Un “mondo” di carte, diversissime fonti: l’Archivio Romaeuropa come modello di narrazione della contemporaneità

 

Interconnessioni tra fonti differenti ed il superamento della diversità dei supporti, la multidisciplinarietà e la vocazione divulgativa dell’archivio, le varie vesti dell’archivista davanti ad “un mondo di carte”: questi sono i temi che si vogliono affrontare analizzando la storia e le possibili prospettive dell’archivio della Fondazione Romaeuropa.

Nata nel 1986 sotto altra veste giuridica, la Fondazione muove i suoi primi passi con il nome di Associazione di Villa Medici proprio nella prestigiosa sede dell’Accademia di Francia al centro di Roma. Nata dall’idea di Giovanni Pieraccini e dell’allora direttore dell’Accademia di Francia, Jean Marie Drot, l’Associazione mirava a facilitare e far crescere il colloquio culturale tra Italia e Francia e ben presto interpreterà una missione ancora più ardua, ovvero la costruzione di un percorso culturale verso l’integrazione europea.

Dal Ministero degli Affari Esteri alla Regione Lazio, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ai più diversi ministeri della cultura europei: sono moltissime le istituzioni che hanno patrocinato la Fondazione Romaeuropa e che ancora oggi la sostengono nelle sue attività. Le Ambasciate danno il loro contributo culturale al fine di creare reti solide e funzionali allo sviluppo delle edizioni dei vari Festival, facilitando adesioni e partnership con compagnie ed artisti. Ad oggi si trovano nel Consiglio d’Amministrazione della Fondazione rappresentanti dell’Ambasciata di Spagna, dell’Ambasciata di Francia, del Goethe-Institut, il British Council ma anche rappresentanze di realtà culturali come l’Accademia di Santa Cecilia o la Fondazione Terzo Pilastro Italia e Mediterraneo, nonché rappresentanze istituzionali del Comune di Roma, della Città Metropolitana, del Ministero degli Affari Esteri e della Regione Lazio.  La Fondazione quindi si configura come un network di realtà culturali che, ponendosi in rete attraverso il lavoro di Romaeuropa, danno vita a progetti diversi con un obiettivo univoco: cercare di rappresentare la contemporaneità nella sua complessità.

Le favorevoli congiunture storico – politiche che hanno portato all’avviarsi del progetto Romaeuropa definirono da subito gli ambiti d’azione, i valori fondanti, le attività che prima l’Associazione e poi la Fondazione vollero realizzare.  Focalizzata su arte, musica, spettacolo dal vivo, teatro, la Fondazione Romaeuropa ha saputo essere interprete dei tempi per i trentadue anni di attività incessante, attraverso l’annuale Festival e le moltissime attività connesse, cresciute negli anni e divenute prestigio per la città di Roma. Neanche l’uscita da Villa Medici, i dieci anni al Teatro Palladium e l’approdo nell’attuale sede in via dei Magazzini Generali, nel quartiere Ostiense, hanno scalfito la centralità che la Fondazione ha nel dibattito culturale internazionale. Da Trinità dei Monti all’ex quartiere industriale di Roma, Romaeuropa ha saputo costruire intorno a se un habitat di innovazione costante, sempre al passo con i tempi, a volte anticipandoli, cogliendo al cuore i problemi sociali e culturali che l’Europa costantemente affronta. Dalla caduta del Muro di Berlino alle migrazioni, dalla lotta alle discriminazioni di genere al radicato tema del razzismo, dall’emarginazione sociale fino alla bellezza dell’antico, sempre ripensato, sempre rielaborato attraverso tutte le arti, fino ad arrivare alla tecnologia e alle arti più contemporanee: Romaeuropa è interprete del tempo e lo testimonia attraverso ciò che sa fare meglio, attraverso lo spettacolo. Sono parole chiave quelle spese da Pieraccini nel dicembre 1994 in una lettera indirizzata al Cardinale Paul Poupard, del Pontificio Consiglio della Cultura, riguardo al Festival del 1995: «siamo giunti alla frontiera di un’epoca finita e siamo di fronte a un futuro incerto e gravido di pericoli che deve essere esplorato ed affrontato con lucidità»[1]. Il Festival si intitolerà Frontiere, caricato già dal suo titolo del peso politico e culturale di un messaggio più grande del festival stesso, da veicolare attraverso l’arte.

Questo percorso, oltre a non esser stato privo di insidie negli anni è stato anche sostenuto e fortemente condiviso da tantissime realtà europee presenti a Roma. Da Villa Massimo al British Council, dall’Ambasciata di Spagna a quella Ungherese fino all’Università di Roma Tre, tanti partner che in una cordata di fondazioni, ambasciate, poli culturali hanno voluto riportare Roma al centro dell’Europa e da essa lanciare un segnale di unità profonda attraverso la cultura. Per fare tutto ciò, Romaeuropa si è servita delle migliori menti presenti nello scenario italiano ed europeo tanto da inserire nel primo Consiglio di Amministrazione dell’Associazione Amici di Villa Medici nomi come Renzo Piano, Gillo Pontecorvo, Carlo Ripa di Meana e Francesco Siciliani[2]. Nel segno dell’apertura culturale dell’Europa, la Fondazione ha lavorato per rendere tale spirito tangibile a tutti, spalancando le porte di luoghi sino a quel momento inaccessibili e riempiendoli di vita. La stessa Villa Medici, sino agli ultimi anni ’80 inaccessibile ai cittadini romani, grazie a Romaeuropa apre i suoi giardini e si mostra, rappresentando chiaramente il messaggio culturale alla base del progetto. Tutto ciò, nei primi anni di attività, si abbina ad un altro straordinario evento che cambierà Roma drasticamente, ovvero l’Estate Romana. L’edizione della manifestazione nel 1984 aveva visto la nascita di vere e proprie “città del cinema, del teatro, della musica, del video[3]: il Circo Massimo, il Parco dei Daini, il Foro Italico e il Mattatoio animati da continue attività. Nel 1985 la Roma d’estate si ritrova nella “città del Novecento[4]: protagonista il Foro Italico con iniziative musicali, il cinema all’EUR ed un tentativo di portare poesia e teatro all’interno della Città Universitaria de La Sapienza. Raccontano bene il ruolo di Romaeuropa in quegli anni le dichiarazioni alla stampa dell’allora direttore dell’Accademia di Villa Medici, Jean Marie Drot:

