Il riformismo e l’europeismo di Ugo La Malfa nelle culture politiche dell’Italia repubblicana
Nel panorama degli studi sull’Italia repubblicana, la biografia di Paolo Soddu rappresenta un’opera rilevante per la riscoperta della figura di Ugo La Malfa e un contributo sicuramente utile per un confronto di ampio respiro sulle culture politiche dell’antifascismo e della democrazia italiana tra storia nazionale e orizzonte europeo.
Sviluppatosi sotto l’influenza di maestri come Gino Luzzatto, Silvio Trentin e Giovanni Amendola, il percorso intellettuale e politico del giovane La Malfa è esemplare della rinuncia consapevole alla cospirazione attiva di parte dell’antifascismo liberale di fronte alla scelta della clandestinità compiuta dai militanti comunisti e socialisti in nome di una contrapposizione frontale al regime fascista, pienamente affermatosi nell’Italia della seconda metà degli anni venti.
Come mostra la distanza con “la scelta di vita” realizzata dall’amico Giorgio Amendola, l’antifascismo di Ugo La Malfa si esprime negli anni trenta attraverso la fedeltà ai valori della cultura liberale espressa senza riserve come esperto di materie economiche nella collaborazione con l’Enciclopedia italiana di Emilio Gentile e nel lavoro all’ufficio studi della Banca Commerciale di Raffaele Mattioli, con un crescente livello di elaborazione sui limiti del capitalismo italiano e sull’ esigenza di una autentica modernizzazione del sistema economico nazionale secondo le esperienza più avanzate del mondo americano e anglosassone.
Mentre l’esperienza di redattore dell’Enciclopedia italiana con esponenti dell’antifascismo come Federico Chabod, Guido Calogero e Arnaldo Momigliano è estremamente sintomatica della capacità del regime di inglobare al suo interno spazi di autonomia culturale di matrice liberale, il mondo cosmopolita della Banca Commerciale di Raffale Mattioli costituisce per La Malfa l’incontro insostituibile con le teorie economiche di John Maynard Keynes e le strategie del New Deal, con le opere di Piero Sraffa e le pratiche politiche del laburismo e del fabianesimo.
E’ un passaggio “essenziale” nella biografia di La Malfa e il punto di partenza di una riflessione a tutto campo sul ruolo della politica nello sviluppo economico e sull’intervento statale in un sistema ad economia mista, a stretto contato con tecnici dell’Iri come Pasquale Saraceno o della Banca d’Italia come Giorgio Mortara e Paolo Baffi, in un aggiornamento di primo ordine della cultura economica liberale rappresentata da Francesco Saverio Nitti e Luigi Einaudi.
Se il bagaglio politico e intellettuale riformista di La Malfa trova difficoltà ad esprimersi pienamente nella dialettica interna al Partito d’Azione e la sua presa di posizione antimonarchica è alla base del difficile rapporto con il Partito comunista nel frangente della svolta di Salerno, la scelta di affrontare le elezioni per l’Assemblea Costituente con Ferruccio Parri nella piccola formazione della Concentrazione democratica repubblicana e di confluire poi nel Partito repubblicano corrisponde per La Malfa all’esigenza di dar vita a un soggetto politico riformista di stampo europeo, oltre l’integralismo cattolico della Democrazia Cristiana e il legame con l’Unione Sovietica della sinistra comunista e socialista.
Fermo restando un deciso orientamento euroatlantico, testimoniato dalla partecipazione nel luglio 1949 al Consiglio d’Europa, lo slancio riformista ed europeista di La Malfa riesce a trovare spazio nella partecipazione come Ministro del Commercio Estero ai governi del terzo tempo di Alcide De Gasperi, in forte sintonia con la sensibilità della sinistra democristiana di Amintore Fanfani ed Ezio Vanoni. La liberalizzazione degli scambi commerciali conseguita nel triennio 1951 – 1953 deve essere per La Malfa un tassello fondamentale per la costruzione di una maggiore unità politica ed economica dell’Europa occidentale, capace di competere con la sinistra comunista sul terreno della modernità, della piena occupazione e della giustizia sociale. Significativo al riguardo è il sostegno di La Malfa alla riforma agraria, alla Cassa per il mezzogiorno e soprattutto al progetto degasperiano di innestare sul trattato istitutivo della Comunità europea di difesa la costruzione di vera Comunità politica europea.
