Recensione: S.Casilio, Marco Paolucci (a cura di), Scatti in movimento. Dalla metropoli alla provincia: l’Italia e le Marche negli anni sessanta e settanta

In Scatti in movimento. Dalla metropoli alla provincia: l’Italia e le Marche negli anni sessanta e settanta, dalla carta fotografica affiorano con decisione alcuni dei tanti volti del ’77.

Quell’anno, se inserito nella cornice del decennio a cui appartiene, e di cui in un certo senso fu culmine, incarna chiaramente la precedente ricerca di altri e nuovi modi di partecipazione, oltre che la radicalizzazione dei linguaggi della cultura e della politica sperimentati a partire dal ’68.

Sullo stesso oggetto aveva già focalizzato l’attenzione la mostra ’77/Spazi occupati -spazi liberati, a cui gli Scatti succedono di qualche anno e di cui costituiscono un passo successivo. E, come già nel 2005 aveva fatto la mostra, così il volume curato da Silvia Casilio e Marco Paolucci, attraverso immagini non solo visive, tenta la rappresentazione di “una parte dell’Italia del secondo dopoguerra, costantemente divisa tra la voglia di cambiamento e le difficoltà di vivere e comprendere quel cambiamento […] scissa tra Nord e Sud, tra centro e periferia, eppure incredibilmente e paradossalmente coesa” [p. 13].

Questa raccolta di materiale persegue l’obiettivo di arricchire l’immagine che abbiamo di un anno che, alla stregua del ’68, è stato talvolta definito anno evento, con la scia di parole chiave che una simile compressione di significato si porta dietro. Il ’77, perciò, altrove anno dell’Autonomia, della crisi dei partiti extraparlamentari, nonchè anno della deriva radicale del decennio precedente, è qui reinserito nel suo più ampio contesto attraverso i momenti periodizzanti che lo composero.

Gli eventi principali di quell’anno sono infatti tutti in qualche modo ripercorsi, principalmente mediante la fotografia, ma anche attraverso i disegni di Paolo Euchaurren, ampi brani de La ballata della signorina Richmond o Gli invisibili di Nanni Balestini, e infine grazie ad alcune brevi memorie di chi di quella stagione fu protagonista e che fungono da introduzione ad alcune sezioni del volume.

Per lo stesso motivo, l’esigenza di riguardare al ’77 solo se inserito in una cornice più ampia e sfaccettata, in ogni sezione degli Scatti viene preseguita con successo la ricerca di una connessione chiara e diretta tra la dimensione locale e quella nazionale, riverbero tra l’altro proprio di uno dei caratteri tipici di tutta la stagione dei movimenti.

Per questo, scorrendo le pagine del libro, in particolare nella parte centrale dedicata alle cronache marchigiane dal 1966 in poi, l’eco di eventi più grandi accompagna quasi ogni singola notizia riportata.

É così che, anche a Macerata, nel 1970, ci troviamo di fronte alle lunghe e ripetute occupazioni universitarie, o all’organizzazione di un corso di educazione sessuale all’oratorio di Civitanova Marche. Ripercorriamo poi, con l’appoggio che nel 1974 anche i marchigiani dettero al fronte del no in occasione del referendum abrogativo del divorzio, un momento cruciale nella storia d’Italia, così come accade quando, nel 1975, l’attenzione della Cronaca di Macerata su Il Resto del Carlino si sposta sui temi dell’aborto e della malattia mentale. Allo stesso modo, nel 1976, ci giunge l’eco delle elezioni del 20 giugno, tanto rilevanti per gli esiti che ebbero, mentre nel 1977 ci imbattiamo in titoli in cui ricorrono le sigle delle organizzazioni armate, in quel frangente al centro delle cronache in tutto il Paese, e attive anche nelle Marche con azioni specifiche.

Sullo sfondo di tutto questo, infine, manifestazioni, scioperi, le occupazioni dell’Università di Macerata, i cortei antifascisti e le barricate degli operai. Il repertorio di fotografie in bianco e nero che consegnano ad oggi le immagini di quei momenti, ci mostra i volti degli studenti in lotta, dei giovani antifascisti e di coloro che aderirono al gruppo de il manifesto, coi loro striscioni, il fluire nelle strade e gli assembramenti nelle piazze, anche il giorno del congresso provinciale della CGIL di Macerata, alla presenza di Luciano Lama.

