L’inchiostro simpatico. Evoluzione e orientamenti della didattica in archivio Bologna, 5 maggio 2009

Il 5 maggio scorso a Bologna si è tenuto il convegno “L’inchiostro simpatico. Evoluzione e orientamenti della didattica in archivio”, organizzato dalla Soprintendenza archivistica per l’Emilia Romagna, la Soprintendenza per i beni librari e documentari della Regione Emilia-Romagna e l’ANAI – Sezione Emilia-Romagna, con la collaborazione della Biblioteca comunale dell’Archiginnasio e dell’Ufficio scolastico regionale per l’Emilia-Romagna.
L’evento si inseriva nell’ambito di “Quante storie nella Storia – Settimana della didattica in Archivio”, appuntamento annuale, che dal 2002 costituisce per archivi di enti pubblici e privati l’occasione di presentare l’attività intrapresa, attraverso visite guidate e percorsi a tema, presentazioni di laboratori didattici, incontri con i docenti, mostre documentarie, laboratori di scrittura, fino ad iniziative ludiche come letture animate di documenti e cacce al tesoro itineranti1. Come è stato peraltro sottolineato sia in apertura del convegno che nella tavola rotonda pomeridiana, a fianco degli archivi di stato, che per primi in Italia hanno aperto le loro porte al pubblico non specialistico della scuola, oggi una larga fetta degli enti che in Emilia-Romagna organizzano attività didattica è rappresentata da archivi storici di ente locale, anche territorialmente molto piccoli. Ciò è dovuto ad una molteplicità di fattori a partire dal contesto normativo vigente in materia di promozione e valorizzazione dei beni culturali, in cui si inserisce da ultimo la Direttiva regionale del marzo 2003, che definisce gli standard e obiettivi di qualità per biblioteche, archivi storici e musei2. Essa pone tra gli obiettivi operativi raccomandati nell’erogazione del servizio al pubblico, le iniziative di valorizzazione del patrimonio archivistico, in particolare rivolte alle scuole, mediante attività didattiche e divulgative, predisposte in base alle caratteristiche dell’utenza e condotte da personale qualificato. Parallelamente di estrema importanza è stata l’introduzione nell’insegnamento di temi e problemi connessi alla storia locale: nella Carta dei diritti della storia locale. Per la conoscenza delle storie locali nella scuola (Treviso, 1995), gli archivi sono stati chiamati ad affiancare alla tradizionale funzione conservativa, l’attività di ricerca e didattica delle storie locali, con la predisposizione di materiali didattici strutturati indispensabili per i docenti. Gli istituti cui ci si rivolge sono appunto gli archivi “vicini” – archivi comunali, parrocchiali, di associazioni, aziende etc. – e più ancora gli archivi “vicinissimi” agli studenti, ovvero quelli scolastici, teatro di numerose esperienze didattiche e al centro da oltre un decennio di un diffuso interesse.
Il convegno si è dunque posto come ulteriore occasione di confronto e bilancio, alla luce di oltre 30 anni di esperienze di didattica a livello nazionale, tema che continua a suscitare l’attenzione in un momento in cui gli archivi, al pari di musei e biblioteche, rendono fruibile il proprio patrimonio anche ad un pubblico giovane (a volte molto giovane), con sempre maggiore consapevolezza dei propri ruolo e responsabilità, nonché del valore civico che essi rivestono nell’educazione dei cittadini ad un uso critico delle fonti documentarie.
Nella sessione del mattino di taglio storico-teorico, presieduta da Marzio Dall’Acqua (Soprintendente archivistico per l’Emilia-Romagna), l’intervento a due voci di Francesca Cavazzana Romanelli (Archivio storico del Patriarcato di Venezia) ed Ernesto Perillo (Associazione CLIO ’92) ha così ripercorso la storia del rapporto scuola e archivi nelle sue tappe fondamentali. Un rapporto avviato alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, in risposta all’esigenza di esperienze dirette di ricerca sulle fonti ad integrazione e superamento del manuale scolastico, ed animato nel corso del tempo da un vivace dibattito tra storici, archivisti e docenti, inerente soprattutto l’utilizzo delle fonti archivistiche nella didattica della storia e la didattica degli archivi quali beni culturali. Il confronto si è rivitalizzato nella seconda metà degli anni ’90 per la crescente attenzione, come già richiamato, all’insegnamento della storia locale, in corrispondenza inoltre delle profonde trasformazioni introdotte a vari livelli dall’autonomia scolastica. Per poter reiterare pertanto una lunga e consolidata “complicità” tra scuola e archivi, che ha caratterizzato un percorso di lavoro condiviso in ordine agli obiettivi da perseguire, si è ribadita la necessità che storici e docenti – ciascuno nel proprio ruolo – si reinterroghino sul significato della storia e della storia insegnata, tenendo conto di alcune problematiche da affrontare in un futuro immediato: quale ricerca storico-didattica sia possibile con gli archivi, passando dalla grammatica del documento alla grammatica dell’archivio e all’archivio simulato come struttura in cui sviluppare i meccanismi di ricerca; l’educazione agli archivi, in un’ottica di integrazione tra beni culturali, in rapporto ai meccanismi di stratificazione delle memorie, alla competenza al dialogo interculturale, alla responsabilità civica; le potenzialità e le criticità infine dell’utilizzo nella didattica della storia e degli archivi delle tecnologie digitali, che trasformano le modalità di trasmissione della memoria alle nuove generazioni, nonché l’approccio alla ricerca storica negli archivi3.