Esauritosi il ciclo riformatore del centrismo degasperiano, e venuto meno il disegno della Comunità politica europea, nel tormentato cammino verso il centrosinistra Ugo La Malfa svolge un importante ruolo di raccordo politico e programmatico tra la Democrazia Cristiana di Aldo Moro e Amintore Fanfani e il Partito socialista di Pietro Nenni e Riccardo Lombardi.
Critico nei confronti del Piano Vanoni per l’assenza di strumenti di programmazione economica adeguati agli obiettivi prefissati, La Malfa individua la chiave di volta per la modernizzazione del paese nell’incontro tra il riformismo cattolico e socialista, con i repubblicani in una posizione di avanguardia nell’indicazione delle sfide da affrontare per un completo inserimento dell’economia italiana nei circuiti europei e internazionali.
La ricerca di una “nuova sinistra” di ispirazione keynesiana è costantemente perseguita da La Malfa in prospettiva europea, con pragmatismo e lungimiranza, al punto di mettere da parte le pregiudiziali federaliste di Altiero Spinelli e di aderire al rilancio funzionalista propugnato da Jean Monnet e sostenere con forza la formazione del Mercato comune europeo. E’ del resto proprio l’ancoraggio al processo di integrazione europea a differenziare il riformismo di La Malfa alle posizioni del radicale francese Pierre Mendes France, al quale il leader repubblicano è stato frequentemente paragonato nel dibattito storiografico.
Nella visione politica di La Malfa il Mercato comune europeo deve costituire il catalizzatore di una riforma sostanziale del capitalismo italiano e di un nuovo ciclo riformatore fondato su una ambiziosa politica di programmazione economica e di selezione degli investimenti pubblici capace di modificare la qualità del modello di sviluppo.
Sconfitte nel Partito repubblicano le suggestioni golliste interpretate da Randolfo Pacciardi e finalmente aperta la stagione del centrosinistra, il manifesto più alto del riformismo lamalfiano è indubbiamente costituito dalla Nota aggiuntiva presentata nel maggio 1962 in qualità di Ministro del Bilancio come piattaforma della programmazione economica del governo presieduto da Aldo Moro. Volta al superamento degli squilibri strutturali dell’economia italiana e alla risoluzione della questione del mezzogiorno attraverso un qualificato intervento statale nell’economia, la programmazione economica di La Malfa vuole privilegiare gli investimenti pubblici sulle rendite private e riequilibrare il rapporto tra reddito da lavoro e profitti da capitale. Ben presto ridimensionato dall’opposizione della Banca d’Italia di Guido Carli e della Confindustria di Angelo Costa, l’eclissarsi dell’approccio lamalfiano alla programmazione economica viene a coincidere con la perdita di efficacia riformista del centrosinistra e con la constatazione da parte del leader repubblicano dell’inadeguatezza del capitalismo italiano a far proprie le grandi linee di un compromesso keynesiano realmente orientato a governare lo sviluppo economico del paese.
E’ l’inizio di una riflessione di lungo periodo sull’esigenza di favorire l’evoluzione riformista del comunismo italiano in modo da poggiare una seria azione di governo dello sviluppo su una sinistra democratica più forte delle priorità attribuite dalla Democrazia cristiana alla stabilizzazione del quadro politico e alla conservazione dell’ egemonia nella società italiana. Avviato simbolicamente dal riconoscimento della tensione del Pci verso le riforme di struttura, contenuto nell’intervento di commemorazione di Togliatti alla Camera dei deputati nel settembre 1964, il dialogo di La Malfa con il comunismo italiano trova in Enrico Berlinguer l’interlocutore più adatto per una risposta organica alla crisi politica ed economica degli anni settanta.