«Vede, la nostra estate romana ha avuto, a mio avviso, il grande merito di restituire ai cittadini la città, in un periodo segnato dai giorni di piombo, quando si aveva paura ad uscire la notte per strada. Ecco quel risultato è ormai ottenuto, ora dobbiamo pensare ad un passo ulteriore: quello di rendere a Roma la funzione di centro culturale del continente. E’ questo il mio “piccolo sogno”, i grandi fermenti culturali vengono oggi dai paesi mediterranei, che hanno mantenuto la propria identità culturale in misura molto maggiore rispetto ai paesi del Nord Europa»[5]

Il Festival di Romaeuropa entra prepotentemente all’interno del sogno nicoliniano che scuoteva una città sino a quel momento addormentata, divenendo perno della proposta culturale capitolina. Dall’alto di Villa Medici, il colpo d’occhio su Roma è notevole ed il messaggio che Giovanni Pieraccini, Jean Marie Drot, Monique Veaute e Fabrizio Grifasi volevano lanciare sembrava da lì poter abbracciare tutta la città. E’ infatti questa la frontiera che Romaeuropa superò uscendo da Villa Medici e trovando spazio per le proprie attività prima nel Museo degli Strumenti Musicali all’Esquilino e poi al Teatro Palladium alla Garbatella, lanciando sempre nuove sfide a Roma e intercettando nuovi pubblici, cercando di diffondere e di difendere il sogno europeo.

Trentadue anni di attività non sono rimasti senza testimonianza, grazie alla lungimiranza della Fondazione. Da subito tutte le attività culturali sono state documentate e riprese, le rassegne stampa conservate, programmi di sala, biglietti, brochure gelosamente custoditi per lasciare traccia del percorso svolto. Così è nato, con sedimentazioni diverse, l’Archivio della Fondazione Romaeuropa. Dichiarato dalla Sovrintendenza Archivistica del Lazio di notevole interesse storico nel 2015, risulta, per diversi motivi, un interessante fonte di ispirazione per sperimentare il ruolo degli archivi nella contemporaneità culturale. Dal 2011 la Fondazione comincia, con una stretta interlocuzione con  il Soprintendente Tosti Croce, a valutare azioni di tutela e valorizzazione del proprio archivio. I primi lavori iniziarono sul Software GEA 5.0 e seguitarono sino alla prima metà del 2012. Sostenuta prima dalla Direzione Generale per lo Spettacolo dal vivo, poi dalla Direzione Generale per gli Archivi (DGA) Romaeuropa ha avuto modo di collaborare a importanti progetti come al Portale Archivi della Musica, inserito nel Sistema Archivistico Nazionale, ottimo strumento di diffusione del materiale conservato dalla Fondazione. Nel 2014 grazie al supporto della Direzione Generale Biblioteche e Istituti Culturali (DGBID), Romaeuropa ha realizzato il convegno archivINmovimento: come condividere, divulgare e rendere fruibili gli archivi coreutici oggi?, punto di arrivo di un progetto durato quattro anni che ha visto la Fondazione essere promotrice  di diverse attività quali presentazione di volumi riguardanti la scena artistica contemporanea, la proiezione di documentari e film legati alla danza e allo spettacolo dal vivo. Nel 2015,  per lavorare al meglio sul proprio archivio, viste le diverse tipologie di documenti conservati, Romaeuropa ha scelto il software open source CollectiveAccess, introdotto in Italia da Promemoria, presentando il sito dedicato[6] in un convegno apposito.

La molteplicità di tipologie archivistiche conservate è l’elemento fondante della complessità dell’Archivio. L’archivio si suddivide in due partizioni, quella artistica e quella riguardante la gestione amministrativa. La prima si compone di sette serie: Corrispondenza, Danza, Cinema, Teatro, Musica, Comunicazione, Fotografie. Sono presenti, in special modo per la serie Danza e per la serie Comunicazione diverse sottoserie: ad esempio per la prima ritroviamo una divisione realizzata in base alle rassegne o gli eventi che Romaeuropa organizza o ai quali partecipa, per la seconda le serie sono organizzate in base alle tipologie di documenti utili alla comunicazione delle attività messe in essere dalla Fondazione. Gli audiovisivi sono presenti nella serie II, nella III e nella IV (precisamente nella seconda serie alla sottoserie V, per la terza serie alla sottoserie III, per la quarta serie alla sottoserie I). Per quanto riguarda la seconda partizione, le serie di cui si compone sono quattro: Amministrazione, Contabilità, Corrispondenza e Personale. Anch’esse sono suddivise in molteplici sottoserie, in special modo quella riguardante la contabilità.