Gli interventi successivi hanno poi approfondito da diverse angolazioni gli argomenti introdotti: il tema della memoria, della storia e dell’identità è stato al centro della relazione di Diana Toccafondi (Soprintendente archivistico per la Toscana), che a partire dalla concreta esperienza di didattica condotta all’Archivio di Stato di Prato sulle carte dell’archivio Datini ha posto l’accento sulla funzione che gli archivi devono consapevolmente e responsabilmente svolgere, rappresentando la “memoria urbana”, della città, e custodendo i segni di una microstoria, una delle tante possibili.
Daniela Ferrari (Archivio di Stato di Mantova) ha focalizzato l’attenzione sull’archivista come mediatore culturale tra la scuola e le fonti documentarie: figura di fondamentale importanza in quanto fornisce precise indicazioni su come muoversi all’interno dell’archivio e come salvaguardare i documenti, garantisce un metodo critico di lettura delle fonti, realizza insieme ai docenti la progettazione dell’attività, che segue poi avendo sempre ben chiari gli obiettivi finali che gli studenti devono conseguire.
Mario Calidoni (già Ispettore tecnico del Ministero per la pubblica istruzione) ha affrontato il complesso tema della relazione scuola/archivio nell’ambito dell’educazione al patrimonio, problematica che ha fortemente impattato sulle modalità con cui la scuola si rapporta al territorio, inducendo ad un ripensamento della didattica dei beni culturali: in un contesto in cui la scuola si apre al territorio, perseguendo il dialogo e il coordinamento con le istituzioni culturali in esso presenti, anche l’archivio al pari delle altre istituzioni culturali deve essere un ambiente di apprendimento reale a disposizione degli studenti. Attraverso operazioni specifiche ed attività propriamente archivistiche, in esso si realizza l’integrazione con le discipline e i saperi formali trasmessi dalla scuola; nel contempo, “la raggiunta convinzione che nessun bene può essere letto fuori dal suo contesto, rende concreta questa idea per cui il territorio è il learnscape”4 e la molteplice progettualità, ogni singola esperienza didattica può essere utilmente ricondotta al più ampio percorso di educazione al patrimonio proposto dalla scuola.
La relazione di Raffaella Manelli relativa all’attività svolta dal CEDOC – Centro di documentazione della Provincia di Modena circa l’organizzazione di corsi di formazione per tutor d’archivio e di percorsi didattici in archivi del territorio modenese, ha focalizzato l’attenzione sulla necessità ed ineludibilità della cooperazione declinata a diversi livelli. Cooperazione interistituzionale innanzitutto: sulla base di una trentennale esperienza di cooperazione nei servizi bibliotecari, in provincia di Modena è nato uno dei primi poli archivistici della regione, il sistema archivistico nonantolano5; lo stesso CEDOC, in raccordo con l’Archivio storico comunale e l’Archivio di Stato di Modena, oltre che con le istituzioni statali e regionali preposte, ha avviato un’opera di sensibilizzazione delle amministrazioni locali ai fini della salvaguardia e valorizzazione del proprio patrimonio documentario: l’attivazione di itinerari didattici negli archivi costringe infatti gli enti ad intervenire per adeguare sedi e servizi al pubblico. Ma anche cooperazione tra servizi di un medesimo ente per la realizzazione delle attività di formazione e didattica, che vengono di volta in volta contestualizzate e ridefinite in loco; il laboratorio di storia stesso è un gioco di squadra tra tutor, archivista e docente.
Anna Manfron, in chiusura di sessione, ha esposto le modalità con cui la Biblioteca comunale dell’Archiginnasio valorizza i propri fondi documentari, circa 300 tra archivi e raccolte di varia provenienza. La mostra documentaria è lo strumento con cui principalmente viene comunicato questo patrimonio al grande pubblico privo di preparazione specialistica, per l’incisività comunicativa e l’impatto derivante dalla visione diretta dei documenti: non si tratta di mostre-evento, bensì di percorsi espositivi immediatamente comprensibili e volutamente non “faticosi”, che rappresentano anche un atto di trasparenza, in quanto rendono conto ai cittadini dei lavori di riordino e inventariazione effettuati con risorse pubbliche. Inoltre, tramite le visite guidate dagli archivisti che hanno eseguito gli interventi, i visitatori hanno un contatto diretto con gli operatori, stimolo spesso per trasformare un utente potenziale in un utente reale. Non viene infine trascurata la valorizzazione on-line dei materiali prodotti, tramite la costruzione di percorsi virtuali di visita e la pubblicazione degli strumenti di ricerca prodotti. Ne è seguito un breve ma sentito scambio su un argomento peraltro ampiamente discusso, ovvero l’efficacia della mostra documentaria ai fini dell’attività didattica e, di conseguenza, con quali modalità e nuove contestualizzazioni, a tal fine, si dovrebbero esporre i documenti, per evitare una sterile autoreferenzialità.
