Se oggi ci recassimo in una scuola per chiedere qualcosa sulla figura di Peppino Impastato molto probabilmente l’immagine che ne verrebbe fuori sarebbe sostanzialmente identica a Luigi Lo Cascio interprete del film “I cento passi” di Marco Tullio Giordana. Quest’ultimo ha avuto il grande merito di rendere popolare un personaggio troppo spesso dimenticato. Dimenticato nonostante il lavoro paziente portato avanti dalla famiglia Impastato, dai suoi compagni di militanza, da Umberto Santino, animatore del Centro di documentazione dedicato al giovane siciliano, e da tanti altri. Il film ha indubbiamente fatto conoscere la vita di Peppino, il suo impegno antimafia, la sua ribellione verso un sistema di valori familiari e sociali a tratti anacronistici, la sua capacità di usare l’arma dell’ironia e dello sberleffo per denunciare i crimini della cosca mafiosa di Tano Badalamenti.
Non era un risultato scontato: lo stesso regista infatti confessava una volta ricevuto la prima stesura della sceneggiatura scritta da Claudio Fava e Monica Zapelli: «Prima ancora di leggerla avevo deciso in cuor mio di rifiutare. Conoscevo solo superficialmente la Sicilia, temevo d’inscatolarmi nelle trappole del film di genere, negli stereotipi di una convenzione troppo forte da sradicare per chi non è siciliano e non conosce la lingua, i modi di dire e, soprattutto, non dire»[1]
Purtroppo dal film molte delle caratteristiche di Peppino Impastato sono rimaste sottotraccia a partire dalla sua militanza che non appare chiara se non per brevissimi accenni.
Si può dire che quello che viene fuori dal film non è Peppino, ma una sua parte, o meglio mezzo Peppino a cui manca da un lato sostanzialmente il substrato politico-culturale del movimento degli anni ’70 di cui Peppino era “figlio” e avanguardia, un Peppino a metà a cui manca dall’altro tutto lo spessore del suo essere soggetto-rivoluzionario, la sua profonda capacità di analisi, quella incontenibile capacità di comunicare bisogni, pulsioni, certezze[2]
Non è un particolare di poco conto perché è una delle leve che spiega la decisione del giovane siciliano, insieme ad alcuni suoi compagni, di mettere su Radio aut e usare questo mezzo come veicolo per le proprie idee. Scopo di questo contributo è cercare, invece, di mettere in luce proprio questo aspetto. Ripercorrere le fasi che portarono alla nascita della radio, il brodo culturale in cui si sviluppava, la militanza di Impastato e dei suoi compagni, i programmi elaborati durante le trasmissioni lasciando in secondo piano, per una volta, l’impegno antimafia per concentrarci sui contenuti meno noti di Radio aut. Perchè se indubbiamente trasmissioni come “Onda Pazza”, in cui Impastato sbeffeggiava i mafiosi del suo paese, sono conosciute e facilmente disponibili sul web, non altrettanto può dirsi per tutto il resto del palinsesto. Purtroppo buona parte delle registrazioni sono andate perdute un po’ per colpa del passare del tempo ma soprattutto a causa delle perquisizioni dei carabinieri nei locali della radio all’indomani del ritrovamento del cadavere di Impastato.
Separare l’esperienza di Radio aut dalla vita di Peppino Impastato è quasi impossibile. Il giovane siciliano non fu solo l’ideatore del progetto ma ne fu anche il suo principale animatore, costruttore, editorialista e polemista. Possiamo dire che la radio diventò presto tutt’uno con la sua vita assorbendo quasi interamente il suo tempo. I compagni che collaboravano insieme a lui, a partire da Salvo Vitale, furono indubbiamente importanti ma senza Impastato la radio non sarebbe mai nata.