A partire dal primo spettacolo organizzato dall’Associazione tutto è stato registrato prima in VHS o in musicassette e successivamente riversati in DVD. Il patrimonio audiovisivo è composto di oltre 3.500 titoli consultabili in sede. L’inventariazione degli audiovisivi, iniziata nel 2011 dall’archivista Maria D’Ambrosio, è proceduta grazie ad un progetto del MIBACT nel biennio 2013 – 2014 con l’archivista Lucia Petese. Questa documentazione è in buona parte consultabile in pillole sul sito dell’Archivio e in forma completa in loco, grazie alla strumentazione messa a disposizione dalla Fondazione nei locali dell’archivio. Le serie degli audiovisivi sono sicuramente quelle che hanno subito l’intervento più consistente, per ragioni sia legate all’implementazione continua del sito, sia perché risulta la tipologia di fonte più richiesta sia dagli studiosi, ma anche dagli stessi operatori della Fondazione. Infatti, essendo tuttora in moto la macchina che realizza ogni anno un Festival autunnale di spirito europeo ed internazionale, l’archivio risulta essere fonte inestimabile di idee, raffronti, percorsi di crescita e permette alla Fondazione di poter costruire il proprio futuro avendo ben chiara la strada da cui si è partiti. Il prestigio e l’importanza storico – culturale di tanto materiale audiovisivo non è minore degli altri materiali archivistici conservati. Ad esempio, prendendo a campione le rassegne stampa delle diverse annualità, si può ricostruire chiaramente il rapporto tra la Fondazione e la politica romana e nazionale, indagare il consenso ed il dissenso rispetto ad alcune scelte culturali, capire la ricaduta sul territorio delle azioni intraprese. La critica e il giornalismo culturale trovano materiale importante da indagare e mettere a sistema con le altre serie archivistiche. Rispetto all’interoperabilità delle fonti archivistiche conservate per una valorizzazione ottimale dell’Archivio approfondirò maggiormente più avanti possibili strategie ma, come già sperimentato dalla Fondazione negli anni, l’abbinamento della critica alla fonte audiovisiva permetterebbe di far “parlare” ancor di più gli audiovisivi e permetterebbe un approccio ancora più consapevole alla fonte.

Materiale iconografico e pubblicitario invece può essere interrogato per vari fini, dalla ricerca in campo comunicativo alla storia culturale e sociale. Le strategie di dialogo tra la Fondazione ed il suo pubblico sono di evidente interesse ed avere a disposizione sia il materiale preparatorio alle campagne pubblicitarie, sia il prodotto finito può permettere a chi si approccia per ricerca all’archivio di avere un quadro completo e chiaro del lavoro che c’è dietro alla preparazione di un Festival internazionale che deve parlare a Roma, ma soprattutto deve poter avere una caratura internazionale. Ovviamente Romaeuropa non è solamente il suo Festival, l’attività artistica promossa, sostenuta e prodotta non si limita alle già moltissime iniziative legate alla kermes autunnale. Romaeuropa lascia traccia nel suo archivio delle molteplici collaborazioni con uno sterminato numero di soggetti culturali presenti a Roma ed in tutta Italia, rappresentando un soggetto collettore di diverse storie, culturali e anche personali. Da Teatri di Vetro, il festival delle arti sceniche contemporanee che trova casa anch’esso al Palladium, alla Fondazione Bellonci che con Romaeuropa ha dato vita ad incontri incentrati sul Premio Strega sino a Cortoons”, Festival Internazionale di Cortometraggi di Animazione, ospite anch’esso al teatro della Garbatella. Tantissime le collaborazioni e gli eventi realizzati nel tempo, a partire dalla Festa della Musica sul Tevere sino a molteplici eventi, di diversa natura, ospitati presso l’Opificio Romaeuropa all’Ostiense.

La crescita della Fondazione ed il suo sempre maggior prestigio sono dati facilmente desumibili dalle diverse scelte comunicative e dalla diverta tipologia di campagna pubblicitaria: modelli, formati, colori se messi a confronto palesano sicuramente il cambio dei tempi, ma anche lo sviluppo e la crescita di Romaeuropa. Oltre ad essere materiale che facilmente si presta a quella tipologia di valorizzazione che spesso ritroviamo in diverse sedi, ovvero le cosiddette “mostre d’archivio”, tali fonti risultano essere un tassello imprescindibile nell’analisi di un archivio di spettacolo. Qualora la Fondazione avesse scelto di trascurarne la conservazione non avrebbe permesso la ricostruzione chiara del dialogo tra Romaeuropa ed il suo pubblico.

