La proposta è nata da un’esigenza di incontro tra due mondi – quello della scuola e quello degli archivi – che per non rimanere impermeabili l’uno all’altro, necessitano di momenti di comunicazione, di scambi continui di contenuti, di metodologie e di professionalità.
Vi è infatti un rapporto diretto tra archivi e scuole, una osmosi che coinvolge da molto tempo professionalità, ricerca, informazione, didattica ed ha assunto la forza tipica delle collaborazioni preziose e necessarie. La scuola ha sempre avuto bisogno del patrimonio culturale su cui fondare la propria didattica, così come musei, biblioteche ed archivi si sono rivolti ad essa considerandola il primo referente, le hanno dato materia culturale e scientifica e ne hanno tratto ricerche, conoscenze, autorità. Non deve dunque stupire se questo incontro continua e trova sempre nuovi spunti, ampliando sempre di più l’attenzione.
Oggi i musei e le biblioteche sviluppano dentro alle proprie strutture, o nell’uso delle proprie collezioni, un rapporto nuovo, o comunque diverso con la scuola; così gli archivi conservano e mettono a disposizione le fonti documentarie con la consapevolezza dell’importanza dello studio della storia locale e di quella contemporanea, come fattore propulsivo di grandissima forza e crescita interna. E se spesso nei loro ambienti troviamo scolaresche, se le sale di studio divengono laboratori di ricerca per insegnanti e studenti, la ragione sta in questo rapporto privilegiato tra archivi e scuola, che scopre e fonda l’esigenza di costruire insieme.
Le indicazioni di curriculo per i docenti comprendono tra gli obiettivi prioritari della scuola, quello di insegnare a ricomporre in unità i grandi oggetti della conoscenza, entro una prospettiva complessa, ma non per questo frammentata.
L’integrazione dei saperi è la scelta strategica obbligata, fondata sull’apertura degli archivi, sulla loro fruizione libera ed intelligente, sul confronto dei metodi, sulla didattica delle fonti e della ricerca stessa. Perché non cominciare proprio dalle esperienze vissute da archivisti e docenti nel loro lavoro di insegnare la storia? Perché non confrontarsi sulle questioni di fondo che sollecitano questo rapporto, ma nel contempo lo limitano per l’inevitabile scontro con le difficoltà di approccio alle fonti, di fruizione del documento, di gestione dell’informazione?
Il convegno di Trento si è proposto come un tavolo di lavoro, per portare nel contesto regionale trentino ed altoatesino, quelle esperienze che, in un decennio circa, sono maturate qui ed altrove.
Il programma della giornata si è articolato in due sessioni, individuate e sviluppate per aree tematiche. Quella del mattino è stata dedicata all’esposizione delle linee di indirizzo ministeriale ed all’esplorazione di alcune tra le più significative esperienze elaborate in altre regioni negli ultimi dieci anni, a partire soprattutto dall’emanazione della Carta di Treviso sui diritti della storia locale (1995), fino ai più recenti convegni di Catania e di Modena, che hanno esaminato le esperienze pratiche in materia di didattica dentro e con gli archivi. Il documento d’archivio è il punto di partenza per la costruzione della microstoria, in grado di rendere protagonisti i ragazzi che, coinvolti nei laboratori didattici, scoprono un nuovo e diverso approccio alla storia.
In quest’ottica trova evidenza pure la necessità di tutelare e valorizzare la memoria delle istituzioni scolastiche conservata negli archivi delle scuole, dove spesso la documentazione giace abbandonata in stato di disordine, a rischio di perdite irrimediabili. La fruizione di archivi scolastici come fonte documentaria immediatamente disponibile per gli studenti diventa argomento di didattica attiva ed insieme anche di tutela.
Ad apertura della giornata Micaela Procaccia ha sottolineato l’importanza di un approccio diretto alla documentazione per la crescita di una conoscenza e di una coscienza storica, sostenuta con varie iniziative in primis dalla Direzione generale degli archivi del Ministero per i beni e le attività culturali. In particolare nel corso dell’ultimo decennio, almeno a partire dalla direttiva con la quale il Ministro Giovanni Berlinguer conferiva speciale importanza allo studio della storia del XX secolo e con l’istituzione del “Giorno della memoria”, le iniziative delle istituzioni scolastiche per la diffusione e la conservazione della memoria storica sono andate intensificandosi. Non sempre, tuttavia, a queste iniziative, è corrisposta una altrettanto significativa attenzione per la memoria propria di queste istituzioni, conservata negli archivi delle scuole. Con il sostegno dell’amministrazione archivistica, sono stati realizzati progetti di grande importanza e significato. Si tratta di iniziative che hanno messo in luce anche il ruolo che la ricerca documentaria può svolgere per una didattica della storia più incisiva ed efficace e per la trasmissione di una memoria consapevole e attiva. Allo stesso tempo, la storiografia recente ha scoperto nella documentazione scolastica una fonte straordinaria per la microstoria e per la storia delle mentalità.
Nell’ottica della valorizzazione del patrimonio archivistico, il Ministero si propone come referente, sostenendo iniziative nel quadro di un più generale progetto di tutela degli archivi scolastici fin dalla loro formazione, tendente a preservarne la documentazione ed a valorizzarla sia all’interno che all’esterno degli istituti scolastici.