Peppino Impastato nasce a Cinisi in provincia di Palermo il 5 gennaio 1948 da una famiglia il cui padre era molto vicino ad ambienti mafiosi. Complice una malattia contratta dal fratello, Impastato cresce con lo zio di idee progressiste e frequenta il liceo classico a Partinico, paese vicino a Cinisi. Nel 1965 si iscrive alla sezione giovanile del Psiup (Partito socialista di unità proletaria) e dà vita, insieme ad altri, a un giornale autoprodotto intitolato «L’idea socialista». In esso «si analizzavano i problemi del mondo del lavoro, dell’emigrazione, della repressione sessuale, e gli aspetti delle componenti socio-politico-economiche dell’ambiente»[3] cittadino. Il giornale viene ben presto attaccato e successivamente denunciato da esponenti locali di Cinisi e lo stesso Psiup decide di dissociarsi dalla pubblicazione espellendo o sospendendo i redattori. Chiusa questa fase che dura fino al 1967, Impastato entra in contatto con il nascente mondo marxista-leninista che si sta sviluppando in Italia. Dopo una breve adesione alla Lega marxista-leninista, sente «la necessità di avere alle spalle una struttura organizzativa, cioè di “costruire il partito”»[4] confluendo, dunque nel Pcd’I (Partito comunista d’Italia m-l) incarnato dal suo leader Fosco Dinucci[5]. Siamo così in pieno 1968 con le relative contestazioni che si sviluppano, anche se in forma minore, anche in Sicilia. Impastato è iscritto a Lettere e filosofia e occupa la facoltà nonostante un certo ritmo altalenante[6]. La sua militanza nel Pcd’I è costellata da momenti di grande attività a cui seguono fasi di stanchezza. Il partito è molto rigido, estremamente burocratizzato e vive la Rivoluzione culturale cinese come la panacea di tutti i mali del mondo. Ciò nonostante in questo periodo Impastato approfondisce lo studio dei classici del marxismo, la teoria del partito, le letture diffusesi durante le contestazioni. Nel 1972 decide di appoggiare la lista del Manifesto alle elezioni nazionali vivendo «soltanto la cocente delusione della sconfitta elettorale»[7]. Ed è proprio in questo momento che si avvicina a Lotta continua e fa la conoscenza di Mauro Rostagno, noto leader del movimento studentesco trentino mandato da Lotta continua in Sicilia a coordinare le lotte. Alle elezioni regionali del 1976, in concomitanza con quelle nazionali, Impastato è candidato di Democrazia proletaria, non ancora partito politico ma semplice cartello elettorale, formato dal Pdup per il comunismo, Avanguardia operaia e Lotta continua[8]. Raccoglie 350 voti su un totale regionale di circa 15.000.
Questo breve excursus della figura di Impastato fa capire ampiamente la natura tutta politica del personaggio, la sua voglia di incidere nella società cercando di trovare un referente più ampio per il suo lavoro, una sorta di “casa” all’interno della quale agire. L’approdo a Lotta continua può essere letto proprio sotto questo aspetto e l’incontro con Mauro Rostagno, che intanto si è aperto alle prime esperienze libertarie presenti in Italia, segnano profondamente il carattere del giovane siciliano. Questo quadro, inoltre, ci aiuta ad inserire l’esperienza di Impastato all’interno di un panorama più ampio cercando così di superare il facile schematismo che lo vede come una sorta di paladino solitario contro la mafia. Un’esperienza, dunque, che
senza la “nuova sinistra” non sarebbe nata: l’individuazione della mafia non come una generica organizzazione criminale ma come “nemico di classe”, la radicalità dell’impostazione, che non risparmia neppure il padre e la parentela (caso unico nella storia politica siciliana), l’uso di strumenti che furono della nuova sinistra a cominciare dalla “controinformazione”, che caratterizzarono la lotta di Impastato, si spiegano con quel clima e con quel tipo d’impegno. E a tanti anni di distanza si può dire che lo stesso giornalismo televisivo di Mauro Rostagno affonda le sue radici in quell’humus, se si considera che la “controinformazione” fu pratica generalizzata nella nuova sinistra ma fu “specialità” di Lotta continua[9]