Altrettanto interessante è la serie della corrispondenza, infatti la posta in entrata ed in uscita è gelosamente conservata. Il settore dedicato alla corrispondenza comprende 162 buste ordinate per anno a partire dal 1987. La documentazione prodotta precedentemente non risulta presente in Fondazione e, per constatarne l’esistenza, si dovrebbe procedere ad un approfondimento negli archivi di Villa Medici volto ad appurare la presenza di materiale archivistico proprio dell’Associazione Amici di Villa Medici. Tra la corrispondenza in uscita conservata dalla Fondazione sono presenti quattro tipologie ben definite: la corrispondenza relativa all’organizzazione delle attività artistiche, composta dai rapporti con i fornitori, la documentazione contabile, le lettere tra la Fondazione e l’Accademia di Francia; gli scambi con gli organi istituzionali italiani e stranieri (per lo più francesi) e con le Ambasciate e gli Istituti di Cultura; la corrispondenza che intercorre tra la Fondazione e gli artisti richiesti per gli spettacoli del Festival; lettere personali, seppur in forma residuale, di Giovanni Pieraccini, di Monique Veaute e di Fabrizio Grifasi. Tra la corrispondenza in entrata si possono distinguere le seguenti tipologie di documentazione: un ampio numero di documenti riguardanti l’amministrazione e la contabilità; lettere di presentazione di spettacoli, compagnie, artisti, associazioni corredate da curriculum vitae di possibili collaboratori della Fondazione; comunicazioni di organi istituzionali e partner della Fondazione.  Le lingue utilizzate nella corrispondenza sono principalmente l’italiano, il francese, l’inglese e il tedesco. Ovviamente firme prestigiose si ritrovano all’interno dei carteggi: dai sindaci di Roma ai più disparati ministri, da organismi europei a i più grandi artisti che hanno collaborato con Romaeuropa. Da Piero Dorazio ad Alessandro Baricco, da Carlo Lizzani a Carlo Emilio Gadda, Gillo Pontecorvo, Giorgio Barberio Corsetti, Roberto Rossellini, Octavio Paz, Pierre Boulez o Giuseppe Ungaretti: tantissime le firme di artisti che hanno contribuito alla vita di Romaeuropa e che attraverso le loro lettere danno lustro all’archivio della Fondazione. Vastissima è anche la corrispondenza legata al mondo politico e a quello istituzionale, con lettere di Giorgio Napolitano, Oscar Luigi Scalfaro, Nilde Iotti, Renato Nicolini, Jack Lang, Giulio Carlo Argan, Jean Monet, Francesco Cossiga. Un archivio, quello di Romaeuropa, che ci parla delle classi dirigenti italiane ed europee, Il lavoro svolto da Giovanni Pieraccini per far conoscere il lavoro della Fondazione e renderlo condiviso da tantissimi interlocutori politici  (non solo dal mondo socialista di cui faceva parte) è ben chiaro da tutta la corrispondenza. Inoltre, il ruolo di soggetti privati come Assitalia, Cassa di Risparmio di Roma, Agip, Eni, Telecom o di istituti come l’Istituto Mobiliare Italiano nel sostenere la proposta artistica di Romaeuropa si evince dai numerosi scambi che intercorrono tra la Fondazione e i suoi mecenati. Quindi la serie della corrispondenza colloca chiaramente Romaeuropa all’interno di un contesto storico, di relazioni politiche ed economiche, di una rete di relazioni artistiche che fa emergere la centralità della proposta artistica all’interno dell’integrazione europea. I moltissimi protocolli culturali firmati tra l’Italia e i più disparati paesi hanno visto la Fondazione essere tra i promotori e tra gli ideatori di percorsi di avvicinamento e relazione. Il Ministero degli Affari Esteri ha sempre visto (e lo fa tuttora) in Romaeuropa un soggetto facilitatore di rapporti, ne sono esempi i protocolli firmati con paesi come la Polonia, il Lussemburgo[7], Bulgaria, Messico o Perù[8], solo per citarne alcuni. Anche i rapporti che potevano sembrare impossibili, bloccati da divisioni più grandi, insormontabili, si districano. Ne è esempio l’avvio dei colloqui tra la Fondazione e l’URSS: l’Ambasciatore sovietico, Anatolij Leonidovic Adamiscin, il 7 agosto 1990 scrisse[9] a Giovanni Pieraccini invitandolo a Mosca e auspicando una presenza sovietica al Festival dell’autunno successivo. Con l’edizione 1991, grazie a questi scambi, il Festival conquistò un nuovo palcoscenico a Roma, Villa Abamelek, sede dell’Ambasciata Sovietica aperta per la prima volta al grande pubblico per una sola serata volta a celebrare Prokofiev, dando il via a quello che venne chiamato «il Festival delle Ville riunite»[10], aggiungendo la sede russa alla già sperimentata Villa Medici e alla tedesca Villa Massimo.  Sinergie, reti culturali, ponti: questo emerge dalla corrispondenza conservata dalla Fondazione, tracce importanti utili a disegnare i contorni d’azione di Romaeuropa e la strada che una fondazione culturale del suo livello deve percorrere per poter costruire ogni anno un Festival e tante attività scientifico – culturali ad esso collegate.

Dal fondo librario dedicato allo spettacolo e alle arti visive alla serie della contabilità, dalla documentazione legata ai progetti di cinema a quella strettamente connessa alla danza: tante altre oltre a quelle descritte sono le fonti consultabili all’interno dell’Archivio Romaeuropa. La grande sfida che un’archivista può affrontare difronte a tale molteplicità è l’obiettivo del “fare sistema” per permettere a tutte le fonti di “parlare” ed esprimere appieno il proprio contenuto informativo.

 

La valorizzazione, il ruolo dell’archivista, le reti in archivio: un progetto di sistema

Tre sono le specificità che questo archivio incarna e per le quali è ipotizzabile utilizzarlo come prototipo progettuale: la diversità delle tipologie documentali presenti, la multidisciplinarietà della Fondazione che si rispecchia appieno nel suo archivio e la vocazione internazionale dei temi e quindi anche delle fonti conservate. Tre elementi forti, densi di significato, che possono essere sistematizzati per permettere ad un archivio come quello di Romaeuropa di esprimere al massimo il suo potenziale verso l’esterno. Questo discorso ovviamente si inserisce in un’ottica di valorizzazione e non vuole di certo sfuggire ai bisogni e alle necessità dettate dalla conservazione, ma ci si prefigge l’obiettivo di portare all’esterno la forza narratrice che questo archivio ha. Se si guarda al lavoro quotidiano che la Fondazione Romaeuropa fa e alla sua vocazione al racconto del contemporaneo, non ci può sfuggire che un tale tesoro di informazioni può essere una chiave vincente per dialogare con il pubblico a cui la Fondazione si riferisce. Da strumento utile alla Fondazione per il suo lavoro quotidiano di ricerca a ponte di dialogo verso il presente: la potenzialità che esprime è significativa proprio per il suo ruolo di trait d’union tra passato e presente, un ruolo che spesso stenta ad esprimersi.

