Recensione: Milano. Anni Sessanta. Dagli esordi del centro-sinistra alla contestazione

Finora la Milano degli anni Sessanta, ovvero la capitale della modernizzazione italiana, è stato un tema più evocato nel discorso pubblico che analizzato nella produzione storiografica. Merito di questo libro, costituito da ventiquattro saggi di altrettanti studiosi, è quello di richiamare l’attenzione degli storici sull’argomento e di suggerire alcune interessanti prospettive di analisi. Il volume, nato da un progetto di ricerca interuniversitario e da un convegno svoltosi a Milano nel maggio 2007, è articolato in due parti. Nella prima, intitolata Culture e forze politiche, sono raccolti una serie di interventi su natura e ruolo dei partiti e delle associazioni nella vita politica e culturale milanese. Ampio spazio, naturalmente, è dedicato ai protagonisti dell’esperienza del centro-sinistra, il mondo cattolico e quello socialista, ma non sono trascurate le altre forze, dai comunisti ai gruppi dell’estrema destra. Nella seconda parte, intitolata Stampa, società e istituzioni, l’attenzione si sposta sulle rappresentazioni della modernizzazione milanese nei giornali e nell’opinione pubblica locale e sull’esame di alcuni aspetti particolari della trasformazione sociale e culturale della città, dal commercio, all’assistenza, all’attività teatrale.

All’interno di questo panorama, ricco e variegato, la prospettiva privilegiata d’analisi è quella politica. Emerge, infatti, una ricostruzione di Milano soprattutto come luogo d’incubazione del centro-sinistra, punto di incontro e di riconoscimento tra le culture cattoliche e socialiste, laboratorio di politiche d’intervento pubblico ispirate ai principi tradizionali del civismo lombardo, ossia in primo luogo la responsabilità individuale e il solidarismo sociale. Non che tutta la vicenda milanese venga risolta nell’avvento di una nuova stagione di governo, ma è evidente un’attenzione particolare per una politica giudicata ancora capace di guidare con efficacia lo sviluppo della società e delle istituzioni. In questo senso, non è difficile cogliere in alcune pagine un senso di ammirazione e, forse, anche di nostalgia per un periodo unico nella storia milanese della seconda metà del Novecento, quando la città sembrò davvero assumere un ruolo indiscusso di crocevia delle vicende nazionali, divenendo un modello per la costruzione di un’Italia più ricca ed efficiente. Ma il libro riesce a restituire anche la complessità di questo incontro della città con la modernità, le difficoltà, i limiti, le contraddizioni di una mutazione non soltanto politica, ma anche antropologico-culturale, che richiese senza dubbio un profondo ripensamento di valori e comportamenti da parte soprattutto della classe dirigente locale.

Colpiscono alcune peculiarità milanesi di quegli anni: dalla capacità dei socialisti di guidare l’amministrazione comunale anticipando soluzioni valide anche in una dimensione nazionale (Punzo, Bruti Liberati, Landoni), all’originalità culturale dei democristiani della corrente “La Base” determinati a far sentire la loro voce ai vertici romani (Canavero), all’impegno della Chiesa e del suo arcivescovato per un’apertura del mondo cattolico alla modernizzazione sociale ed economica (Giovagnoli, Bressan), alle pulsioni contraddittorie interne al Partito comunista e al Movimento sociale, entrambi alle prese con la difficoltà di adattare i principi ideologici al contesto cittadino (Consiglio, Chiarini, Cuzzi), alla straordinaria vivacità della rete di circoli e riviste culturali che, sebbene ispirati da diversi orientamenti politici, contribuiscono a una trasformazione complessiva della società civile (Saresella, Scirocco).

Proprio lo sviluppo di quest’ultima costituisce, per molti aspetti, l’aspetto più rilevante nella ricostruzione del libro. Dalla stampa (Granata, Minesso, Ricciardi, Tobia, Orecchia) alle associazioni economiche e professionali (Vergallo, Magnanini, Scarpellini), alla sperimentazione di nuove politiche assistenziali e culturali (Cassamagnaghi, Cairoli, Paniga, Piazzoni), emerge infatti un protagonismo della società civile che assume connotati diversi rispetto al passato, anticipando fenomeni che investiranno il resto della penisola solo nel decennio seguente. Non a caso in alcuni saggi è già possibile leggere i primi segnali di un crescente distacco tra politica e società, che sembrano alimentare una nuova e imminente legittimazione dell’antipolitica.

Non solo, dunque, il libro evidenzia alcuni importanti temi e piste di ricerca, ma suggerisce anche la necessità di approfondire i caratteri dell’«esemplarità» milanese, che proprio negli anni Sessanta raggiunge una vera e propria consacrazione. Anche per cercare di capire meglio perché, nel decennio successivo, questo paradigma di sviluppo entrerà in crisi e non riuscirà più, malgrado alcuni brevi fasi di rinnovato splendore, a riproporsi come indiscusso punto di riferimento della modernizzazione nazionale.

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