Radio aut comincia a trasmettere nell’aprile del 1977. Non è una data casuale: il 12 marzo Impastato si era recato a Roma per la grande manifestazione a seguito dell’uccisione di Francesco Lorusso militante di Lotta continua. Intanto ci sono state le elezioni nazionali del 1976 dove l’atteso sorpasso del Pci sulla Dc non avviene pur vedendo i consensi comunisti crescere fino al 34,4%. Democrazia proletaria, a cui Lotta continua aderiva, conquista un deludente 1,5% e ottiene solo 6 deputati. Questo, insieme all’erompere del femminismo, un cambiamento del mondo della militanza, il diffondersi delle droghe e altri fattori, mettono in crisi l’organizzazione di Sofri che si riunisce a Rimini sempre nel 1976 chiudendo il suo secondo Congresso con un disimpegno della sua struttura dirigente che porta, di fatto, allo scioglimento del gruppo. Anche le altre formazioni della sinistra rivoluzionaria conoscono aggregazioni e divisioni mentre si afferma sempre di più l’area dell’autonomia. Impastato, attento lettore negli anni precedenti di «Potere operaio», si avvicina proprio a quest’ultima componente e il nome Radio aut è un chiaro rimando politico in tal senso. Il ’77 con la sua carica innovativa «fu per Peppino come una sbronza di idee legate al bisogno di riagganciare la propria identità e il proprio “istinto di gioco” forse sacrificato per anni a un progetto politico non esente da contraddizioni»[10]. Al ritorno di Impastato da Roma prende corpo l’idea della radio: si riesce a rintracciare un vecchio trasmettitore di Radio Radicale, un vecchio arnese con alle spalle molti anni ma ancora funzionante, con i soldi di una sottoscrizione si comprano le altre apparecchiature e infine si affitta un piccolo locale a Terrasini, paese vicino a Cinisi, per avere una migliore ricezione per trasmettere lungo tutto il golfo di Castellamare. L’obiettivo non è solamente costruire uno strumento di controinformazione ma di rilanciare una militanza in una fase politica discendente per il movimento. Lo stesso Impastato comprende che «solo a partire da una presenza politica e culturale nel territorio, che sia, al tempo stesso, proposta di mobilitazione e organizzazione autonoma del sociale (comitati di disoccupati, organismi di lotta dei precari, collettivi femministi, circoli e cooperative culturali ed economiche, associazioni sportive ecc.), si può pretendere di costituire un rapporto dialettico tra la struttura radiofonica e l’ambiente»[11]. Inoltre la radio, secondo i progetti, è parte di un disegno più vasto che un documento interno descrive bene:
Riteniamo che l’uso democratico di una radio si articoli per livelli differenziati e dialetticamente collegati. Un primo livello è quello dell’informazione e controinformazione che si presenta (…) come momento di rifiuto e di ridimensionamento dell’informazione di regime (…). Un secondo livello è quello dell’intervento politico. La radio diventa strumento diretto (…) dell’iniziativa di lotta e del progetto politico complessivo di una struttura di base “dislocata socialmente e territorialmente”[12].
Radio aut, dunque, si inserisce in un percorso più ampio in quel periodo seguito anche da altre emittenti con l’obiettivo dichiarato di «liberare soggettività e produrne di nuova»[13] tanto che i due livelli sopracitati dovevano trovare una propria proiezione verso un terzo livello: «quello degli spazi autogestiti. È il livello in cui la realtà sociale si appropria dello strumento radiofonico e lo usa direttamente per allargare e difendere “le macchie liberate” e come mezzo di coordinamento delle lotte e delle iniziative di massa»[14].
