L’esposizione segue un ordine cronologico, con quattro capitoli dedicati rispettivamente a «L’Italia liberale», «Il fascismo», «Il miracolo economico» e «La società affluente», preceduti da una sintetica Premessa. Scarpellini affronta il complesso tema dei consumi integrando una molteplicità di prospettive. Grande attenzione è prestata al loro ruolo culturale, cioè al valore simbolico dei beni e servizi consumati, alla luce del fatto che gli oggetti «sono insieme artefatti materiali ed elementi simbolici, grazie ai quali si dà un senso alla realtà, si intessono rapporti sociali, si comunica, ci si distingue. […] In altre parole, gli oggetti strutturano la nostra vita e reificano i nostri gusti personali, i comportamenti sociali, i significati culturali» (p. 140).
Poiché attraverso le pratiche di consumo si costruiscono identità personali e sociali, Scarpellini è opportunamente attenta ad evidenziare i diversi modelli di consumo legati alle stratificazioni sociali (come anche alle differenze di genere, di generazione e territoriali). Infatti, se la principale evoluzione lungo l’arco cronologico considerato è rappresentata dalla “democratizzazione del lusso”, segnata dalla crescita percentuale dei consumi secondari o accessori rispetto alla triade di quelli primari (alimentazione, casa e vestiario), l’autrice sottolinea aspetti quali l’enorme distanza in termini di condizioni di vita tra contadini, operai e borghesi in età liberale, il miglioramento selettivo dei consumi durante il miracolo economico a favore essenzialmente dei ceti medi, o la diffusione a livello di massa dei consumi secondari anche tra i ceti popolari a partire dagli anni Settanta.
Lungi dall’esser limitata al momento finale del consumo, consistente nell’acquisto e utilizzo dei beni da parte dei consumatori, l’analisi investe anche le caratteristiche e le trasformazioni dei luoghi del commercio, che secondo l’autrice sono «specchio fedele della società» (p. 125). Pagine di grande interesse sono quindi dedicate all’evoluzione di questi luoghi, dalle prime gallerie e grandi magazzini di fine Ottocento ai supermercati del secondo dopoguerra, fino ai centri commerciali e ai factory outlet dei giorni nostri. Inoltre, la ricostruzione delle pratiche di consumo si accompagna all’illustrazione dei fattori materiali che le condizionano, tra i quali spiccano quelli relativi al mondo della produzione, che determinano i beni disponibili sul mercato: l’autrice si dilunga quindi sulle industrie, gli imprenditori e le tecnologie, senza trascurare, del resto, altri aspetti cruciali come le strategie pubblicitarie e di marketing.
Lo studio considera, poi, il rapporto tra i consumi e la sfera politica, analizzando sia l’atteggiamento dei governi verso i consumi privati (cruciale per il fascismo è ad esempio l’autarchico sforzo di incentivare il consumo di prodotti italiani) che l’ambito di quelli pubblici (istruzione, sanità, assistenza e previdenza), che in età repubblicana vede la costruzione di un welfare state secondo una linea di parziale continuità con alcune politiche dei periodi precedenti. Merita evidenziare, infine, la grande attenzione che l’autrice rivolge alle città, sia come teatro delle più innovative pratiche di consumo affermatesi nelle diverse epoche che in quanto ambienti che vengono profondamente modificati dalle forme e dai luoghi del consumo che si succedono nel corso del tempo.
Nel complesso, il volume si segnala come opera di ampio respiro che offre un’efficace sintesi della storia dei consumi in Italia dall’Unità ad oggi, come anche una molteplicità di spunti stimolanti per ulteriori ricerche. Invece, considerato anche l’ampio ricorso dell’autrice a fonti iconografiche (fotografie, illustrazioni, pubblicità, ecc.), poco comprensibile risulta la scelta di non includere un apparato di immagini, che avrebbe potuto illustrare visivamente almeno alcuni degli oggetti e luoghi descritti. Il volume, che costituisce un lavoro da cui specialisti e “profani” potranno trarre grande giovamento, ne avrebbe certo beneficiato.