Le diverse tipologie di documenti presenti nell’archivio Romaeuropa non rappresentano ognuna una realtà a se. L’eterogeneità che le contraddistingue non è un limite invalicabile, non le consegna ognuna alla propria singolarità, bensì può e deve stimolare l’archivista a ragionare di percorsi di valorizzazione più complessi, ma sicuramente innovativi. Per permettere allo studioso di farsi strada attraverso un dedalo di diverse fonti, la costruzione di percorsi potrebbe essere uno dei progetti che un archivio di spettacolo può realizzare. Basti pensare alla possibilità concreta di guidare lo studioso attraverso le fasi della realizzazione di uno spettacolo dal vivo: dalla documentazione legata all’ideazione (corrispondenza con gli artisti), a quella utile alla fattiva organizzazione (corrispondenza con enti, istituzioni), dalla locandina (nei suoi diversi bozzetti preparatori) al biglietto dello spettacolo, sino alla ripresa audiovisiva dello stesso e la rassegna stampa precedente e successiva allo spettacolo. Ecco che mettendo insieme corrispondenza, materiale iconografico, documenti audiovisivi e la stampa si ricrea attraverso l’archivio la completa filiera di costruzione dell’evento culturale, evidenziandone tutti i responsabili e gli operatori in campo, stringendo connessioni tra le diverse fonti conservate. Si potrebbe fare anche di più, qualora si creassero delle strette connessioni tra quelli che sono stati negli anni i soggetti attivi delle politiche culturali di Romaeuropa e la Fondazione stessa. Pensando alle istituzioni straniere, alle ambasciate, alle accademie di cultura che hanno popolato i programmi dei Festival di Romaeuropa, la creazione di dialoghi anche tra la documentazione archivistica conservata in Fondazione e quella prodotta da tali realtà permetterebbe una ottimale costruzione di percorsi di indagine delle fonti d’archivio. Obiettivo di una valorizzazione attiva può essere la creazione di una rete che parli di storie comuni, che valorizzi fonti che raccontano vicende condivise, riunendo e ricucendo virtualmente la documentazione e liberando la potenzialità di un passato – recente ancora da studiare.

In questo il ruolo che può giocare l’archivista è decisivo. La mediazione che incarna la sua figura può essere veramente messa alla prova, unendo politiche di conservazione a innovazione e creatività. Un archivio come quello di Romaeuropa pone numerose sfide all’archivista, da quelle più conosciute legate alla conservazione di documentazione audiovisiva sino all’affrontare possibili nuove strade di dialogo tra l’archivio ed il cittadino/spettatore. Torno sul ruolo di colui che usufruisce dei servizi culturali offerti da Romaeuropa perché credo che sia lì la chiave di volta di una nuova idea di valorizzazione: non siamo di fronte ad un centro studi, ad una Fondazione dedita alla promozione della memoria di una personalità politica, ma abbiamo davanti un soggetto diverso, che ancora oggi ricerca il suo pubblico, ogni anno, realizzando connessioni culturali tra l’Italia ed il mondo. Sono stati 61 mila gli spettatori dell’edizione 2017 del Romaeuropa Festival, un pubblico che intreccia diversissime età, una platea importante che può essere stimolata, interessata, avvicinata nuovamente attraverso diversi strumenti di comunicazione, anche attraverso l’archivio. Far giocare alle “fondamenta” della Fondazione un ruolo strategico nelle politiche di marketing culturale può risultare una strategia vincente, specialmente se a lavoro con l’archivista collaborano le diverse professionalità che costruiscono una macchina da spettacolo così imponente. Ecco che chi lavora in un archivio come questo può divenire parte di un team, che progetti su comunicazione, dialogo con l’esterno, grafica, scardinando la figura dell’archivista da una mansione unicamente vocata alla conservazione.

La multidisciplinarietà che sta nel DNA della Fondazione è un elemento di grande potenziale che va utilizzato a favore dell’archivio e di una sua valorizzazione. Negli anni molti progetti si sono realizzati in ambiti quali la danza e lo spettacolo dal vivo per mettere in rete gli archivi, processi virtuosi da continuare a sostenere. Far dialogare tra di loro fonti diverse, archivi diversi e mettere in connessione entrambi con il pubblico, rappresenterebbe oggi un importante tentativo di crescita per gli archivi di danza e spettacolo dal vivo, fondi che devono poter essere strumento utile per lo spettatore, protagonista della vita del soggetto produttore delle carte. In questa logica, le nuove tecnologie giocano un ruolo essenziale, strategico. L’adozione del software di inventariazione Collective Access da parte della Fondazione ha permesso la diffusione in rete di numerose informazioni legate al patrimonio audiovisivo di Romaeuropa, una semplice ricerca sul portale archivioromaeuropa.it permette di interrogare circa 3.292 artisti e la loro produzione per Romaeuropa, risorse disponibili grazie al prezioso lavoro dell’archivista della Fondazione, Lucia Petese. Un lavoro in divenire, che ancora oggi seguita e che rappresenta parte del lavoro di comunicazione del patrimonio conservato.

