La propaganda di Radio Londra durante l’occupazione alleata (1943-45)

Premessa

Secondo un aneddoto riportato da Ivone Kirkpatrick, quando gli Alleati sbarcarono in Sicilia, trovarono alcune scritte sui muri di città e paesi siciliani. Una di queste scritte recitava “Viva il Colonnello Stevens”. [1]

Il Colonnello Harold Raphael Stevens era uno degli annunciatori della sezione italiana della BBC durante la seconda guerra mondiale. Popolare soprattutto per il suo italiano dall’accento inglese e la sua prosa elegante e pacata, nel corso del conflitto Stevens divenne una celebrità per molti italiani[2].

Il primo programma in italiano risale al settembre del 1938, quando il discorso di Chamberlain sulla crisi di Monaco fu tradotto e trasmesso in Francia, Germania e Italia. Tuttavia, è solo con l’ingresso dell’Italia in guerra, nel giugno 1940, che l’Italian Service incrementò le sue trasmissioni, diventando uno dei più temuti nemici dell’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche).

Tra i dipendenti dell’Italian Service, vi erano alcuni esuli italiani che avevano dovuto lasciare l’Italia per le loro attività politiche antifasciste o origini ebraiche. Tra costoro i fratelli Paolo e Piero Treves, figli del socialista Claudio Treves, Elio Nissim, Umberto Calosso, Uberto Limentani, Ruggero Orlando, Arnaldo Momigliano.

Le trasmissioni di Stevens e degli altri annunciatori di Radio Londra costituiscono uno dei miti dell’eredità storico-culturale della seconda guerra mondiale. Non è un caso che un contributo di Gianni Isola su Radio Londra sia stato pubblicato nel volume sui simboli e miti della storia dell’Italia dopo la sua unificazione, curato da Mario Isnenghi[3].

Come ha scritto John Foot nel suo Italy’s Divided Memories, i miti sono quasi sempre collegati a eventi reali, ma si basano su fatti realmente accaduti, modificandone il significato[4]. Tuttavia, continua Foot, questo processo di distorsione della realtà rivela molto sul modo in cui la memoria collettiva e la narrazione storica vengono costruite, dato che spesso i miti finiscono per sostituire la realtà.

Temi simili erano stati al centro delle riflessioni di March Bloch, pubblicate nel suo celebre saggio sulla guerra e le false notizie nel 1921. Bloch applica queste considerazioni all’esperienza della guerra. A parere dello storico francese le false notizie, rivelerebbero molto sul modo in cui funzionano determinate società. Il fatto in sé che una data falsa notizia abbia successo e riesca a diffondersi, implica che ci siano condizioni favorevoli alla sua ricezione[5].

Ci sono molte leggende sulla seconda guerra mondiale in Italia, come spesso accade nella storia in occasione di eventi traumatici.

Tra queste la storia di Pippo, particolarmente diffusa nel nord-Italia. Secondo molti civili il piccolo aereo alleato avrebbe sorvolato ogni notte i cieli italiani per accertarsi che le regole sul coprifuoco venissero rispettate. L’aeroplano aveva vari nomi e caratteristiche in diverse parti dell’Italia. Veniva chiamato Pippo nell’area della Repubblica di Salò e Ciccio o’ Ferroviere nel sud. Secondo Claudia Baldoli e Andrew Knapp, Pippo non era altro che la personificazione delle difficoltà che gli italiani erano stati costretti ad affrontare a causa della guerra e vent’anni di regime fascista. Pippo rappresentava anche l’ambiguo rapporto tra i civili italiani e gli alleati che mandavano loro messaggi rassicuranti mentre bombardavano le loro città[6].

Un’altra leggenda molto diffusa al Sud, è relativa all’operazione Husky. Stando alla leggenda, sui carri armati e aerei anglo-americani che sbarcarono in Sicilia, sarebbero sventolate bandiere con le iniziali di Lucky Luciano. Queste presunte bandiere venivano considerate la prova lampante della collaborazione tra servizi segreti americani e mafia siciliana. Entrambe le storie, senza alcun dubbio affascinanti, sono state messe in discussione dalla ricerca storiografica.[7]

Anche l’autenticità dell’aneddoto riportato da Kirkpatrick potrebbe essere messa in discussione.  La sua veridicità è difficile, per non dire impossibile, da verificare, ma il semplice fatto che esista un tale aneddoto, rivela molto sulla popolarità di Radio Londra.