Non è la prima esperienza di una radio “libera” in Sicilia: il primo tentativo è del 1970 ed è opera di Danilo Dolci che da Partinico lancia Radio Sicilia libera. L’esperienza dura solo 26 ore perché intervengono le forze dell’ordine ma il tentativo lasciò dei semi. D’altronde l’inizio delle trasmissioni non lasciava adito a dubbi: «Qui parlano i poveri cristi della Sicilia occidentale….»[15]. Radio aut beneficia, invece, di una sentenza della Corte Costituzionale del 1976 che liberalizza l’etere. Il fenomeno è ampio e interessa tutta l’Italia facendo germogliare una miriade di esperienze i cui casi più noti sono Radio Alice a Bologna, Radio Popolare a Milano o Radio Città Futura a Roma. Ma accanto a queste nascono radio non sempre connesse all’attivismo politico ma che, soprattutto al meridione, diventano fenomeni per esprimere nuove idee e tendenze, gusti musicali e commerciali, bisogni e voglia di smarcarsi da una società troppo spesso marginalizzata rispetto al resto del Paese. A Palermo fanno capolino Radio Cosmo, Palermo Radio Attiva, Radio Giovane, Radio Tele Palermo, Radio Palermo 2000 e tante altre. Esperienze animate per lo più da gruppi di amici senza inizialmente grandi pretese e con possibilità di trasmettere piuttosto scarse (a volte anche poche centinaia di metri) ma il cui impegno cominciava a mostrare le potenzialità di un mezzo il cui accesso, fino ad allora, era limitato solo a poche imprese. La possibilità di parlare liberamente, di usare il linguaggio di tutti i giorni compreso il dialetto così importante nelle zone più depresse della città, rendeva queste radio immediatamente popolari anche se discontinue nei loro palinsesti. Ben presto le realtà più organizzate cominciarono ad organizzarsi per diventare vere e proprie esperienze commerciali il che comportò anche un processo di “professionalizzazione” a danno dell’improvvisazione che molto spesso era stato il motore principale di queste radio ma la ventata di novità che il fenomeno ebbe lasciò segni duraturi soprattutto nel mondo giovanile.
Impastato comprese le potenzialità intrinseche del mezzo radiofonico e riuscì, grazie anche alle sue doti carismatiche, ad usare questo strumento usando lo stesso linguaggio irriverente che la sinistra rivoluzionaria adoperava nella sua attività politica. Questo connubio creava un esperimento inaspettato che ben presto travalicò i semplici confini “politici” fino a diventare, almeno nei comuni del golfo di Castellammare, un fenomeno di costume che difficilmente poteva essere a lungo ignorato dal sistema mafioso che governava la zona.
Il collettivo redazionale di Radio Aut si affida inizialmente ai più volenterosi mancando però di una struttura solida appoggiandosi, spesso, alle improvvisazioni di Impastato stesso. La fascia oraria di trasmissione copriva le ore tra le 16 e le 24 con una forte preponderanza dei programmi musicali. Accanto ad essi due erano i momenti informativi a cura della redazione: la trasmissione “Onda pazza” in cui Impastato metteva allo sberleffo la mafia e i notiziari di Radio aut. Se della prima trasmissione è stato possibile ritrovare e rendere fruibili alcune puntate, purtroppo dei notiziari molti nastri sono andati perduti. Di questi se ne sono salvati solo 59 che vanno dall’agosto del ’77 al febbraio del ’78. I notiziari avevano la struttura di una sorta di breve telegiornale. Le notizie erano date come fossero lanci di stampa con qualche piccolo commento sferzante laddove necessario. In ogni notiziario vi erano dalle 30 alle 40 notizie distribuite in diverse sezioni. Esse si aprivano sempre con le tematiche internazionali, proseguivano con quelle nazionali, poi cronaca operaia e infine le notizie regionali.
In redazione inizialmente sono presenti Impastato, Andrea Bartolotta, Giosuè Maniaci, Giampiero La Fata, Vito Lo Duca, Guido Orlando e altri che piano piano si aggiungono. «Il motore di questo lavoro di gruppo era la volontà e la determinazione di contrastare e ridimensionare lo strapotere dell’informazione di regime, producendo controinformazione costruita dal basso e nel modo più libero e indipendente, in piena autogestione e autofinanziamento, rifiutando di fare pubblicità e rifiutando qualunque tipo di compromesso, anche commerciale»[16].
Il lavoro in redazione cominciava intorno alle 16 con lo spoglio dei giornali da cui venivano tratti i notiziari: «Lotta continua», «La Repubblica», «Il Quotidiano dei lavoratori», «L’Ora», «Il Giornale di Sicilia», «La Stampa», «Il Corriere della sera» e «Il Manifesto». Le trasmissioni cominciarono il 1 maggio 1977 con due notiziari al giorno uno alle 20 e uno alle 23, a fianco ad essi molti programmi musicali, diversi speciali curati da Impastato su diverse tematiche dalla droga alla lotta armata, dalla disoccupazione all’antimafia, uno spazio dedicato al Collettivo femminista presente a Cinisi per concludere con “Onda pazza” che metteva alla berlina i mafiosi della zona.