La tavola rotonda pomeridiana ha fatto il punto sullo stato attuale delle esperienze condotte in una regione che presenta più di un caso di eccellenza e registra una crescita di offerta formativa qualificata rivolta alle scuole (significativo ad esempio che ad otto anni dal suo avvio “Quante storie nella Storia” ha più che triplicato il numero di partecipanti).
A presiedere e condurre i lavori Isabella Zanni Rosiello, una dei protagonisti all’inizio degli anni ’80 in qualità di direttrice dell’Archivio di Stato di Bologna della prima generazione di esperienze di didattica negli archivi, che ha riproposto alla riflessione comune attualissime domande: chi sono i destinatari dell’attività didattica, quali gli obiettivi della didattica con le fonti documentarie, cosa significa per i ragazzi l’incontro con la realtà dell’archivio e come prosegue poi tale esperienza nella scuola. E’ necessario soprattutto aver ben chiaro se l’attività didattica rientri nella mission di un archivio, ne sia una funzione essenziale e quindi vada inserita nella progettualità dell’istituto, che deve essere in grado comunque di continuare ad adempiere a tutti i suoi compiti istituzionali, oppure sia una risposta occasionale a sollecitazioni contingenti provenienti dal mondo della scuola, o ancora un tentativo di attrarre e catturare nuovi utenti per darsi un significato6. Sono stati quindi invitati a confrontarsi sui rispettivi approcci metodologici i referenti di alcuni istituti archivistici che propongono da tempo un’attività didattica strutturata, condotta con personale qualificato e in molti casi ad essa esclusivamente dedicato. Il valore aggiunto nella realizzazione di queste attività è stato da più parti individuato nella sinergia con gli altri istituti e/o servizi culturali presenti sul territorio, un rapporto che funge da stimolo per una progettualità comune e che, in presenza di esperienze virtuose, va a strutturarsi progressivamente in una prassi organizzativa consolidata.
Franca Baldelli (Archivio storico comunale di Modena), Maria Letizia Bongiovanni (Archivio storico provinciale di Bologna), Paola Mita (Archivio storico comunale di Imola), Anna Riva (Archivio di Stato di Piacenza), Cecilia Tamagnini (Archivio storico comunale di Carpi), Diana Tura (Archivio di Stato di Bologna) e Paola Zambonelli (Archivio storico comunale di Castrocaro Terme e Terra del Sole), con brevi affondi nelle singole realtà, hanno fatto emergere una nutrita gamma di attività didattiche, dalle visite guidate declinate in varie forme volte a promuovere la conoscenza del bene-archivio a partire da un primo contatto dei ragazzi con la fisicità del luogo e delle carte, incontro sempre ricco di suggestioni, al laboratorio di storia (anch’esso con diverse accezioni), momento forte per il coinvolgimento diretto degli studenti, che sperimentano un percorso di ricerca storica assistiti per le necessarie mediazioni dall’archivista e/o dal tutor e dal docente. Nel laboratorio si assiste talora al modificarsi del rapporto tra gli studenti e il docente che, fuori dall’aula non è più depositario del Sapere: entrano qui in gioco altre abilità, è fondamentale la curiosità. Per sfruttare al meglio tutte le potenzialità dell’offerta didattica messa in campo dagli archivi è indispensabile che anche gli insegnanti possiedano adeguati elementi di competenza all’educazione al patrimonio culturale. Alcuni istituti, qui intervenuti, hanno a più riprese proposto attività formativa specifica per i docenti, propedeutica all’attività didattica con gli studenti, non di rado su esplicita richiesta di insegnanti particolarmente attenti e sensibili, con risultati spesso al di sopra delle aspettative. La questione è davvero un punto nevralgico e uno dei presupposti per dare continuità alle esperienze poste in essere: la difficoltà sta poi nel trasmettere alla scuola il know out dei singoli, nel trasformare cioè i contingenti rapporti professionali ed umani che si instaurano tra archivisti, docenti e studenti nel corso dell’attività didattica, in rapporti organici tra le istituzioni, al fine di non disperdere quel ricco patrimonio di conoscenze, metodologie e materiali acquisito con notevole impegno e grande passione.

