Recensione: Mazzini e il suo mito. Il caso del Lazio

Il volume Mazzini e il suo mito: il caso del Lazio è il risultato di un progetto di studio e ricerca svolto in collaborazione tra la Regione Lazio, l’Archivio di Stato di Roma, ed il Dipartimento di storia moderna e contemporanea dell’Università degli studi “La Sapienza” di Roma.

Le celebrazioni per i bicentenari della nascita di Mazzini nel 2005 e Garibaldi nel 2007 hanno fornito l’occasione per proseguire, sulla base di precedenti esperienze, il percorso di lavoro intrapreso alla ricerca delle testimonianze disseminate nel territorio dagli eventi ottocenteschi, ripercorrendo, in questo caso, il cammino di formazione e sensibilizzazione politica compiuto dalle popolazioni laziali.
Oltre alla schedatura di fonti, che ha riguardato settantasei comuni e che ha coinvolto un gruppo costituito da ventidue qualificati archivisti e ricercatori, il volume raccoglie alcuni contributi di approfondimento sulla stampa periodica locale, sull’associazionismo, sull’attività politica e sulla propaganda in alcuni territori individuati come significativi e, infine, sull’iconografia mazziniana.
I risultati conseguiti sono frutto di un approccio metodologico che incrocia fonti di natura diversa (documentarie, bibliografiche, iconografiche, epigrafiche, monumentali e orali), utilizza la documentazione archivistica per contestualizzare istituzionalmente e storicamente tutte le informazioni raccolte e intreccia fonti locali, quelle prodotte da privati e dagli organi dello Stato.

Dalla ricerca emerge una situazione molto differenziata tra aree in cui la presenza del movimento mazziniano è stata pressoché inesistente (la Sabina, il Lazio meridionale e a nord i territori della Maremma verso il confine con la Toscana) e zone in cui invece il mito di Mazzini ha effettivamente rappresentato un importante passaggio nella formazione politica della popolazione (i Castelli romani, il Viterbese e il litorale tra Roma e Civitavecchia). I risultati, che non sono costruzioni teoriche ma studi su documentazione d’archivio che dunque riflette l’effettiva realtà del mito mazziniano, sono di indubbio interesse, anche se inevitabilmente ristretti ad un numero limitato di località laziali.

Come giustamente rileva Giuseppe Monsagrati, nel nucleo della dottrina mazziniana si stagliò sin dai primi scritti l’idea della centralità di Roma con l’indicazione della missione di civiltà che da essa sarebbe partita a sollievo e rinnovamento dell’umanità tutta. E proprio Roma, presenza incombente e fortemente attrattiva, metropoli in forte espansione, ha condizionato e condiziona ancora pesantemente la storia di tutte le altre comunità presenti nella regione. Dunque per comprendere veramente l’identità di questa regione “inafferrabile”, come aveva ben osservato Alberto Caracciolo, è utile concentrare lo studio “sulle realtà fisiche e umane di essa”, isolandole rispetto all’ingombrante presenza della capitale. Ed è per questo che lo studio ha analizzato “il caso del Lazio”, approfondendo l’indagine negli archivi comunali di questa “regione residuale” costituita alla fine del processo di unificazione con territori caratterizzati da storie e tradizioni disomogenee.
 Uno degli aspetti più interessanti che emerge dalle ricerche effettuate è lo sviluppo relativamente tardo del mito mazziniano: dopo la forte impressione che le iniziative del patriota genovese destarono negli anni della Restaurazione e del Risorgimento, la sua figura passò in secondo piano quando il movimento risorgimentale assunse un indirizzo monarchico e liberale. Anche se il suo “mito” alimentò una parte dell’associazionismo operaio e quello democratico e repubblicano negli anni dopo l’’Unità, fu con il cinquantenario della morte, ormai in epoca fascista, che la figura di Mazzini venne ripresa in chiave idealistica da Giovanni Gentile, come ci ricorda anche il saggio di Paolo Benedetti dal titolo Mazzini in “camicia nera”, pubblicato negli Annali della Fondazione Ugo La Malfa.
Ma anche il dopoguerra e l’Italia repubblicana videro una nuova ripresa del mito mazziniano, anche in corrispondenza con le celebrazioni del centenario della Repubblica romana, in cui si voleva vedere il momento anticipatore di quell’Italia democratica che si voleva costruire. Ma il volume va oltre arrivando fino al 1972, anno delle celebrazioni del primo centenario della morte di Giuseppe Mazzini, come illustrano i contributi sulla provincia romana, su Orte e sulle significative assenze dell’area Sabina.

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