E’ innegabile che i programmi della BBC in italiano abbiano giocato un ruolo cruciale durante la guerra. Tuttavia, il mito di Radio Londra è in qualche modo simile alle storie di Pippo e Lucky Luciano.

Il successo della radio inglese è confermato da varie fonti tra cui le lettere degli ascoltatori italiani e i rapporti sull’audience stilati settimanalmente dalla BBC[8]. Ciò nonostante, Radio Londra trasmetteva per conto di un “alleato nemico”, per usare le parole di David Ellwood[9], quindi di un paese in guerra contro l’Italia. Non può dunque passare inosservato il fatto che questi programmi furono percepiti da una porzione della società italiana, come la “voce della libertà”.

In particolare, i ricordi dei messaggi radio codificati per i partigiani italiani, così come i clandestini  ascolti collettivi nelle cantine di molte case, sembrerebbero essere particolarmente diffusi tra coloro che hanno vissuto la guerra o dalle generazioni successive che conoscono la radio attraverso i racconti di genitori o nonni.[10]

Nonostante l’importanza dei programmi di Radio Londra, ad oggi solo pochi studi si sono concentrati sul ruolo della BBC in Italia e, in particolare, su un’analisi sistematica dei testi dei programmi. Le campagne di Radio Londra sono menzionate in molte pubblicazioni sul conflitto, specialmente nei lavori sulla propaganda anglo-americana, la campagna alleata italiana e la resistenza[11]. Tuttavia, nessuno di questi studi punta a studiare nel dettaglio la storia della BBC o i programmi.

L’unico testo ad oggi esistente sull’argomento, è il famoso inventario curato da Maura Piccialuti Caprioli su suggerimento dello storico Claudio Pavone. L’inventario, pubblicato nel 1976 dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali,[12] include dettagli sui documenti conservati al BBC Written Archives Centre di Caversham e altre utili fonti archivistiche per delle ricerche su Radio Londra. Piccialuti Caprioli fornisce delle informazioni sulla storia di Radio Londra e i suoi protagonisti. Il testo non ha però la pretesa di coprire in maniera esaustiva l’argomento. Si tratta piuttosto di un validissimo punto di partenza per chi voglia intraprendere delle ricerche sugli archivi dell’Italian Service.

 

 

Il progetto: temi, fonti e metodologia

Lo scopo del mio progetto di ricerca in corso nel dipartimento di storia dell’Università di Reading è analizzare la propaganda di Radio Londra in Italia negli anni 1943-45, applicando alla propaganda della BBC la chiave di lettura dell’occupazione/liberazione. Lettura che, a partire dai lavori di David Ellwood sull’AMGOT e gli Alleati in Italia, è stata adottata da molti studiosi dell’argomento[13].

In particolare, la ricerca si concentra su Radio Londra quale mezzo di comunicazione di massa per rivolgersi a cittadini comuni, mentre tenta, al contempo, di comprendere l’intento politico dei programmi inglesi.

Il lavoro prende le mosse da un libro che chi scrive ha pubblicato nel 2014 all’interno della collana Comunicazione Storica di Edizioni Unicopli. Il libro si intitola London Calling Italy. La propaganda di Radio Londra nel 1943 e il suo scopo è comprendere come la popolazione italiana sia stata preparata dalla radio allo sbarco alleato in Sicilia del luglio 1943 e alla resa incondizionata dell’8 settembre. [14] Il testo si focalizza su temi come l’influenza politica del Foreign Office inglese sulla BBC e sul ruolo degli esuli antifascisti italiani che lavoravano alla radio. Allo stesso tempo, esamina il contenuto e la forma dei programmi e tenta di delineare un ritratto degli ascoltatori italiani della BBC.

Alcuni dei temi affrontati dagli annunciatori della BBC prima della resa incondizionata, continuarono ad essere argomento di dibattito durante gli anni dell’occupazione anglo-americana. E’ questo il caso della questione alimentare, i bombardamenti, la sicurezza dei civili e il tema della Germania quale inaffidabile e opportunista alleato dell’Italia.

Altri temi al centro del libro e che sono ulteriormente sviluppati nella mia attuale ricerca sono il grado di indipendenza degli esuli italiani che lavoravano per la radio e l’influenza del Foreign Office sull’Italian Service. Inoltre, simili riflessioni su target e audience di Radio Londra in Italia sono state applicate gli anni dell’occupazione alleata.

Tuttavia, lo scenario politico e militare è completamente cambiato e nuove ricerche d’archivio condotte in Italia, in Inghilterra e negli Stati Uniti hanno portato alla luce nuove fonti.