Lo spirito internazionale della Fondazione è un altro elemento di forza da sviluppare per ipotizzare una valorizzazione che miri a diffondere il materiale d’archivio. Lo spirito internazionale del lavoro di Romaeuropa, l’obiettivo di cucire una trama culturale che sostenesse l’integrazione europea, negli anni ha creato reti e sinergie importantissime che, oltre ad essere ben visibili nelle fonti d’archivio, sono patrimonio della storia culturale di Roma e del nostro Paese. Per questo, oltre alle numerose strategie di relazioni internazionali che Romaeuropa costruisce, l’archivio potrebbe essere un tassello in più per attirare studiosi, ricercatori, interessati sia agli ambiti di azione della Fondazione, ma anche alla storia dell’integrazione europea e della diplomazia culturale. Il ruolo strategico giocato sin dai primi anni da Romaeuropa nel contesto internazionale può essere ulteriore terreno di lavoro per la creazione di reti volte all’arricchimento e alla diffusione del patrimonio di Romaeuropa. La collaborazione costante con il Ministero degli Esteri è segno del riconoscimento di un importante ruolo che tuttora la Fondazione svolge e l’emergere di questo filone di studio inesplorato può fornire nuova visibilità alla documentazione conservata. Anche su questo ambito di studio, la sinergia con ambasciate, accademie e università straniere potrebbe inserire l’archivio all’interno di percorsi di ricerca nuovi per un’istituzione culturale qual è Romaeuropa. Archivio di danza, musica, spettacolo, cinema, ma anche di relazioni internazionali che viaggiano attraverso messaggi culturali. Questo ulteriore tassello permetterebbe di aprire nuove frontiere di studio anche delle carte conservate, non tutte indagate e conosciute dalla stessa Fondazione. Molteplici sono gli eventi in cui Romaeuropa si è trovata a svolgere un ruolo chiave di mediazione, dovendo districarsi spesso tra questioni più grandi di se. Dal possibile annullamento del concerto in onore di Oscar Luigi Scalfaro al Quirinale di un’orchestra bulgara per problemi diplomatici[11] all’inserimento dell’Ambasciatore d’Israele all’interno del Comitato d’Onore per il convegno Fratture e Convergenze Mediterranee organizzato dalla Fondazione nel 1993, motivo per il quale l’Ambasciatore della Repubblica Arabo Siriana pose un veto sulla sua partecipazione all’evento, qualora fosse rimasto nel Comitato il collega israeliano[12]: questi sono solo due esempi della complessità di relazioni politico – istituzionali che una Fondazione come Romaeuropa ha dovuto affrontare e con le quali si scontra tuttora. Testimonianze importanti di un secolo concluso che definiscono bene il ruolo dell’Italia nelle ultime vicende del Novecento, una storia che, tra note musicali, spettacoli e teatranti, si compone di numerose voci del mondo politico e diplomatico che si aggiungono ad un puzzle già molto ampio e complesso.

 

Narrare il contemporaneo attraverso l’archivio: un racconto in rete

Le strategie comunicative di un ente che si occupa di spettacolo nel mondo attuale sono ovviamente il cuore del suo lavoro quotidiano. Essere accattivanti, raggiungere diversi pubblici, costruire una rete di relazioni con altri soggetti che porti consenso alle attività che si organizzano deve essere una delle principali mission. Le attività di marketing che una fondazione culturale (ma anche un archivio, una biblioteca, un museo) possono realizzare sono molteplici ma inserire l’archivio all’interno di questa programmazione è cosa assai rara. Guardare al proprio patrimonio di documenti come un possibile volano di crescita economica e di popolarità non è prassi comune nel panorama culturale italiano, ma anche in questo Romaeuropa può rappresentare un esempio virtuoso, con ampie possibilità di crescita.

In occasione del trentennale della Fondazione, sui social network di Romaeuropa sono stati caricati diversi scatti fotografici provenienti dall’archivio, foto che ritraevano i primi protagonisti dell’avventura italo – francese e le primissime location degli spettacoli, principalmente Villa Medici. Lo storytelling che si è voluto costruire è nato in occasione di una particolare ricorrenza, nell’ottica di dare risalto alla lunga storia della Fondazione, ma questo non esclude che tale pratica si possa mettere in campo anche nell’arco di tutto l’anno, fuori da celebrazioni o attività specifiche. Il Festival annuale è un enorme vetrina per l’archivio, che attraverso un’attenta azione di selezione dei pezzi da valorizzare può rappresentare uno strumento strategico nell’attirare pubblico nuovo, incuriosire, aprirsi. Sembrerà paradossale che una Fondazione che conta milioni di spettatori alle proprie attività possa “aprirsi” ancora di più attraverso l’archivio, che solitamente viene visto come un luogo di riservatezza, nascosto, silenzioso e dedicato ad una élite di accorti studiosi. Invece l’archivio può essere strumento strategico di narrazione, attraverso varie strade. Oltre all’utilizzo di foto d’epoca, nel 2016 la Fondazione ha realizzato un materiale pubblicitario che raccoglieva tutte le immagini dei manifesti di trent’anni di attività, valorizzando il patrimonio iconografico presente nell’archivio. Si è scelto di parlare per immagini, facendo raccontare ad esse la storia di Romaeuropa, tentando di incuriosire lo spettatore, l’abbonato, il pubblico. La narrazione “social” però può non limitarsi alle foto o al materiale grafico, sicuramente più semplici da diffondere in rete, ma può estendersi anche a documenti afferenti a serie archivistiche come quella della corrispondenza, liberando le informazioni contenute nel documento e divulgandole con strategie di racconto diverse. Ragionando su date, ricorrenze, eventi, documenti importanti possono essere oggetto di diffusione e divulgazione, raccontando vicende importanti di cui Romaeuropa è stata partecipe. Dai documenti dei primi Festival agli scritti sul Mediterraneo (mai così attuali come ora) e sui confini nazionali e culturali dell’Europa: tracce importantissime portatrici di tematiche presenti nel dibattito pubblico ogni giorno e sulle quali la Fondazione si è spesa per anni. Risultano significative la parole di Giovanni Pieraccini nell’introduzione al programma del Festival 1994, attualissime e calzanti con i temi tuttora pressanti per la politica italiana ed europea:

