La parità religiosa in Europa

Una giornata di discussione sulle confessioni religiose e la loro coesistenza in Europa, svoltasi il 13 maggio 2013 presso il Dipartimento di Scienze politiche e internazionali dell’Università di Siena. Il convegno, organizzato dal CRIE – Centro di Eccellenza Jean Monnet dell’Università degli studi di Siena diretto da Ariane Landuyt, ha visto la partecipazione di autorevoli esponenti del mondo accademico e  dell’associazionismo religioso italiano.

Il workshop “La parità religiosa in Europa”, realizzato con il sostegno del Lifelong Learning Programme della Commissione europea, è stato organizzato con l’obiettivo di promuovere un confronto interdisciplinare sul tema della convivenza tra le religioni in Italia e in Europa. Oltre ad una riflessione sulla disciplina giuridica relativa al pluralismo e alla parità religiosa, con l’inevitabile  riferimento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, l’incontro è stato arricchito da interventi tematici di studiosi, teologi e esponenti di varie fedi religiose. Il convegno ha voluto dunque promuovere un dibattito a più voci sulla necessità di elaborare forme nuove dell’espressione religiosa sia in ordine agli aspetti relativi alla fede, sia al  servizio della dignità e libertà della persona umana, della giustizia e della pace, prerogative fondamentali di una società sempre più aperta, multiculturale e multietnica.

L’incontro è stato coordinato dal Direttore del CRIE – Centro di Eccellenza Jean Monnet, Ariane Landuyt, che dopo un breve saluto ha lasciato la parola al primo relatore, il professor Francesco Margiotta Broglio dell’Università di Firenze, che ha presentato un’introduzione giuridico – politica sulla parità religiosa.“In una Italia sempre più secolarizzata, la molteplicità religiosa è ormai un dato di fatto”, ha esordito il professore, citando poi i dati di alcune ricerche di studiosi della materia, come il secondo Rapporto sull’Italia delle religioni “Un cantiere senza progetto. L’Italia delle religioni” (giugno 2012), curato da Paolo Naso e Brunetto Salvarani  e  la Ricerca di Enzo Pace “Le religioni nell’Italia che cambia” (2013). I luoghi di culto e  i profili dei ministri di culto delle nuove realtà religiose registrano oggi 189 diverse provenienze. Vi sono in Italia circa 836 denominazioni confessionali. Dai dati CESNUR – Centro Studi sulle Nuove Religioni – emerge inoltre che accanto ai non cattolici, in Italia ci sono 4 milioni, pari al 7,6%, di immigrati cattolici con i loro “cappellani etnici”, cioè delle parrocchie cattoliche “ad hoc”.  “Ciò fa facilmente intuire – continua Margiotta Broglio – quanto sia difficile effettuare una ricostruzione del panorama religioso italiano ma anche quanto siano divenute prossime religioni un tempo lontane” e, citando Enzo Pace, afferma: “si è passati da una maggioranza cattolica ad una diversità articolata e inedita vicina alla Gran Bretagna”. Passando poi all’aspetto giuridico, lo studioso ha illustrato i riferimenti alla parità religiosa contenuti nella legislazione europea, ed in particolare nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea cui fa rinvio il Trattato di Lisbona. Rispetto alla CEDU sono stati citati l’articolo 9 (libertà di religione), 10 (libertà di espressione) e 20 (divieto di discriminazione religiosa che prescinde dal riconoscimento). Per quanto riguarda la Carta di Nizza il riferimento è al preambolo, in cui si afferma l’uguaglianza religiosa, e agli articoli 3 (libertà di circolazione senza frontiere interne) e 21 (divieto di discriminazione religiosa). In conclusione Margiotta Broglio ha affermato la validità del sistema delle intese tra lo Stato italiano e le singole confessioni religiose e la loro efficacia nel valorizzare le specificità dei diversi culti, soprattutto in assenza di una legge organica sulla parità religiosa, nonostante i 16 disegni di legge presentati in Parlamento dal 1990 al 2010.