L’Italia, com’è noto, era adesso divisa in due parti, il sud amministrato dall’AMGOT (Allied Military Government of Occupied Territories), e il nord occupato dai tedeschi e governato dall’RSI (Repubblica Sociale Italiana).

In questa delicata fase del conflitto, era fondamentale per gli Alleati dimostrare che l’amministrazione AMGOT era preferibile per gli italiani. Era inoltre fondamentale assicurarsi che i civili italiani collaborassero con gli Alleati, o che almeno, non ostacolassero le loro operazioni militari.

Vent’anni di regime fascista e tre anni di guerra avevano abbattuto il morale di molti italiani che speravano in un’imminente fine del conflitto. Questi italiani accolsero gli Alleati come dei liberatori da tanto attesi. Eppure le truppe anglo-americane stavano conquistando l’Italia con le armi e i loro soldati commettendo crimini contro i civili, come in ogni conflitto militare.

Tra l’altro, dopo la caduta del regime fascista e la resa incondizionata dell’Italia, la libertà di espressione cominciava a essere gradualmente ripristinata. Radio Londra non era più una delle poche voci alternative a quella fascista.

Nell’analizzare il ruolo di Radio Londra in Italia nel contesto dell’occupazione alleata, questa ricerca contribuirà a consolidare le esistenti conoscenze sulla sezione italiana della BBC. Tuttavia, il suo scopo non è stilare un’esaustiva storia istituzionale di Radio Londra. Il progetto intende piuttosto focalizzarsi su entrambe le prospettive, quella delle autorità inglesi da un lato, e quella degli esuli antifascisti e gli ascoltatori in Italia, dall’altro. E’ solo prendendo in considerazione entrambe le prospettive, quella dell’occupante/liberatore e quella di chi viene occupato/liberato che è possibile comprendere come Radio Londra sia diventata uno dei miti dell’eredità culturale italiana della seconda guerra mondiale. A sua volta, il punto di vista della popolazione italiana può essere compreso solo analizzando il contenuto dei programmi e la loro ricezione.

Per queste ragioni, il mio lavoro si incentra su diversi aspetti di Radio Londra.  Da un punto di vista politico, si focalizza su due principali elementi: l’influenza del governo britannico sull’Italian Service e il grado di indipendenza degli esuli italiani antifascisti che lavoravano per la radio.

Le pubblicazioni sulla radio propaganda durante la seconda guerra mondiale, su cui si incentra la prossima sezione di questo articolo, forniscono delle risposte sui rapporti tra l’European Service e il governo inglese. Per scoprire di più sulla sezione italiana, verranno analizzate alcune direttive per l’Italia dell’inglese Political Warfare Executive (PWE) e dell’anglo-americano Psychological Warfare Branch (PWB).

Per quel che riguarda gli esuli italiani che lavoravano alla BBC, Piccialuti Caprioli accenna a tensioni tra membri del movimento Free Italy, associazione di esuli antifascisti che curava alcuni programmi radio, e quadri della BBC, ma questo aspetto non è approfondito nel suo inventario[15].

Le testimonianze pubblicate da alcuni annunciatori di Radio Londra alla fine del conflitto fanno riferimento a un’esperienza del tutto positiva alla BBC. Queste testimonianze sono però in contraddizione con il contenuto di alcuni documenti del Foreign Office inglese. Stando a questi documenti, gli italiani non erano liberi di elaborare il contenuto politico dei programmi, senza la supervisione del PWE[16].

Ulteriori conferme sul controllo esercitato dal governo inglese sulla BBC, si trovano in alcuni documenti del fondo Umberto Calosso, antifascista piemontese, noto negli ambienti governativi britannici per le sue intransigenti posizioni politiche[17]. La mia ricerca intende trovare ulteriori tracce dei contrasti tra i dipendenti italiani della BBC e membri del PWE.

Divided Loyalties di Lucio Sponza, Laburisti inglesi e socialisti italiani di Pietro Sebastiani e Gli esuli italiani nel Regno Unito di Alfio Bernabei, analizzano la storia degli italiani emigrati nel Regno Unito prima e durante la guerra, affrontando anche il tema del loro internamento nei campi di prigionia britannici. Forniscono, inoltre, informazioni sul loro ruolo politico nel Regno Unito. Particolarmente interessanti sono le loro analisi delle relazioni tra socialisti italiani e Labour Party inglese. Questi lavori fanno riferimento ai contatti tra BBC e antifascisti italiani, ma lo scopo degli autori non era quello di trattare l’argomento in maniera esaustiva[18].

