Recensione: L’invenzione dei Fori imperiali. Demolizioni e scavi 1924-1940

A partire dalla seconda metà degli anni Venti il fascismo avviò nel centro di Roma un programma di rinnovamento urbano volto all’invenzione di un nuovo spazio pubblico, monumentale e celebrativo, in cui tutto ciò che non apparteneva al passato imperiale della città era da considerarsi come un’impropria alterazione, prodotta dalla decadenza politica dei secoli precedenti. Furono perciò demoliti interi quartieri della Roma medievale e moderna, per liberare i monumenti dell’antichità e tracciare le nuove strade che avrebbero fatto da sfondo alle più importanti celebrazioni del regime. Gli scavi archeologici nella vasta area dei Mercati e dei Fori di Traiano, di Augusto, di Cesare, di Nerva, testimoniavano l’ideale continuità storica del fascismo con l’epoca imperiale. La via dell’Impero, che collegava piazza Venezia con il Colosseo attraverso il suggestivo scenario dei Fori imperiali, divenne uno dei luoghi simbolo della «Roma di Mussolini».

Un ruolo decisivo, nell’attuazione degli interventi, fu svolto dai tecnici e dai dirigenti dell’amministrazione capitolina. Antonio Muñoz, direttore della ripartizione Antichità e Belle Arti del Governatorato di Roma, fu uno dei principali artefici della nuova sistemazione urbanistica, nonché il più attivo divulgatore dell’opera di trasformazione monumentale della città. Fondatore nel 1930 del Museo di Roma, Muñoz dispose la realizzazione di dipinti e fotografie a testimonianza degli ambienti scomparsi con le demolizioni e organizzò la raccolta dei reperti archeologici emersi in seguito agli scavi.

L’invenzione dei Fori imperiali, mostra inaugurata il 23 luglio 2008 nella sede dei Musei Capitolini di Palazzo Caffarelli, ha offerto per la prima volta al grande pubblico una selezione di 140 opere provenienti da questo patrimonio documentario. I curatori della mostra, provenienti dall’amministrazione capitolina, hanno dovuto compiere un attento e complesso lavoro di indagine per allestire un percorso espositivo in grado di esprimere le molteplici possibilità di lettura offerte dall’osservazione delle fotografie, dei dipinti e dei ritrovamenti archeologici.

Le 64 fotografie esposte provengono dal Fondo demolizioni dell’Archivio fotografico comunale, conservato presso la sede del Museo di Roma a Palazzo Braschi. Si tratta di una preziosa raccolta che contiene, rilegate in 84 album con i relativi negativi su lastre di vetro, oltre 7.700 immagini relative a tutte le principali operazioni di sventramento realizzate tra il 1924 e il 1940. Le fotografie selezionate per la mostra raccontano le demolizioni e gli scavi nella zona dei Fori imperiali, mostrando la situazione precedente agli interventi, registrando le trasformazioni in corso d’opera, documentando i ritrovamenti archeologici e ritraendo la popolazione che di lì a poco sarebbe stata sfrattata dalle proprie abitazioni. Da notare la precisione compositiva e la resa del dettaglio che caratterizzano le fotografie, eseguite da fotografi romani professionisti come i fratelli D’Amico, Filippo Reale, Cesare Faraglia e Michele Valentino Calderisi.

Nell’introduzione al catalogo della mostra, pubblicato da Palombi editore, Maria Elisa Tittoni sottolinea come, al potere di rievocazione del paesaggio urbano perduto, le fotografie uniscano la capacità di porsi come efficace strumento documentario per indagare il delicato rapporto fra conservazione e trasformazione della città. Sempre all’interno del catalogo, Anita Margiotta suggerisce alcuni dei possibili percorsi di analisi storica offerti dal Fondo demolizioni, del quale racconta in breve la genesi, illustrandone sinteticamente il contenuto.

Mentre le fotografie testimoniano il legame tra fotografia e documentazione storico-artistica-archeologica che si affermò nel corso degli anni Venti, le riproduzioni pittoriche riflettono con diverse sensibilità il clima culturale di quegli anni. I 37 disegni e dipinti di autori come Mario Mafai, Michele Cascella, Maria Barosso, Lucia Hoffmann, Giulio Farnese, Pio Bottoni rappresentano un tipo di produzione all’epoca molto apprezzato per la raffigurazione degli interventi urbani, in bilico tra nostalgia dei luoghi perduti e celebrazione della nuova Roma. Nel catalogo, il saggio di Rossella Leone illustra gli stili dei diversi autori, ripercorre le origini della tradizione culturale della Roma sparita e racconta la politica di acquisizione e committenza avviata da Muñoz per offrire, accanto alle riproduzioni fotografiche, una documentazione iconografica che soddisfacesse la sensibilità estetica del tempo.

Completano il percorso 30 reperti di epoca romana e cinque frammenti pittorici e scultorei del Cinque-Seicento, selezionati ed esposti a testimonianza degli innumerevoli ritrovamenti avvenuti durante le demolizioni e gli scavi. Il saggio di Claudio Parisi Presicce rende conto del lungo e complesso lavoro di ricomposizione che si è reso necessario per la valorizzazione dei frammenti scultorei rivenuti nel corso degli anni. L’esposizione è infine arricchita dalle schede illustrative realizzate da Angela Maria D’Amelio e Fabio Betti, che riassumono i progetti e gli interventi operati per lo scoprimento dei Mercati di Traiano e dei Fori di Traiano, Cesare e Nerva.

Tra i meriti dei curatori della mostra c’è senz’altro quello di non essersi adagiati sul consueto registro deprecativo che nel passato ha caratterizzato gli studi sugli sventramenti fascisti. Evitando di inoltrarsi nel complesso dibattito sulle implicazioni urbanistiche, architettoniche e sociali degli interventi, i curatori hanno scelto di concentrarsi soprattutto sul valore documentario degli oggetti esposti, i quali, oltre ad offrire una rappresentazione degli ambienti spariti, costituiscono anche un’importante fonte per lo studio dei processi di trasformazione della città. C’è da augurarsi che il successo ottenuto dalla mostra possa costituire un incentivo per una maggiore valorizzazione, da parte delle istituzioni, del patrimonio archivistico e documentario relativo alla Roma contemporanea, che attende ancora di essere elevato al rango delle testimonianze prodotte dalle epoche precedenti.

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    By: Fernando Salsano

    Fernando Salsano ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia politica e sociale dell’Europa moderna e contemporanea all’Università degli studi di Roma Tor Vergata, presso la quale svolge attività di ricerca.

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