«Oggi il Mediterraneo appare, perfino a molti europei, un mare secondario. Eppure esso è ancor oggi, come negli antichi tempi, patria di mille voci, di tanti popoli, di civiltà diverse, sede delle grandi religioni monoteistiche, sensibile punto d’incontro fra aree politiche di grande importanza. I suoi destini, la sua storia, incideranno ancora a lungo su quelli dell’umanità».[13]

Ancora possiamo citare, dal programma del 1991, l’intervento di Pieraccini riguardante l’Europa post caduta del Muro di Berlino, parole cariche ancora di significati e attualizzabili per raccontare il passato ed il presente, veicolando messaggi importanti, commentando l’odierno con parole provenienti da interessantissimi documenti d’archivio:

«Romaeuropa ritorna nell’Europa del dopo muro di Berlino, allargata e più consapevole del suo fondamento unitario, ma anche, paradossalmente, di fronte ad accresciuti ostacoli e numerose difficoltà. Il cammino dell’unità non si è accelerato, ma si imbatte in crisi economiche, spinte nazionalistiche, in squilibri nuovi fra oriente ed occidente. Per questo la nostra voce unitaria deve alzarsi più alta e più forte».[14]

Ovviamente tutto ciò può essere realizzato costruendo quel team in cui ogni istituzione culturale dovrebbe prevedere la presenza di un archivista. Conscio del materiale che conserva, l’archivista può suggerire quali possono essere le carte da valorizzare, su cui basare il racconto, su cui costruire lo storytelling, al servizio sia dell’archivio ma soprattutto dell’istituzione culturale e dei suoi obiettivi di lavoro. In quest’ottica l’archivista può lavorare anche su progetti di inclusione attiva del pubblico e degli spettatori attraverso mezzi come gli invented archives[15]: creare un archivio di immagini, foto scattate dagli utenti di Romaeuropa, che raccontino i Festival, le mostre, tutte le attività della Fondazione, può essere un progetto di collaborazione attiva tra pubblico, gestione della comunicazione e archivio. Queste immagini possono divenire importante elemento di studio di come il pubblico vede Romaeuropa, di quali sono gli elementi che ritiene così importanti da lasciarne segno con una foto, uno scatto, una ripresa, qual è il contributo emotivo che gli spettatori hanno dalle attività. Un archivio temporaneo di immagini, ma anche una banca dati per comprendere il rapporto con i diversi pubblici. Le raccolte create da Twitter, Facebook o Istagram attraverso gli hastag (ogni anno Romaeuropa ha il suo hastag legato al Festival) sono una parte importante, involontaria, non rispondono ad una sollecitazione da parte dell’ente: un’apposita call stimolerebbe gli spettatori e li spingerebbe a comunicare la loro idea di Romaeuropa, consegnando nelle mani della Fondazione un patrimonio importante per il presente, ma soprattutto un lascito per il futuro. Grazie ai social network e all’interazione costante che si può sviluppare attraverso di essi, possiamo costruire un percorso di raccolta di immagini, idee, spunti, che vengono direttamente dal pubblico, elemento raro, poiché spesso ciò che in archivio troviamo conservato sono più che altro documenti afferenti al soggetto produttore e, se non per la corrispondenza, difficilmente troviamo palesati contributi dall’esterno. Anche nella corrispondenza della Fondazione poche sono le lettere di spettatori o di abbonati che riportano impressioni, dubbi, idee, sensazioni. Ora tutto ciò è affidato ai social, la funzione “commenta” di Facebook la fa da padrone. Pur non volendo entrare nelle questioni di conservazione di ciò che vi è sui social, rimango dell’idea che stimolare un ruolo dell’archivista nel raccogliere più possibile documentazione atta alla testimonianza di ciò che l’istituzione culturale ha realizzato sia una di quelle pratiche di “archivistica attiva” che andrebbero rese stabili all’interno dei compiti di un conservatore.

 

Bibliografia

Argano, L, Arte e spettacolo: modelli organizzativi internazionali e situazione italiana. Convegno internazionale, Roma 22-23 febbraio 1995. Atti del convegno, s.n., Roma, 1995;

Bambini C., Come organizzare la presenza della biblioteca sui social network, Editrice Bibliografica, 2014;

Barbalato B., Scarnati P., Gli archivi audiovisivi: itinerari di ricerca, iniziative culturali, Roma, Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, 1997;

Benelli S., I materiali operativi degli archivi teatrali: come coniugare conservazione e funzionalità?, in Da Napoli a Napoli: Musica e musicologia senza confini. Atti del Convegno internazionale della IAML (Napoli 20-25 luglio 2008), a cura di Mauro Amato, Cesare Corsi, Tiziana Grande, Libreria Musicale Italiana, Lucca, 2011;

Borgna G., Fuortes C., Grossi R., Zaccone Teodosi A., Capitale di cultura. Quindici anni di politiche a Roma, Donzelli, Roma, 2008;

Calcagno M., Il teatro in soffitta: gli archivi teatrali in Italia e il caso dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale di Venezia, Università Ca’ Foscari, Venezia, 2014;

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Da Empoli G., Il Soft Power dell’Italia, Roma, Marsilio Editori, Venezia, 2017;