Anche in questo caso i documenti del National Archives di Londra permettono di trovare ulteriori risposte alla questione del ruolo politico dei socialisti italiani alla BBC e, più in generale, nel Regno Unito. Ne sono un esempio i rapporti di alcuni impiegati italiani della BBC sul trattamento ricevuto durante il loro periodo di internamento e delle lettere, scritte dopo lo sbarco alleato in Sicilia, in cui alcuni esuli chiedevano alle autorità inglesi di poter rientrare in Italia. Costoro dovettero attendere molti mesi prima di ottenere delle risposte dal governo britannico.

Queste fonti dimostrano che all’inizio della guerra non vi era alcuna differenza tra internati fascisti e anti-fascisti nei campi di prigionia britannici. Inoltre, nonostante il contributo degli esuli antifascisti italiani alla propaganda inglese fosse garanzia di affidabilità, le autorità politiche inglesi mantennero uno stretto controllo sulle loro attività durante gli anni del conflitto.[19]

I documenti del Labour Party, consultati per questa ricerca e conservati al People’s History Museum di Manchester, sono un’altra fonte di informazioni sul ruolo politico degli annunciatori italiani, dato che includono della corrispondenza sul loro conto tra la BBC e il partito.

Da un punto di vista storico, l’analisi dei programmi, di fonti governative inglesi e della vasta letteratura sull’occupazione alleata dell’Italia, permetterà di comprendere quali strategie narrative furono adottate nelle diverse fasi della guerra e in che modo le attività dei partigiani italiani furono supportate dalla radio.

Per quel che riguarda aspetti culturali e target dei programmi, i testi radiofonici dell’Italian Service rivelano molto sul modo in cui categorie diverse della società italiana venivano rappresentate nei programmi. La propaganda della BBC non puntò soltanto a ottenere il consenso di cittadini politicizzati e intellettuali. Un’ampia percentuale di programmi si rivolse infatti a persone comuni allo scopo di mettere in crisi il regime fascista e di incoraggiare forme di resistenza agli occupanti tedeschi.

Per ottenere il più ampio consenso possibile, temi e aspetti formali dei programmi dovevano attirare l’attenzione di varie categorie sociali. Tra queste donne, “omini qualunque”, per usare il titolo di un programma di Elio Nissim, operai, intellettuali, ex fascisti.

Programmi sulle “paure e speranze degli italiani”, per usare l’espressione di Ennio Di Nolfo[20], così come sui loro ruolo di madri, padri e individui le cui vite erano quotidianamente in pericolo a causa della guerra, erano molto comuni nei palinsesti dell’Italian Service.

Tra gli espedienti utilizzati da Radio Londra allo scopo di catturare l’interesse degli italiani vi furono un’efficace uso di stereotipi sull’italiano e l’inglese medio, riferimenti a tradizioni culturali italiane, la trasmissione di musica e messaggi dei prigionieri italiani internati nei campi di prigionia inglesi.

E’ difficile stilare delle stime quantitative affidabili sulle percentuali di ascoltatori italiani della BBC per più di una ragione. Innanzitutto, nell’Italia fascista era proibito ascoltare radio straniere.[21] L’ovvia conseguenza è che gli ascoltatori di Radio Londra non rendevano di certo pubblico il loro interesse per le trasmissioni della BBC. In secondo luogo, poche persone potevano permettersi l’acquisto di un apparecchio radio. Di conseguenza, gli ascolti collettivi erano molto diffusi. Per questa ragione è impossibile dedurre le percentuali degli ascoltatori dal numero di proprietari di apparecchi radio.[22] Oltre tutto, i numeri dei possidenti di apparecchi radio non rivelano nulla sulle specifiche stazioni su cui questi erano soliti sintonizzarsi e quali fossero i loro programmi preferiti. Una fonte molto importante sono i referendum radiofonici stilati dall’EIAR ed esaminati in diversi studi sulla radio fascista.[23] Tuttavia, i risultati questi referendum non ci dicono molto sugli ascoltatori di Radio Londra. Nonostante queste difficoltà metodologiche, varie fonti confermano che Radio Londra riuscì ad ottenere il consenso di almeno una porzione della società italiana. Queste fonti includono lettere inviate da ascoltatori alla redazione dell’Italian Service, rapporti sull’audience stilati settimanalmente dalla BBC e documenti della polizia fascista contenenti numeri di contravventori colti in flagrante ad ascoltare Radio Londra nonostante i divieti.[24]