Nel corso del secondo intervento è stato fornito un quadro giuridico e politico dell’Ebraismo in Italia da parte dell’avvocato Dario Tedeschi, già vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane – UCEI.  Tedeschi ha ricordato le origini della presenza ebraica in Italia, risalente a duemila anni fa quando gli ebrei arrivarono nel nostro Paese, e soprattutto a Roma, come schiavi o mercanti. Delineando i caratteri della Comunità ebraica, ne ha illustrato le attività spiegando che essa riunisce gli ebrei presenti all’interno di un determinato territorio provvedendo non solo alle loro esigenze religiose e spirituali ma anche ai bisogni sociali ed economici di ciascun membro. Del tutto scomparse dal sud e dalla Sicilia, oggi le maggiori Comunità ebraiche italiane, riconosciute dallo Stato dal 1987, si concentrano nel centro-nord, con l’eccezione di Napoli. La vita interna di ciascuna Comunità è regolata dal proprio statuto, mentre i rapporti tra l’Ebraismo e lo Stato italiano sono disciplinati dalla legge del 1989, con cui si afferma la parità di trattamento davanti alla legge penale e il riconoscimento di altri diritti. Dopo aver illustrato il contributo ebraico alla storia e alla cultura italiana, riconosciuto anche a livello istituzionale come testimoniano diverse iniziative realizzate da parte della Presidenza del Consiglio e del Parlamento, Tedeschi si è soffermato sull’antisemitismo. A tal proposito ha ricordato il contributo della Chiesa nella diffusione della conoscenza sui tragici eventi dell’Olocausto e sulle responsabilità del fascismo italiano e nel combattere il pregiudizio, senza ignorare tra l’altro il fatto che purtroppo sentimenti antisemiti sono ancora presenti nelle nostre società. Riferendosi al cosiddetto Negazionismo, la corrente di pensiero che nega appunto la tragedia dell’Olocausto, ha illustrato le questioni ancora irrisolte e i nodi centrali del dibattito sul tema. Se da una parte infatti c’è chi sostiene che tale fenomeno vada considerato come un reato, dall’altra c’è chi ritiene che l’affermazione delle tesi negazioniste rientri nella libertà di pensiero. Ad oggi il nostro ordinamento prevede sanzioni penali solo nel caso in cui si presentino tesi e dichiarazioni che si traducono in incitamento all’odio. A tal riguardo Dario Tedeschi ha concluso affermando che “la diffusione di tali tesi storiche si combatte prima di tutto con la documentazione e la conoscenza storica”.

Dall’ebraismo all’islamismo con il Presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia – UCOII ed Imam di Firenze, Elzir Izzedin, che ha fornito un quadro giuridico e politico dell’Islam in Europa, mettendo in evidenza il contributo di quest’ultimo alla società italiana ed europea. Con un primo sguardo ai numeri, Izzedin ha evidenziato che la Comunità islamica rappresenta circa l’1,5% della  popolazione italiana, pari a un milione e cinquecento mila persone, e il 2,5% del Pil del nostro paese. A livello europeo, i musulmani presenti nei 27 Stati membri dell’UE sono 35 milioni. Nonostante tali cifre però, la comunità musulmana italiana è relativamente “giovane” rispetto ad altri Paesi europei, come ad esempio la Francia, ed avverte sempre più la necessità di un reale riconoscimento che si realizzi auspicabilmente per mezzo di un’intesa con lo Stato. Questa, insieme ad una legge sulla libertà religiosa, sembra essere la priorità della Comunità islamica italiana. Come sostiene l’Imam di Firenze, si tratterebbe di un atto di responsabilità dello Stato italiano rispetto ai problemi quotidiani della società civile islamica come il matrimonio, l’assistenza in ospedale o nelle carceri, ecc. “L’imperativo a cui bisogna rispondere oggi – ha concluso Izzedin –  è quello che impone il confronto e il dialogo, tanto in Italia e in Europa quanto nei paesi islamici rispetto alle minoranze religiose presenti sul territorio”.

Della necessità di riconoscimento e di intese ha parlato anche il professor Paolo Naso dell’Università La Sapienza di Roma e membro dell’Unione Chiese Evangeliche, delineando i tratti del nuovo pluralismo religioso in Italia. “Mai come oggi – afferma Naso –  la molteplicità religiosa italiana richiede un nuovo riconoscimento e una nuova tutela che includa nelle intese anche le Comunità che fino ad ora ne sono rimaste fuori, come quella Islamica, le Chiese Pentecostali e le Chiese evangeliche “etniche”. Dopo aver sottolineato l’importanza delle comunità e dei gruppi religiosi in Italia, anche dal punto di vista sociale e lavorativo, Naso ha sostenuto la necessità di un nuovo equilibrio, attraverso il quale far fronte alle diverse criticità del sistema religioso italiano. Citandone alcune, il professore ha parlato dell’incongruenza tra la strutturazione confederativa di alcune comunità e il modello centralizzato ed episcopale italiano, l’incongruità degli Statuti, l’interventismo regionale che rende ancora più problematica la definizione di una disciplina unica, la dilapidazione del patrimonio sociale delle Comunità di fede e lo scarso dibattito pubblico sulla libertà e sul pluralismo religioso. Sono queste dunque le priorità e criticità che la classe politica dovrebbe affrontare ma rispetto alle quali sembra essere oggi ancora troppo sorda.