Fondazione Romaeuropa Arte e Cultura e Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Incontro delle fondazioni culturali europee: atti del convegno. Auletta dei gruppi parlamentari, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria, Roma, 1993;

Nicolini R. , Estate Romana, 1976 – 85: un effimero lungo nove anni, Città del Sole edizioni, Cosenza, 2011;

Valacchi F., Diventare archivisti, Edizione Bibliografica, 2015;

Veaute M., Obiettivo Europa, in Musica e dossier, n. 56, p. 34 – 35, Giunti, Firenze, 1992; Guida agli archivi audiovisivi in Italia, Ediesse, Roma, 2004; Musica d’archivio. Contributi per lo studio delle fonti documentarie, Synapsi, Sulmona, 2003; Palladium, Università Roma Tre, Romaeuropa, 10 anni: teatro, danza, musica, cinema, conoscenza, Inside Art Eventi, Roma 2013;

#SOCIALMUSEUMS. Social media e cultura fra post e tweet, Silvana Editoriale, Roma, 2016; 1986 – 2010: 25 anni di Romaeuropa Festival. Una generazione avanti, a cura di Ada Gentile, Mondadori Electa, Verona, 2010.

 

* Il saggio è stato sottoposto alla procedura di doppia revisione da parte di esperti esterni alla rivista (blind referees).

 

 

 

[1] Archivio Fondazione Romaeuropa, Partizione I, Serie I corrispondenza, Corrispondenza in uscita, b. 55

[2] Archivio Fondazione Romaeuropa, Partizione I, Serie I corrispondenza, Corrispondenza in uscita, b. 3;

[3] Renato Nicolini, Estate romana. 1976 – 85: un effimero lungo nove anni, Città del Sole edizioni, Reggio Calabria, 2011

[4] Ibidem

[5] Archivio Fondazione Romaeuropa, Serie VI, Sottoserie VI Rassegne stampa, Rassegna Stampa Festival di Villa Medici 1987

[6] http://archivioromaeuropa.it/

[7] Archivio Fondazione Romaeuropa, Roma, Partizione I, Serie I corrispondenza, Corrispondenza in entrata, b. 56

[8] Archivio Fondazione Romaeuropa, Roma, Partizione I, Serie I corrispondenza, Corrispondenza in entrata, b. 63

[9] Archivio Fondazione Romaeuropa, Roma, Partizione I, Serie I corrispondenza, Corrispondenza in entrata, b. 9

[10] Archivio Fondazione Romaeuropa, Roma, Partizione I, Serie I, Sottoserie VI, Rassegne stampa, Rassegna stampa Festival 1991, articolo de «L’Unità», 4 giugno 1990

[11] Archivio storico Romaeuropa, Partizione I, Serie I corrispondenza, Corrispondenza in uscita, b. 41

[12] Archivio storico Romaeuropa, Partizione I, Serie I corrispondenza, Corrispondenza in entrata, b. 57

[13]  Archivio Fondazione Romaeuropa, Partizione I, Serie VI, Sottoserie I Cataloghi, programma del Festival 1994.

[14] Archivio Fondazione Romaeuropa, Partizione I, Serie VI, Sottoserie I Cataloghi, programma del Festival 1991

[15] Per approfondimenti in merito agli invented archives si rimanda alla lettura di Federico Valacchi, Diventare archivisti, Editrice Bibliografica, 2015.

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    By: Flavio Conia

    Flavio Conia ha conseguito il diploma di maturità classica nel 2011, anno in cui si è iscritto al corso di laurea in Storia, Antropologia e Religioni presso la Facoltà di Lettere e Filosofia de La Sapienza. Dopo l’immatricolazione ha scelto il curriculum di studi in Storia Moderna e Contemporanea fino al conseguimento, nel 2014, della laurea triennale nella cattedra di Archivistica Generale con tesi dal titolo “Garbatella. Nascita di un quartiere. Fonti storico – archivistiche” pubblicata in seguito dalle Edizioni Accademiche Italiane. In seguito alla laurea triennale ha continuato il suo percorso universitario iscrivendosi al corso di laurea magistrale in Archivistica e Biblioteconomia presso La Sapienza. Nel settembre del 2016 ha conseguito la laurea magistrale con tesi dal titolo “Dieci anni di cultura a Roma. Materiali d’archivio della Fondazione Romaeuropa 1985 – 1995” con punteggio di 110/110 e lode. Ha lavorato sia presso Data Management SPA occupandosi dell’assistenza commerciale Sebina e ReteINDACO, sia per la CoopCulture presso la Biblioteca della Camera dei Deputati curando una ricognizione e la redazione dell’elenco di consistenza del Fondo Ceccarelli. Inoltre, sempre presso la Biblioteca della Camera dei Deputati, ha svolto il ricondizionamento, la descrizione e l’inventariazione del Fondo Gaetano Natale e del Fondo del Corpo dei Volontari per la libertà. Con la stessa CoopCulture svolge attività l’Archivio Storico Capitolino e le Biblioteche di Roma. Risulta vincitore di borsa di studio presso l’Archivio Centrale dello Stato con progetto dal titolo “Catalogazione e costituzione di una banca dati contenente notizie sui militari processati dai tribunali militari per reati vari durante la Grande guerra” e nell’ottobre del 2017 ha vinto con borsa di studio il concorso di Dottorato in Scienze documentarie, linguistiche e letterarie presso La Sapienza, in seguito alla presentazione di un progetto dal titolo “Ascesa e declino della petrolchimica in Italia. Fonti archivistiche e storia orale raccontano il caso sardo”.

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