Per stabilire come Radio Londra si relazionasse ad altre stazioni radio, la sua propaganda verrà comparata alla produzione di altre due radio, la nemica EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) e l’alleata VOA (Voice of America).[25] Non è tra gli intenti del progetto analizzare in maniera esaustiva il ruolo giocato da quest’ultime. L’argomento costituirebbe infatti un’ulteriore ricerca. Ciò nonostante questo paragone permetterà di comprendere in che modo la BBC condusse la sua guerra radiofonica contro l’EIAR e quale fu il grado di collaborazione tra BBC e VOA nell’organizzazione della radio propaganda.

 

Perché studiare Radio Londra?

Breve excursus storiografico sulla BBC durante la seconda guerra mondiale

 

L’utilizzo della radio per rivolgersi a gente comune è probabilmente una delle più importanti novità introdotte nel settore della propaganda di guerra durante la seconda guerra mondiale. Il ricorso a radio programmi transnazionali per abbattere il morale dei civili e fornire notizie alternative sul conflitto, risultò in una vera e propria war of words [26] combattuta nell’etere, mentre cannoni, aerei e navi combattevano nei tradizionali fronti di guerra.

Come i risultati di un progetto di ricerca chiamato Languages at War hanno dimostrato, la conoscenza di lingue straniere gioca un ruolo chiave nei conflitti. Esse consentono infatti comunicazioni e scambi culturali tra eserciti e civili, interrogatori e prigionieri di guerra, facilitano il lavoro dell’intelligence e di addetti alla propaganda in cerca di informazioni sui loro nemici[27].

Questo ragionamento naturalmente può essere applicato anche all’etere, dato che è grazie a traduttori, speaker radiofonici stranieri e giornalisti multilingue che i civili poterono ascoltare regolarmente programmi e notiziari stranieri durante la seconda guerra mondiale.

Nonostante l’importanza della radio propaganda rivolta ai civili di paesi stranieri, le pubblicazioni esistenti sulle radio operanti durante la seconda guerra mondiale tendono a focalizzarsi su aspetti politici e istituzionali. Non sembrerebbe esserci inoltre, uno spiccato interesse per aspetti formali e culturali dei testi dei programmi.

La maggior parte dei contributi sulla radio propaganda durante la seconda guerra mondiale, pubblicati nello scorso secolo, tende ad affrontare il tema da un punto di vista politico o istituzionale. Inoltre, in molte pubblicazioni rispecchiano il punto di vista anglo-americano o, in molti casi, quello della BBC. Questi contributi includono le pubblicazioni di precedenti membri della BBC e di ex ufficiali che lavoravano per le istituzioni addette alla propaganda inglese. Tra questi il direttore generale del Political Warfare Executive, Bruce Lockhart, David Garnett, altro membro del PWE, e Gerard Mansell, che lavorò all’Home Service in qualità di controller.[28]

Questi lavori forniscono informazioni sulla storia istituzionale della BBC, sui suoi protagonisti e i rapporti con gli organi governativi inglesi addetti alla propaganda. Non mancano riferimenti ai servizi europei della BBC, ma la prospettiva dei paesi a cui i programmi erano rivolti, è trascurata.

Altre pubblicazioni sulla radio propaganda durante la seconda guerra mondiale, risalgono agli anni del conflitto. Tra queste Broadcasting for Democracy di Otto Friedmann, War on the Short Waves di Charles A. Rigby, Charles Rolo’s Radio Goes to War[29].

Questi contributi si focalizzano su temi, strategie propagandistiche e novità tecniche introdotte dall’uso della radio a scopi di guerra. Nessuno di questi lavori esamina nello specifico la BBC o altre radio. Tuttavia, questi testi confermano che, sin dai primi anni del conflitto, si intuì che l’etere avrebbe aperto nuove frontiere nel settore della propaganda di guerra.

Nonostante questa consapevolezza, il primo lavoro scientifico sulla propaganda della BBC durante la guerra, che si propone di studiare il tema in maniera più sistematica, risale al 1970. Il lavoro in questione è il celebre The War of Words di Asa Briggs[30].

Il testo è il terzo volume del suo ambizioso progetto sulla storia della radio britannica. Come suggerito dallo stesso autore, quando the War of Words fu pubblicato, esistevano solo pochi contributi sulle radio operanti durante il conflitto[31].

