Il cinema di propaganda tra le due guerre

Il mezzo cinematografico ha un potenziale comunicativo grandissimo: un qualsiasi messaggio viene percepito più facilmente e avvertito come “reale” se è trasmesso attraverso un insieme di immagini e di suoni, piuttosto che attraverso un semplice testo scritto.
Inquadrature montate abilmente e sottolineate da una colonna sonora particolare producono un notevole senso di “realismo”: per questo, il cinema è lo strumento più idoneo per educare ma anche, a seconda di come viene utilizzato, per manipolare idee e organizzare il consenso. I primi ad intuire le possibilità propagandistiche del cinema furono, a partire dalla prima guerra mondiale, i governi dei paesi coinvolti nel conflitto. Si trattava, attraverso i cinegiornali, di incoraggiare il sostegno dei civili nei confronti delle forze militari, suscitando comprensione e appoggio verso l’impegno bellico. Il cinema di propaganda presenta, fin dalle origini, un duplice aspetto: da una parte, insieme ai cinegiornali, vi sono i documentari manipolati e un cinema di finzione tutto eroismo, che esalta la patria e l’appartenenza; dall’altra , c’è una produzione tesa all’evasione e alla negazione della realtà (si inventa un mondo inesistente, fatto di passioni amorose e di conflitti borghesi).Questo dualismo è evidente nell’Italia fascista, nell’Unione Sovietica di Stalin, negli stati Uniti, sempre in prima linea per “ liberare il mondo dai regimi totalitari”. Esempi emblematici del cinema di propaganda degli anni trenta sono “Camicia nera” di Gioacchino Forzano, “Tre canti su Lenin” di Dziga Vertov e “Perché combattiamo” di Frank Capra, tre pellicole diverse tra loro, per spessore artistico, politico, culturale, ma accomunate da un unico scopo: sensibilizzare gli italiani, i russi, gli americani su temi decisivi per i rispettivi paesi. Nella prima, viene esaltata la rivoluzione fascista,” portatrice di ordine e benessere”, nella seconda si ribadisce il concetto che è necessario che la rivoluzione bolscevica continui anche dopo la morte di Lenin, infine, nella terza, si mostra la contrapposizione tra due mondi, quello degli “uomini liberi” e quello degli “schiavi”.

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