientifica.

 

 

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Il Rettore Scarascia Mugnozza e il Pontefice Giovanni Paolo II

 

 

A tal proposito è stata effettuata una indagine su altri Atenei che già si sono confrontati con questa problematica: l’Università degli studi di Milano, quella di Bologna e l’Università di Pisa. Nel primo caso è stato realizzato un efficiente archivio fotografico consultabile su Internet, unimimagini[6] che raccoglie una vasta selezione di immagini di qualità, realizzate da professionisti, che ritraggono persone, eventi e spazi dell’Ateneo milanese. L’Archivio è stato creato con un programma libero e open source, COPPERMINE PHOTO GALLERY, ed è pubblico e aperto a tutti per la consultazione, mentre l’accesso per scaricare le foto è riservato a docenti, tecnici e amministrativi dell’Ateneo. Le foto sono state suddivise in tre categorie: Attività, Persone, Sedi e Strutture. All’interno di ogni categoria sono presenti degli “Album” che raccolgono le immagini per argomento.

 

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Il complesso di San Carlo prima del restauro

 

L’Università di Bologna, invece, ha organizzato il suo archivio fotografico[7] utilizzando una struttura ad albero: per l’utente che si trova a navigare all’interno del sito Internet ci sono vari livelli attraverso cui si arriva al cuore dell’archivio stesso. Partendo dalla Home e cliccando su Struttura Organizzativa si può scegliere se entrare nella sezione dell’Archivio storico, dell’Archivio fotografico, del Museo Europeo degli Studenti, della Quadreria dell’Università e della Biblioteca. Per quanto riguarda la sezione Archivio fotografico, il materiale tratta la vita accademica e l’edilizia universitaria. Il materiale è diviso in due parti, una storica (1860-1979) e l’altra moderna (1980-oggi). Cliccando poi sui link delle date si accede alle due sezioni. La sezione storica si articola a sua volta in “Fondo gabinetto storico” e “Ritratti di docenti”. Analizzando il “Fondo gabinetto storico”,ci sono poi altre tre possibili scelte di ricerca: “Immagini storiche edifici universitari”, “Immagini storiche varie”, “Cerimonie accademiche”. Il software utilizzato dall’Università di Bologna è SEBINA, applicativo progettato e realizzato dall’Istituto per i Beni artistici culturali e naturali della regione Emilia Romagna e da AKROS Informatica di Ravenna.

 

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Chiostro medievale di Santa Maria in Gradi – Il pozzo

 

 

L’archivio fotografico dell’Università di Pisa[8] è formato da alcune migliaia di fotografie e negativi. L’archivio è suddiviso in tre sezioni: immagini di “Persone”, “eventi” e “Strutture” dell’Università. Gli originali sono custoditi presso l’Archivio generale di ateneo. La sezione Tesori invece, raccoglie immagini tratte da libri antichi di proprietà dell’Università di Pisa e le foto delle medaglie della collezione di ateneo. Il software utilizzato per l’Archivio fotografico dell’Università di Pisa è il DRUPAL cms. È una piattaforma di contenuti open source per la gestione di milioni di siti web e applicazioni. È stato creato e viene tutt’ora implementato da persone attive in tutto il mondo. È concepito per la realizzazione di qualsiasi sito, statico o dinamico, e il suo vantaggio è dato dal fatto che si possono combinare più contenuti differenti tra loro (ad esempio blog e portali d’immagine) senza che sia necessario conoscere il linguaggio di codifica. Drupal gestisce le gallerie di immagini attraverso il modulo aggiuntivo image[9].

 

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Il rettorato di Santa Maria in Gradi

 

Per quanto riguarda l’archivio fotografico Unitus si stanno vagliando varie ipotesi. Al momento l’orientamento è quello di una piattaforma open source e web based per organizzare, condividere, valorizzare e conservare il patrimonio fotografico e più in generale archivistico.