Il libro si incentra sui servizi interni ed europei della BBC e sull’influenza del governo inglese sulla radio. La maggior parte delle fonti d’archivio su cui si basa sono documenti dell’intelligence inglese e rapporti stilati da monitors della BBC. Il lavoro di Briggs è ancora oggi, uno delle più autorevoli fonti sulla storia della BBC. Tuttavia, come sottolineato dall’autore stesso nell’introduzione al volume, il tema era troppo vasto per essere trattato esaustivamente in un’unica monografia.[32]

Gli anni duemila hanno inaugurato una fase di rinnovato interesse per la storia della radio, come dimostrato da molte pubblicazioni sul tema della radio propaganda, molte delle quali si incentrano sulla seconda guerra mondiale.

Tra queste Michael Stenton’s Radio London and Resistance in Occupied Europe (2000); Gerard Horten’s Radio Goes to War. The Cultural Politics of Propaganda During World War II (2001); Matthew Hibberd’s Il grande viaggio della BBC. Storia del servizio pubblico britannico dagli anni Venti al digitale (2005); Richard Havers’ Here is the News. The BBC and the Second World War (2007)[33].

Scopo di Radio London and Resistance in Occupied Europe di Michael Stenton è esaminare il ruolo della radio propaganda inglese rivolta a paesi come la Francia, la Danimarca, la Polonia e la Jugoslavia, nel supportare la resistenza agli occupanti tedeschi. Le fonti utilizzate dall’autore sono documenti governativi inglesi, consultati dall’autore al the National Archives di Kew Gardens.

In Il Grande viaggio della BBC, Matthew Hibberd esamina la storia della BBC dalla sua nascita all’era digitale. Il lavoro non ha un focus specifico sugli anni di guerra, ma molto interessante è la ricostruzione della graduale trasformazione della BBC da ente privato a pubblico negli anni precedenti al conflitto.

La crescente attenzione per la radio e il suo utilizzo rivolto ai civili durante la seconda guerra mondiale, è ulteriormente confermato da alcune più recenti pubblicazioni su specifiche branche straniere della BBC. Solo per menzionare alcuni esempi, nel 2005 Aurelie Luneau ha pubblicato un libro intitolato Radio Londres. Les Voix de la Libertè, sul ruolo della radio propaganda del BBC French Service. Questa monografia è stata seguita nel 2014, dalla pubblicazione di una selezione di lettere inviate da ascoltatori francesi alla redazione della BBC (Je vous écris de France – Lettres inédites à la BBC, 1940-1944)[34].

Un’altra pubblicazione recente sul French Service, è Claire Launchbury’s Music, Poetry, Propaganda. Constructing French Cultural Soundscapes at BBC during the Second World War.[35] Launchbury si concentra in particolar modo, sul ruolo della musica nel costruire identità nazionali.

Per quel che riguarda altri servizi europei, nel 2011 Nelson Costa Ribeiro ha pubblicato una monografia intitolata BBC broadcasts to Portugal in World War II: how radio was used as a weapon of war[36]. Ribeiro analizza la storia della radio in Portogallo e l’impatto che la BBC ebbe sulla popolazione portoghese.

Recentemente Costa Ribeiro ha anche co-curato con Stephanie Seul, un numero speciale della rivista Media History, sui servizi stranieri della BBC durante la seconda guerra mondiale. Il numero include articoli di vari studiosi che lavoravano su vari servizi stranieri della BBC, incluso il tedesco, francese, polacco e ceco[37].

Il crescente interesse per i singoli servizi europei della BBC, dà spazio a nuove prospettive nello studio della storia della radio britannica. La disponibilità di nuove ricerche sulla propaganda inglese verso specifici paesi, offre le basi per possibili studi dei programmi stranieri della BBC da una prospettiva comparata; inoltre, consente di concentrarsi sul punto di vista dei paesi a cui si rivolgevano i programmi, oltre che quello del Regno Unito.

A partire da un interesse per i programmi e la loro ricezione, la mia ricerca sul ruolo politico e culturale della propaganda dell’Italian Service si propone di aggiungere un tassello a questo nuovo filone di studi sui servizi stranieri della BBC oltre che alla letteratura sulla propaganda anglo-americana durante la seconda guerra mondiale.

 


[1]Kirkpratrick, Mussolini: Study of a Demagogue, Odhams,1964. L’episodio è riportato anche in Asa Briggs, The War of Words, Oxford, Oxford University Press, 1970, p. 396 e Hilary Footitt e Simona Tobia, War talk: Foreign Languages and the British War Effort in Europe, 1940-47 Basingstoke, Palgrave Macmillan, 2013, p. 82.