Per quanto i notiziari non fossero studiati come momenti di polemica ma di controinformazione non mancavano alcuni momenti di forte contrapposizione in particolare con il ruolo che il Pci andava ricoprendo in quel periodo. La radio, infatti, è testimone dell’avvicinamento del Pci alla Dc in virtù del “compromesso storico” elaborato da Berlinguer. I primi segnali di «questo abbraccio mortale»[17] si vivevano nei comuni e proprio a Cinisi uno degli esponenti del Pci locale era diventato vicesindaco diventando, di fatto, corresponsabile della cattiva amministrazione cittadina collusa con la mafia. In particolare Radio Aut nei notiziari si scagliava contro i tentativi del Pci di evitare i referendum promossi dai radicali specialmente quello per l’abolizione della legge Reale[18]. Ne è un esempio il notiziario del 22/12/1977 che annuncia:
Colpo di scena nel Pci. Pur di non arrivare al referendum di abrogazione della legge Reale, il Pci si è offerto di presentare la propria legge sul fermo di polizia. Siamo ad un evento grottescamente pericoloso. E’ come dire “togliamo l’ergastolo e mettiamo la pena di morte”, così si evita il referendum. (…) La politica antipopolare del Pci si è ormai dichiarata apertamente e trova in Berlinguer il principale rappresentante[19]
Il giorno dopo la dose viene rincarata affermando:
Dopo trent’anni di opposizione popolare delle sinistre ai progetti Scelba e Tambroni, il Pci e il Psi hanno ceduto ai ricatti di Cossiga e alla strategia d’ordine del regime (…). Tra pochi giorni sarà varato il fermo di polizia che significa assassinio della costituzione democratica. Pci e Dc, in questa fase, stanno dimostrando come la loro strategia antipopolare è arrivata al limite della reazione[20]
Ciò che viene contestata è proprio la strategia generale del Pci che non sta dando alcun frutto se non consentire alla Dc di emanare provvedimenti altrimenti indigesti a una parte del Paese continuando, con discussioni infinite, a lasciare i comunisti fuori dall’area di governo. Così, secondo la radio, il Pci «sembra aver perduto anche l’ultimo atto dello squallido compromesso storico in quanto se non rinuncia alla richiesta di un ingresso al governo dovrà assumersi la responsabilità delle elezioni anticipate»[21].
Non mancano commenti su altre notizie del momento: dalla fuga rocambolesca di Herbert Kappler, uno degli ufficiali nazisti colpevole dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, dall’ospedale militare di Roma mettendo a nudo tutta l’incompetenza della sorveglianza istituita dai carabinieri (la radio, diffondendo un comunicato del Ministero dell’Interno che si congratulava per l’efficienza delle nostre forze di sicurezza, si chiedeva provocatoriamente «A quando il compiacimento ai Cc per l’operazione Kappler?»[22]) all’antifascismo militante denunciando l’assassinio di Benedetto Petrone, militante della Fgci, a Bari da parte di giovani del Msi[23] e di Walter Rossi, esponente di Lotta continua, ucciso da un proiettile durante un volantinaggio a Roma. Sul fronte internazionale si da parecchio risalto allo sciopero della fame messo in atto dai membri in carcere della banda Baader-Meinhof[24], ai tanti fermenti nel mondo arabo contraddistinto, proprio in quei mesi, da un’iniziativa del Presidente Usa Carter per una pace in Medioriente coinvolgendo gli egiziani[25]. Non mancano poi le notizie dal Cile che assiste al consolidamento del regime di Pinochet[26].