Quello della conservazione è una problema che interessa da vicino l’Ateneo della Tuscia, visto che la gran parte del suo patrimonio fotografico è stato prodotto su supporto digitale. Fino al 2002 le foto sono su supporto analogico, raccolte in album, ma successivamente a questa data sono su supporto digitale raccolte in cd rom, dvd, vari computer presenti in amministrazione e hard disk esterni, con una notevole frammentazione del posseduto. Oltre tutto l’Ateneo non ha un fotografo ufficiale per cui di volta in volta le foto vengono scattate da personale presente a una determinata manifestazione con il rischio concreto della dispersione delle immagini. Sicuramente la tecnologia ha da sempre influenzato la fotografia in maniera repentina e radicale, ma il portato del digitale è più radicale, soprattutto per due ordini di motivi: la facilità nello scambio di immagini e la rapidità dell’obsolescenza degli hardware e software, che rende difficile la loro conservazione nel tempo e ne minaccia la stessa identità e integrità[10]. Inoltre le foto digitali possono essere manipolate senza lasciare tracce dell’originale e possono anche essere alterate non intenzionalmente dalla tecnologia che le ha create, ricevute, distribuite, rinvenute, scaricate da Internet e così via. Sull’utilizzo delle fotografie, soggette alla legge sul Diritto d’Autore n. 663/1941 e successive modifiche, l’Ateneo in quanto committente delle immagini sarà il titolare del diritto d’autore sulle opere create e pubblicate sotto il proprio nome ed avrà perciò “il diritto esclusivo di riproduzione, diffusione e spaccio della fotografia”. Le fotografie potranno essere utilizzate solo per fini istituzionali, ossia per l’immagine dell’Ateneo e delle sue strutture o per eventi e pubblicazioni in cui l’Ateneo sia coinvolto in vario modo. Potranno essere utilizzate porzioni di immagini purché i tagli rispettino la natura e i fini originari della fotografia. Qualunque tipi di modifiche (variazioni cromatiche, trattamenti grafici, distorsioni, fotomontaggi o giustapposizioni) non saranno ammesse se non per fini creativi o redazionali, e dovranno comunque essere sottoposte all’approvazione. Oltre ciò, le immagini dovranno essere chiaramente riconducibili all’Università degli Studi della Tuscia, e qualora siano inserite in ambiti dove il riferimento non sia immediato, le immagini dovranno riportare didascalie descrittive. Per non incorre in errori o incongruenze, basterà considerare che le immagini rappresentano l’Ateneo, per cui non ci dovranno essere ambiguità di attribuzione e il loro uso non dovrà ledere il prestigio dello stesso Ateneo. Riguardo la pubblicazione di foto raffiguranti persone, interne o esterne all’Università, bisognerà avere l’autorizzazione di queste, attraverso una liberatoria, per poter inserire il materiale all’interno dell’Archivio[11]. Al contrario non occorre il consenso della persona ritratta “quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro nella persona ritrattata”[12]. Sarà vietato anche l’uso pubblicitario o commerciale delle immagini in archivio, a meno che non sia stato autorizzato dall’Ateneo stesso e siano state ottenute le necessarie liberatorie.

 

 

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Cerimonia per i 25 anni dell’Ateneo

 

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Il Rettore M.Mancini e il Rettore Scarascia Mugnozza per i 25 anni dell’Atteno

 

Lo scopo dell’Ateneo è quello di dare una buona comunicazione dei suoi contenuti, recuperando alla memoria collettiva i documenti dell’Archivio attraverso un’accorta politica di diffusione della conoscenza con convegni di studio, stampa di materiale editoriale e concreta possibilità di consultazione. Scriveva Jacques Le Goff che il documento, e dunque anche la fotografia, “ non è merce invenduta del passato, è un prodotto della società che lo ha fabbricato secondo i rapporti delle forze che in essa detenevano il potere. Solo l’analisi del documento in quanto documento consente alla memoria collettiva di ricuperarlo e allo storico di usarlo scientificamente, cioè con piena conoscenza di causa.”[13]

 

 

 

 


[1]
[1] S. Sontag, Quando è la fotografia a decidere la nostra realtà, in “La Repubblica”, 22 luglio 2003

[2]
[2] Per alcune indicazioni in tal senso si può vedere E. Minervini, Prime proposte per il trattamento del materiale fotografico in ambito archivistico, Regione Lombardia, ed provvisoria consultabile in: www.biblioteche.regione.lombardia.it/regarc/foto.pdf (consultazione del 3 marzo 2013), M.F.Bonetti, Documentazione e valorizzazione del patrimonio fotografico nell’era digitale, http://lida.uniud.it/seminari/era-digitale, Udine, 20 ottobre 2004 (consultazione del 3 marzo 2013), S. Berselli, L. Gasparini, L’archivio fotografico. Manuale per la conservazione e la gestione della fotografia antica e moderna, Zanichelli editore, 2000.

[3]
[3] L’archivio fotografico. Conservazione, archiviazione, catalogazione, a cura di A. Campaner, A. Piccolruaz, Provincia autonoma Bolzano-Alto Adige, 2002, p. 2

[4]
[4] O Goti, S. Lusini, Strategie per la fotografia: incontro degli archivi fotografici, Atti del Convegno, Prato, 30 novembe 2000, Prato, 2001.

[5]
[5] La tesi verrà discussa dalla studentessa Erica Assaiante nella seduta di laurea di maggio 2013 presso il Dipartimento di Scienze dei beni culturali, corso di laurea in beni culturali.

 

[9]
[9] L’indagine è stata effettuata tramite interviste ai responsabili degli archivi da Erica Assaiante.

[10]
[10] Le difficoltà conservative del materiale digitale ha dato vita al progetto di ricerca InterPARES (Ricerca Internazionale per la Salvaguardia dell’Autenticità dei Documenti Elettronici) il cui obiettivo era sviluppare teorie e motodologie guida per la conservazione dell’autenticità dei documenti digitali. www.interpares.org. Sul discorso InterPARES e fotografie digitali si può vedere L. Duranti, La sfida sulle fotografie digitali e il Progetto InterPARES 2. Intervento al corso ANAI “La fotografia in archivio”, in “Il mondo degli archivi”, Dossier, Supplemento, a. 10, n. 1 (2002), pp. 4-7.

[11]
[11] Art. 96 della Legge sul Diritto d’Autore, stabilisce che “il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa”.

[12]
[12] Art. 97, Legge sul Diritto d’Autore.

[13]
[13] J. Le Goff, Storia e memoria, Torino, Einaudi, 1982, p. 452

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