[2] Maura Piccialuti Caprioli, Radio Londra 1940-45: inventario delle trasmissioni per l’Italia, Roma, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, 1976.

[3] Gianni Isola, Radio Londra, in I luoghi della memoria: simboli e miti dell’Italia unita, a cura di Mario Isnenghi, Roma, Laterza, 1998, pp.

[4] John Foot, Italy’s Divided Memory, Basingstoke, Palgrave Macmillan, 2009, p. 18.

[5] March Bloch, Réfléxions d’un historien sur les fausses nouvelles de la guerre, Paris, Arman Colin Editeur, 1999.

[6] Claudia Baldoli e Andrew Knapp, Forgotten blitzes: France and Italy under Allied Air Attack, 1940-1945, London, Continuum, 2012, pp. 209-10.

[7] Tra gli storici che hanno messo in discussione la leggenda della collaborazione tra Lucky Luciano e gli Alleati: Salvatore Lupo, Quando la mafia trovò l’America: storia di un intreccio intercontinentale 1888-2008, Torino, Einaudi, 2008.

[8] Questi documenti sono conservati al BBC Written Archives Centre di Caversham.

[9] David Ellwood, L’ alleato nemico: la politica dell’occupazione anglo-americana in Italia: 1943-1946, Milano, Feltrinelli, 1977

[10] Tra i diari che fanno riferimento alle infomazioni ottenute tramite l’ascolto di Radio Londra, si ricorda: Antonio Zanella, Sentivamo radio Londra: l’odissea di due fratelli ampezzani in Bulgaria, nel corso della seconda guerra mondiale, dal diario di Oreste Ghedina, Cortina D’Ampezzo, La Cooperativa di Coortina, 1992.

[11] Questi lavori includono dei classici della storia contemporanea, come Lamberto Mercuri, Guerra psicologica: la propaganda anglo-americana in Italia, 1942-1946; David Ellwood, L’ alleato nemico, cit. Claudio Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Torino, Bollati Boringhieri, 1991. Un più recente contributo in cui le campagne di Radio Londra sono menzionate è Filippo Focardi, Il cattivo tedesco e il bravo italiano: la rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale, Roma-Bari, Laterza, 2013.

[12] M. Piccialuti Caprioli, Radio Londra 1940-45, cit.

[13] D. Ellwood, L’alleato nemico, cit.

[14] Ester Lo Biundo, London Calling Italy. La propaganda di Radio Londra nel 1943, Milano, Edizioni Unicopli, 2014.

[15] M. Piccialuti Caprioli, Radio Londra 1940-45, cit.

[16] E. Lo Biundo, London Calling Italy, cit.

[17] Ibid.

[18] Lucio Sponza, Divided Loyalties: Italians in Britain during the Second World War, Bern-New York, Peter Lang, 2000; Alfio Bernabei, Esuli ed Emigrati Italiani nel Regno Unito, 1920-40, Milano, Mursia, 1997; Pietro Sebastiani, Laburisti inglesi e socialisti italiani: dalla ricostruzione del PSU (UP) alla scissione di palazzo Barberini, da Transport House a Downing street, 1943-47, Roma, F.I.A.P. 1983.

[19] Simili riflessioni sono al centro di Ester Lo Biundo, Voices of Occupiers/Liberators: The BBC’s Radio Propaganda in Italy between 1942 and 1945, “Journal of War and Cultures Studies, 9, 1, (2016), pp. 60-73.

[20] Ennio Di Nolfo, Le paure e le speranze degli Italiani: (1943-1953), Milano, Mondadori, 1986.

[21] Si veda M. Piccialuti Caprioli, Radio Londra 1940-45, cit.

[22] Anna Lucia Natale, Gli anni della radio: 1924-1954: contributo ad una storia sociale dei media in Italia, Napoli, Liguori, 1990. Interessanti riflessioni sulla metodologia da applicare allo studio degli ascolti di una radio fascista che trasmetteva all’estero si veda Arturo Marzano, Onde Fasciste. La propaganda araba di Radio Bari (1934-43), Roma, Carocci, 2015.

[23] Sui referendum radiofonici si vedano Alberto Monticone, Il Fascismo al microfono: radio e politica in Italia, Roma, Studium, 1978; A. L. Natale, Gli anni della radio, cit. Gianni Isola, Abbassa la tua radio, per favore… Storia dell’ascolto radiofonico nell’Italia fascista, Firenze, La Nuova Italia, 1990.