Sul piano locale, infine, si assiste all’escalation dei delitti di mafia con l’omicidio del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo braccio destro del generale Dalla Chiesa, la polemica con il comune di Cinisi e i suoi maggiori esponenti, la denuncia del dilagare della corruzione e del malaffare a partire dai crimini ambientali perpetrati lungo la costa spesso a danno di poveri agricoltori o allevatori.
Tutto questo finisce la sera del 9 maggio 1978 quando Impastato viene rapito da alcuni sicari mafiosi sotto indicazione di Badalamenti, portato sulle rotaie del treno Trapani-Palermo, picchiato a sangue, imbottito di esplosivo e poi fatto saltare in aria per simulare un attentato fallito come era successo per l’editore Giangiacomo Feltrinelli morto a Segrate mentre cercava di piazzare una bomba su un traliccio dell’Enel. Tutto il caso Impastato sarà costellato di indagini rozze e approssimative, depistaggi e sospetti di collusione mafiosa[27]. Solo grazie all’impegno dei compagni della radio, della madre Felicia e del fratello Giovanni e della perseveranza di Umberto Santino e Anna Puglisi che hanno gestito per tutti questi anni il Centro di documentazione intestato a Impastato, oggi è stato possibile stabilire cosa successe quella fatidica sera, chi furono gli esecutori e, soprattutto, i mandanti. La radio continuerà le sue trasmissioni anche dopo la morte di Impastato fino al 1980 con alterne fortune ma ben presto sarà costretta a chiudere non soltanto per l’assenza della personalità del giovane siciliano ma anche perché l’humus, il movimento del “lungo ’68”, andava esaurendosi per lasciare spazio ad un ritorno al privato che poco o nulla concedeva alla militanza politica.
Oggi di quell’esperienza rimane il ricordo misto ad un’aura di mito attorno alla figura di Impastato soprattutto per i più giovani, un qualcosa che è difficile definire perché ormai “Peppino” è quasi diventato un’icona pop spesso decontestualizzata dal suo tempo per semplificarne la memoria e il messaggio. Ciò nonostante Radio aut e la storia dei suoi protagonisti, a partire proprio da Impastato, è uno dei migliori esempi dai quali partire per ricostruire cosa rappresentò quel lungo periodo che cominciò nella metà degli anni ’60 per concludersi alla fine del decennio successivo. In tal senso «l’esperienza militante di Impastato e dei suoi compagni pone in discussione non tanto la dicotomia tra creatività e violenza quanto quella più ampia tra controcultura e politica, che in un contesto non metropolitano assume un rilievo specifico»[28]. È forse questa una delle caratteristiche principali dell’esperienza di Radio aut, il cercare cocciutamente di rimettere al centro delle riflessioni la politica, l’impegno, la militanza contrastando la deriva, a volte nichilista, del movimento del ’77. A favore di Impastato e dei suoi compagni giocarono l’ambiente in cui agirono che possedeva e conosceva dinamiche assolutamente differenti a quelle del resto del Paese. La “debolezza”, dunque, del vivere in periferia in un ambiente, peraltro condizionato dalla mafia, diventava una forza, una spinta verso un impegno ancora maggiore nella convinzione profonda che compito di ogni militante doveva essere cambiare la società attraverso iniziative politiche che non potevano limitarsi alla controinformazione dei volantini o dei Tazebao ma necessitavano di un salto di qualità che solo la radio poteva consentire. Fu una delle migliori intuizioni di un gruppo di giovani che decisero che né la mafia, né l’ottusità di un piccolo comune avrebbero potuto relegarli ai confini di quel grande movimento che in quegli anni amava definirsi, e Impastato lo fu sicuramente, con una parola ardita ma sempre efficace: rivoluzionario.
[1] Marco Tullio Giordana, Claudio Fava, Monica Zapelli, I cento passi, Feltrinelli, Milano 2001, p. 7.
[2] Andrea Bartolotta, Con Peppino, dalla scuola all’impegno politico in Giuseppe Impastato, Lunga è la notte. Poesie, scritti, documenti (V edizione), Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2014, p. 195.
[3] Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli. Peppino Impastato una vita contro la mafia (II edizione), Rubbettino, Soveria Mannelli 2002, p. 74.
[4] Ivi, p.76.