Più volte citato dai relatori che lo hanno preceduto, in merito ai di disegni di legge sulla parità religiosa, Valdo Spini, professore all’Università di Firenze, rappresentante della Chiesa Evangelica Valdese e deputato della Repubblica italiana dal 1979 al 2008, ha messo in luce le numerose difficoltà che fin dagli anni Ottanta hanno caratterizzato il dibattito parlamentare italiano sull’ approvazione di una legge quadro sulla parità religiosa, essendone stato egli stesso protagonista. Nel 1979 Spini propose la prima interrogazione parlamentare sulla mancata stipula dell’intesa con la Chiesa valdese e fu, in seguito, il primo ad avanzare un progetto di legge in questo senso, che seppur sostenuto dal governo Prodi, riproposto dal governo Berlusconi – con un testo non molto diverso da quello di Spini – e ripresentato anche nel 2006 dal governo di centro-sinistra, non ha ancora visto la luce.

“Il problema – dice Spini – è che la classe politica italiana mostra una scarsa sensibilità nei confronti della materia. Da qui dunque la necessità di una politica più avveduta e di riprendere la battaglia per la legge”.

Severino Dianich della Facoltà Teologica di Firenze è intervenuto nel dibattito rappresentando ed introducendo la posizione della Chiesa cattolica, giunta molto lentamente a riconoscere il principio della libertà religiosa. Dianich ha ripercorso il cammino che dal Concilio Vaticano II, che ha messo al centro il dialogo sulle religioni, arriva fino alla Carta di Milano del 2013, il documento elaborato da ebrei, cristiani, musulmani, induisti e buddisti e presentato nel corso del Forum delle Religioni a Milano, svoltosi lo scorso 17 marzo. Dianich ha inoltre ricordato che l’Italia è tra i paesi con minori restrizioni alla parità religiosa e che solo un quarto dei paesi nel mondo rispettano la parità religiosa.

La professoressa Antonella Castelnuovo dell’Università di Siena ha parlato dell’Ebraismo moderno, come paradigma della  modernità in Europa, attraverso un’analisi antropologica e sociologica. Premettendo quanto non sia facile parlare di ebrei ed ebraismo, la studiosa ha intrecciato i temi della modernità e dell’ebraismo come alcuni dei tratti caratterizzanti del Novecento. Antonella Castelnuovo ha sottolineato quanto sia insufficiente e limitante ricordare gli ebrei solo in occasione del giorno della memoria. Sarebbe invece molto più importante comprendere quali siano gli elementi che caratterizzano tale popolo e tale cultura. Nonostante i vari stereotipi sugli ebrei, essi sono estremamente variegati, come viene messo bene in luce nella recente opera Il secolo ebraico (2011) di Yuri Slezkine così come nel classico Réflexion sur la question juive (1946) di Jean-Paul Sartre. E guardando al futuro, ha affermato che l’ebraismo, sia italiano che europeo, pone degli importanti interrogativi come i diritti di cittadinanza degli immigrati, le radici cristiane dell’Europa.

Last but not least, Leila El Houssi dell’Università di Firenze ha affrontato il tema dell’Islam in Europa parlando delle cosiddette seconde generazioni. Una questione che l’Italia sembra ancora non aver pienamente affrontato e rispetto alla quale si mostra piuttosto restia, ignorando in tal mondo una generazione di italiani che però non vengono percepiti, riconosciuti e rappresentati come tali. Dopo aver illustrato chi sono questi “nuovi italiani” El Houssi si è soffermata sulla sordità da parte delle istituzioni, che dovrebbero invece essere il centro propulsore dell’integrazione e del riconoscimento e della promozione dell’uguaglianza di tutti i cittadini.

Il convegno si è concluso con un vivace dibattito che ha visto interagire i vari relatori con i partecipanti – docenti, ricercatori, studenti e cittadini – stimolati dagli interessanti interventi che hanno contribuito senz’altro a fornire utili spunti rispetto al complesso e variegato panorama religioso italiano ed europeo.

 

 

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