[24] Sull’importanza delle lettere degli ascoltatori come fonte per lo studio dell’audience si veda: G. Isola, Abbassa la tua radio, cit.; Peppino Ortoleva, La radio e il suo pubblico: verso una storia degli ascoltatori, in La radio. Storia di sessant’anni 1924/1984, Torino, Eri/Edizioni Rai-Radiotelevisione Italiana, 1984, pp. 54-58.

[25] Sui programmi di the Voice of America in Italia durante la Guerra fredda si veda: Simona Tobia,  Advertising America: the United States Information Service in Italy (1945-1956), Milano, LED, 2008.

[26] A. Briggs, The War of Words, cit.

[27] Hilary Footitt e Michael Kelly, Languages at War: Policies and Practices of Language Contacts in Conflict Basingstoke, Palgrave Mscmillan, 2012; H. Footitt e S. Tobia, War talk, cit.

[28] Bruce R. H Lockhart, Comes the Reckoning, London, Putnam, 1947; David Garnett, The Secret History of PWE: the Political Warfare Executive, 1939-1945, London, St. Ermin’s, 2002; Gerard Mansell, Let Truth be Told: 50 Years of BBC External Broadcasting, London, George Weidenfeld & Nicolson Ltd, 1982.

[29] Otto Friedmann, Broadcasting for Democracy, London, Allen & Unwin, 1942; Charles A. Rigby, War on the Short Waves, London, Lloyd Cole, 1944; Charles Rolo, Radio Goes to War, London, Faber & Faber, 1943.

[30] Briggs, War of Words, cit.

[31] Ibid. p 727.

A metà degli anni Settanta, fu pubblicato un altro libro sull’uso della radio a scopo di propaganda politica. Il libro in questione è Radio Power. Propaganda and International Broadcasting, di Julian Hale[32]. Secondo Hale, le origini dell’uso politico della radio risalirebbero ad alcuni messaggi trasmessi da Lenin durante la rivoluzione di ottobre del 1917. Il primo messaggio annunciava la caduta del governo Kerensky e la formazione del nuovo Soviet. Questo messaggio era internazionale e si rivolgeva a potenziali rivoluzionari in Europa e Russia. Il testo non si occupa nello specifico della BBC, ma un interessante aspetto del libro è l’approccio intercontinentale, dato che l’autore non tiene in considerazione solo paesi europei.

[33] Michael Stenton, Radio London and Resistance in Occupied Europe, Oxford, Oxford University Press, 2000; Gerd Horten, Radio Goes to War: the Cultural Politics of Propaganda during World War II, Berkley-London, University of California Press, 2001; Matthew Hibberd, Il grande viaggio della BBC. Storia del Servizio Pubblico Britannico dagli Anni Venti all’Era Digitale, Roma, Rai-Eri, 2005; Richard Havers, Here is the News. The BBC and the Second World War, Stroud, Sutton, 2007.

[34] Aurelie Luneau, Radio Londres : les voix de la liberté, 1940-1944, Paris, Perrin, 2005; Aurelie Luneau, Je vous écris de France : lettres inédites à la BBC, 1940-1944, Paris, L’Iconoclaste, 2014.

[35] Claire Launchbury, Music, Poetry, Propaganda. Constructing French Cultural Soundscapes at BBC during the Second World War, Oxford-New York, Peter Lang, 2012.

[36] Nelson Costa Ribeiro, BBC broadcasts to Portugal in World War II: How Radio Was Used as a Weapon of War Lewiston, Edwin Mellen Press, 2011.

[37] Revisiting Transnational Broadcasting: The BBC’s Foreign-language Services during the Second World War, a cura  di Nelson Ribeiro e Stephanie Seul, “Media History”, 21, 4 (2015).

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    By: Ester Lo Biundo

    Lo Biundo sta svolgendo un dottorato di ricerca in storia all’Università di Reading (UK). Le sue pubblicazioni includono, London Calling Italy. La propaganda di Radio Londra nel 1943, Milano, Edizioni Unicopli, 2014; (2015). The War of Nerves. Le Trasmissioni di Radio Londra da El Alamein all’Operazione Husky, “Meridiana. Rivista di Storia e Scienze Sociali”, 82 (2015), pp. 13-35; Voices of Occupiers/Liberators: The BBC’s Radio Propaganda in Italy between 1942 and 1945, “Journal of War and Cultures Studies, 9, 1, (2016), pp. 60-73.

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