Più avanti sono riportati volantini e manifesti che parlano dell’impegno dei gruppi e dei partiti, delle federazioni giovanili, delle diverse associazioni antifasciste e anche di Lotta continua che, nel caso riferito, fu curatrice di un supplemento al quotidiano nazionale sul tema specifico del neofascismo nelle Marche, secondo un modo di lavorare caratteristico di quella organizzazione, sempre capace di far emergere questioni locali e al tempo stesso diffondersi e radicarsi sul territorio.

Ma i veri protagonisti di questa ricca raccolta restano le fotografie, fotografie che mostrano senza reticenze frammenti di vita quotidiana, dalla comune del Turchino, o quella di San Giovanni a Castellamonte, a quella di Ovada, dai viaggi in Oriente o sulle strade di Londra alle feste di compleanno, fino alla bellissima e nient’affatto casuale sezione dedicata al 1976, anno dei grandi raduni. Qui gli scatti, tutti di Enrico Scuro, fermano giovani in festa nel Parco del Lambro, a Milano, a giugno in occasione dell’evento organizzato da Re Nudo, oppure, solo un mese più tardi, nei prati e sulle scalinate dell’Umbria Jazz.

Quest’ultimo, un concerto di giorni e giorni itinerante in tutta la regione, secondo un esperimento avviato tre anni prima, quell’anno viene preso d’assalto da un “pubblico ‘estremo’ che vive tutto come una dimensione politica”, tanto che per l’anno successivo gli organizzatori tornano a pensare a una manifestazione più “tradizionale” [p. 235].

Negli stessi giorni si tiene anche il Primo festival nazionale dei giovani, a Ravenna, ma anche su quella iniziativa cala l’ombra delle “contraddizioni e i limiti delle organizzazioni extraparlamentari e la continua frantumazione organizzativa pian piano degenerata in una sorta di guerra per bande”[p. 225].

È in queste pagine che, a mio parere, risiede il cuore di questi Scatti in movimento. La “risposta al fallimento del Parco Lambro” [p. 281], infatti, a breve sarebbe venuta da Bologna, la città dove nel marzo del 1977, durante gli scontri di piazza tra organizzazioni extraparlamentari e polizia, aveva perso la vita Francesco Lorusso. In quella città, alla fine di settembre, si svolge il Convegno nazionale sulla repressione, ultima fallita occasione di confronto tra le magmatiche forze in gioco. A Bologna, da allora, la strada diviene il palcoscenico dell’esplosione della “massima creatività, anche nei cortei più duri, anche negli slogans più violenti” [p. 281].

Lì, con gli indiani metropolitani al DAMS occupato, fu inventato un modo nuovo di comunicare, attraverso performance creative e inedite. “Spuntarono come un fungo, all’improvviso, in un habitat fertile, denso di un’umanità in agitazione […] sintomi di un disordine (grande ed eccellente) che stava montando, disgregando irreversibilmente le organizzazioni della sinistra rivoluzionaria” [p. 291].

É lì che si schiude per poi velocemente ripiegarsi il Movimento del ’77 che il libro cerca di restituire, quello forse più autentico, ed è lì che si annidano i caratteri peculiari di quell’anno che interessa una generazione emergente, creatrice di molto di nuovo, dal punk alle radio libere, e distruttrice dell’insoddisfacente rapporto con la politica istituzionale.

Ed è questo, ritengo, l’ideale punto di arrivo a cui gli Scatti intendono condurci fin dalle prime pagine, quelle incentrate sulle esperienze delle comuni. Se là gli scenari fermati nelle fotografie rimandavano al lavoro e ai colori della terra, alla dimensione collettiva della vita e delle relazioni, al rifiuto dell’aggressività del consumismo e del variopinto quotidiano cittadino, anche attraverso un allontanamento fisico da tutto questo, qua il Movimento colora le città di blitz improvvisi, riappropriandosi dei suoi spazi e facendoli vibrare di performance multiformi dai linguaggi e dai comportamenti spiazzanti e memorabili.

 

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    By: Silvia Vaiani

    Silvia Vaiani si è laureata in storia contemporanea all’Università di Firenze nel 2010 con una tesi sui Nuclei Armati Proletari. Lavora nella rete dei centri di alfabetizzazione del Comune di Firenze, occupandosi dell’insegnamento dell’italiano come seconda lingua ai bambini stranieri nella scuola primaria.

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