Note
1) All’indirizzo http://www.ibc.regione.emilia-romagna.it/wcm/ibc/menu/attivita/07formaz/formdidat1/didabib/iniziative/quante.htm è possibile consultare i programmi delle edizioni 2003-2009.

2) La direttiva, approvata con deliberazione della Giunta Regionale dell’Emilia-Romagna n. 309/2003 è consultabile all’indirizzo http://www.ibc.regione.emilia-romagna.it/wcm/ibc/menu/dx/11norm/ibc_normativa_riferimento/normativa_reg/Direttiva_Standard.pdf

3) F. Cavazzana Romanelli, Come in un caleidoscopio: elaborati di didattica sulle fonti d’archivio al premio “Piccoli archivi crescono”, in La didattica negli archivi. Atti del seminario di studi “L’officina della storia – Le fonti della ricerca (Carpi, 29 aprile 1999), a cura di E. Ficarelli e G. Zacchè, San Miniato (PI), 2000, pp. 57-64 e, più approfonditamente, Archives and Educational Activities; Debate and Initiatives in the Italian Archives, in “Archivum” XLV (2000) (numero monografico dal titolo The profile of the archivist: promotion of awareness), pp. 267-284;
E. Perillo, Archivisti e insegnanti: una singolare complicità, in Gli archivi ispirano la scuola. Fonti d’archivio per la didattica, Trento, 21 novembre 2008;
si vedano inoltre all’indirizzo http://www.dssg.unifi.it/_storinforma/Ws/ws-archivi3.htm i materiali del workshop La didattica della storia. Archivi, reti, strumenti digitali: esperienze in corso, Firenze, 4-5 ottobre 2002 e La storia a(l) tempo di Internet. Indagine sui siti italiani di storia contemporanea 2001-2003, a cura di A. Criscione, S. Noiret, C. Spagnolo, S. Vitali, Bologna, 2004.

4) M. Calidoni, L’educazione al Patrimonio a scuola e l’Archivio, Bologna, 5 maggio 2009

5) O. Piccinini, Il sistema archivistico nonantolano in IBC Dossier Gli archivi fanno sistema, a cura di B. Argelli, IBC 3/2009, pp. 64-65. Sulle più recenti riflessioni circa la tematica dei poli archivistici si vedano i documenti prodotti nell’ambito della 2.a Conferenza nazionale degli archivi. Fare sistema, Bologna, 19-21 novembre 2009 all’indirizzo http://www.conferenzanazionalearchivi.it/ .

6) I. Zanni Rosiello, Didattica degli archivi, didattica della storia in L’archivista sul confine. Scritti di Isabella Zanni Rosiello, Roma, 2000, pp. 189-200, e Sul mestiere dell’archivista, ibidem, pp. 371-388.

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    By: Manuela Cristoni

    Manuela Cristoni è Funzionario dell’Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna (IBC), nell’ambito del servizio di Soprintendenza per i beni librari e documentari si occupa prevalentemente dell’aggiornamento e manutenzione del sistema informativo CAStE-R relativo al censimento degli archivi storici di ente locale e di interesse locale dell’Emilia-Romagna. Dal 2003 è referente IBC per l’organizzazione di “Quante storie nella storia. Settimana della didattica in archivio”, di cui cura in particolare l’aspetto promozionale.

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