Vicepresidente del Consiglio con il compito di coordinare la politica economica del governo Moro, nella stagione del compromesso storico e della solidarietà nazionale l’impegno di La Malfa nel biennio 1974 – 1976 è diretto a preparare le condizioni per un ingresso del Pci nell’area di governo, nell’ambito di una politica dei redditi finalizzata alla riduzione della spesa pubblica, alla salvaguardia dell’occupazione, alla diffusione dei consumi collettivi e al restringimento di quelli privati. Mentre la convergenza strategica con il discorso di Berlinguer sull’austerità come leva imprescindibile per un nuovo modello di sviluppo e le dichiarazioni del segretario del Pci a Mosca nel novembre 1977 sulla democrazia come valore universale sembrano realizzare la formazione di una maggioranza in grado di imprimere un corso riformista alla politica italiana, il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse segnano in maniera drammatica il fallimento del progetto politico lamalfiano. L’opposizione di La Malfa alla trattativa con le Br e il suo grido sulla pena di morte per i terroristi costituisce l’espressione dolente di chi vede colpito definitivamente il disegno di una intera esistenza politica, spesa per rendere compiuta la democrazia italiana oltre ogni distinzione tra sfera della rappresentanza e della legittimità. Plasticamente testimoniata dal voto a favore all’adesione al Sistema monetario europeo del Partito repubblicano, da quello contrario del Partito comunista e dall’astensione del Psi di Bettino Craxi, il lacerarsi della trama riformista intessuta del laeder repubblicano e la prefigurazione degli equilibri politici del pentapartito sono la cornice nella quale viene a collocarsi nel marzo 1979 la scomparsa di Ugo La Malfa.
Specchio dell’evoluzione europeista della sinistra italiana e delle potenzialità e dei limiti del riformismo nell’Italia repubblicana, la figura di La Malfa può così emergere a tutto tondo con i tratti originali di un “borghese bolscevico”, sostenitore di una riforma del capitalismo italiano osteggiata dalle classi dirigenti confindustriali e sostenuta con vigore da un Partito comunista giunto con Enrico Berlinguer sulle soglie di una prassi politica socialdemocratica e laburista.
Fondata su una imponente documentazione d’archivio e attenta alla rappresentazione della personalità di La Malfa nell’universo della comunicazione politica e dei mass-media, dai primi piani dei rotocalchi alla conduzioni delle campagne elettorali, dai riferimenti rintracciabili nel cinema alle celebre imitazioni di Alighiero Noschese nella Rai degli anni settanta, la biografia di Paolo Soddu si avvia ad ampliare la galleria delle grandi personalità dell’Italia repubblicana e ad affiancare adeguatamente i lavori di Enzo Santarelli su Pietro Nenni e di Aldo Agosti su Palmiro Togliatti.
By:Sante Cruciani
Sante Cruciani, ricercatore a tempo determinato (tipo b) in Storia delle relazioni internazionali all’Università della Tuscia. Si occupa del processo di integrazione, delle culture politiche e sindacali della sinistra europea, delle rappresentazioni mediatiche della guerra fredda. Tra le sue pubblicazioni: L’Europa delle sinistre. La nascita del Mercato comune europeo attraverso i casi francese e italiano (1955-1957), Carocci, 2007; Passioni politiche in tempo di guerra fredda. La Repubblica di San Marino e l’Italia repubblicana tra storia nazionale e relazioni internazionali (1945–1957), Università di San Marino, 2010. È curatore di: Bruno Trentin e la sinistra italiana e francese, École Française de Rome, 2012; Il socialismo europeo e il processo di integrazione. Dai Trattati di Roma alla crisi politica dell’Unione (1957-2016), FrancoAngeli, 2016. Insieme a M. Ridolfi, ha recentemente curato i volumi L’Unione Europea e il Mediterraneo. Relazioni internazionali, crisi politiche e regionali (1947-2016), FrancoAngeli, 2017; L’Unione Europea e il Mediterraneo. Interdipendenza politica e rappresentazioni mediatiche (1947-2017), FrancoAngeli, 2017. È condirettore della rivista digitale www.officinadellastoria.eu.