Nel corso della mattinata si sono succeduti interventi che hanno illustrato interessanti esperienze pilota condotte presso varie istituzioni archivistiche italiane: da segnalare quella dell’Archivio di Stato di Roma in rappresentanza del quale ha parlato Manola Venzo, ma anche quella dell’Archivio Storico del comune di Modena, pioniere di strategie elaborate nel proficuo rapporto tra scuola ed archivi, esposte da Mariagiulia Sandonà e da Franca Baldelli. Da parte di quest’ultima, di particolare interesse è la proposta di un “manuale in rete”, uno strumento che si avvicina al mondo giovanile, permette ai ragazzi di “navigare” tra le notizie alla ricerca di ciò che incuriosisce, rendendo al contempo i giovani protagonisti della ricerca sulle fonti archivistiche.
Nella medesima sessione agli archivisti si sono affiancati gli insegnanti, docenti che da anni coltivano progetti di didattica della storia con la promozione di speciali e specifici laboratori, utilizzando le fonti archivistiche, talvolta lo stesso archivio scolastico dell’Istituto presso cui insegnano. Per il Veneto è intervenuto Ernesto Perillo, per la Sardegna Donatella Picciau. Da non dimenticare l’esperienza siciliana, di cui ha parlato Salvina Bosco, e che ha visto dal 2000 al 2005 la nascita e lo sviluppo del progetto “History store”, coordinato dall’Ufficio scolastico provinciale: obiettivo era la formazione degli insegnanti all’uso delle fonti documentarie locali. A questo, che aveva coinvolto una rete di scuole superiori, si è succeduto un secondo progetto “Labword”, indirizzato questa volta a tutti gli insegnanti di ogni ordine e grado e finalizzato a supportare la didattica laboratoriale attraverso le fonti in ambito multidisciplinare.
La sessione pomeridiana ha presentato invece una mirata selezione delle esperienze elaborate nelle province di Trento e di Bolzano, esempi concreti di collaborazione tra archivisti, insegnanti ed operatori culturali. La didattica della storia con l’ausilio delle fonti documentarie, l’uso degli archivi per la consapevolezza della propria identità culturale, l’utilizzo degli stessi archivi scolastici come fonte immediatamente disponibile, hanno costituito alcuni degli argomenti che hanno incontrato il vivo interesse di quanti hanno partecipato all’incontro. Accanto ai temi incentrati sulla elaborazione dei curriculi di storia è stata sottolineata, in particolare da Carlo Romeo, l’esigenza di costruire un rapporto nuovo tra ricerca storiografica e prassi didattica nell’ambito dell’insegnamento della storia locale, ancor più viva in realtà plurilinguistiche ed autonomistiche come quelle trentine ed altoatesine.
Le relazioni hanno illustrato le proposte attuate in questi anni dalle principali istituzioni archivistiche regionali, dall’Archivio di Stato di Bolzano, da quello comunale della stessa città, dall’Archivio diocesano di Trento e dall’impegno sul campo della Soprintendenza per i beni librari e archivistici della provincia di Trento. Per quest’ultima Mauro Nequirito si è soffermato sulle attività svolte nel settore della didattica e della divulgazione storico-archivistica, le quali sono rivolte alle scuole ed a un più eterogeneo e non meno interessato pubblico adulto, che nelle diverse occasioni di coinvolgimento (ad esempio gli incontri motivati dal riordino di archivi comunali o parrocchiali), risulta essere assai interessato alla conoscenza ed alla corretta comprensione delle vicende regionali, ma anche di quelle microlocali della propria valle o della comunità. Esperienze diverse tra le varie istituzioni non solo archivistiche – al convegno hanno partecipato anche il Museo d’arte moderna e contemporanea di Rovereto (Mart) ed il Museo della guerra della cittadina – hanno fornito un quadro d’insieme vivace e stimolante, che sicuramente si pone, oltre che come panoramica, come punto di partenza per ulteriori sviluppi.
Gli atti della giornata saranno pubblicati nel sito web della Soprintendenza archivistica per il Trentino-Alto Adige all’indirizzo: http://www.archivi.beniculturali.it/SATN/.
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Giovanni Marcadella, direttore dell’Archivio di Stato di Vicenza e della Sezione di Bassano del Grappa, collaboratore del soprintendente della Soprintendenza Archivistica per il Trentino Alto-Adige. Oltre ai molteplici impegni derivanti dalle cariche occupate ha partecipato e partecipa a diversi comitati e a iniziative didattiche (è ad esempio docente di archivistica presso la Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica di Bolzano) e collabora con svariate istituzioni culturali, sia nell’ambito prettamente archivistico, che in quello degli studi storici. In quest’ultimo settore ha al suo attivo una nutrita serie di opere e contributi riguardanti in particolare l’area veneta, che spaziano dell’età ezzeliniana (il catalogo della mostra Ezzelini signori della Marca nel cuore dell’impero di Federico II) al periodo napoleonico (il catalogo della mostra Il Vicentino tra rivoluzione giacobina ed età napoleonica), dalla storia risorgimentale a quella religiosa.