[5] Sui gruppi m-l vedi gli studi di Stefano Ferrante, La Cina non era vicina, Sperling & Kupfer, Milano 2008, Roberto Niccolai, Quando la Cina era vicina, Bfs-Cdp, Pisa-Pistoia 1998,
[6] Impastato stesso scrive: «Il ’68 mi prese quasi alla sprovvista. Partecipai disordinatamente alle lotte studentesche e alle prime occupazioni», Luciano Mirone, Gli insabbiati, Castelvecchi, Roma 1999, p. 127.
[7] Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli. Peppino Impastato una vita contro la mafia (II edizione), cit., p. 89.
[8] Sull’esperienza di Democrazia proletaria e sulla sua travagliata nascita rimando a: William Gambetta, Democrazia proletaria. La nuova sinistra tra piazze e palazzi, Punto Rosso, Milano 2010; Antonio Lenzi, Gli opposti estremismi: organizzazione e linea politica in Lotta continua e ne il Manifesto-Pdup (1968-1976), Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria 2016.
[9] Umberto Santino, Il ’68 e il ’77 a Palermo, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2008, p. 41.
[10] Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli. Peppino Impastato una vita contro la mafia (II edizione), cit., p. 119.
[11] Giuseppe Impastato, Proposte di intervento radiofonico in Lunga è la notte. Poesie, scritti, documenti (V edizione), cit., p. 99.
[12] Ivi, pp. 99-100.
[13] Ilaria La Fata, Giovanni Pietrangeli, Luciano Villani, Uno sguardo sulla radiofonia indipendente in Italia e in Europa, «Zapruder» n. 34, p. 4.
[14] Giuseppe Impastato, Lunga è la notte. Poesie, scritti, documenti (V edizione), cit., p. 99.
[15] Cfr. Giovanni Fiorentino, La radio al sud. Onde sonore dal Mediterraneo, Aracne, Roma, 2012.
[17] Questa era una delle letture che la sinistra rivoluzionaria dava della strategia del compromesso storico ideata dal Pci a partire dal 1973.
[18] La legge Reale (che prende il nome dal Ministro di Grazia e Giustizia Oronzo Reale del Pri) conteneva una serie di provvedimenti repressivi per contrastare il fenomeno della lotta armata. Tra le norme più contestate vi era l’estensione della custodia preventiva, il divieto di munirsi di caschi e passamontagna per rendersi irriconoscibili durante le manifestazioni, maggiore libertà per le forze dell’ordine di potere usare le armi da fuoco.
[19] Notiziario 22/12/1977 in Salvo Vitale (a cura di), Radio Aut. Materiali di un’esperienza di controinformazione, Edizioni Alegre, Roma 2008, p. 111.
[20] Notiziario 23/12/1977 in ivi, p. 117
[21] Notiziario 12/01/1978 in ivi, p. 149.
[22] Notiziario 01/09/1977 in ivi, p. 68.
[23] Cfr. notiziario del 29/11/1977 – 30/11/1977 – 1/12/1977 – 2/12/1977 in ivi pp. 82-95.
[24] Cfr. notiziario del 27/08/77 – 1/9/77 – 4/9/77 – 5/12/77– 23/12/77 pp. 63-117;
[25] Cfr. notiziario del 28/11/77 – 29/11/77 – 30/11/77 – 5/12/77 – 27/12/77 – 28/12/77 – 30/12/77 – 31/12/77 – 3/1/78 – 11/11/78 – 16/1/78 – 19/1/78 – 20/1/78 – 24/1/78 – 31/1/78 pp. 74-168
[26] Cfr. notiziario del 29/11/77 – 22/12/77 – 24/12/77 – 30/12/77 – 31/12/77 – 20/1/78 pp. 79-157
[27] Cfr. Umberto Santino (a cura di), L’assassinio e il depistaggio. Atti relativi all’omicidio di Giuseppe Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 1998.
[28] Luigi Ambrosi, L’anno della consapevolezza. Il 1977 nell’Italia meridionale, tra nuovi conflitti e trasformazioni sociali, «Mondo contemporaneo» n. 1/2014, p. 36.