La letteratura infantile spagnola tra guerra civile e franchismo

Nel 1920 il critico francese Paul Hazard nota come in Spagna non esista una letteratura autoctona per l’infanzia, per cui i bambini sono costretti a leggere autori stranieri. Da sempre, in effetti, il mercato editoriale spagnolo si era alimentato di un enorme flusso di traduzioni che alla fine avevano finito per scoraggiare l’interesse nei confronti della produzione nazionale.

Una letteratura infantile vera e propria nasce nel diciannovesimo secolo grazie al riscoperto gusto per l’avventura, ma è il secolo XX, con il rilancio dell’elemento folkloristico, a gettare le basi per quel mercato florido (e di qualità) che ancora oggi presta grande attenzione al mondo dei più piccoli. Complice la psicologia, che ormai sa orientare gli scrittori per i bambini, proprio in Spagna si guarda alla letteratura giovanile da una prospettiva rinnovata: una delle opere maggiormente conosciute della letteratura spagnola Platero y yo (1914) di Juan Ramón Jiménez, inizialmente concepita per un pubblico adulto, presto diventa il libro di lettura più apprezzato dai bambini dei paesi ispanofoni che lo recitano addirittura a memoria perché inserito nei curricula scolastici.

 

Anche se ad inizio secolo si predilige l’argomento religioso come nucleo attorno al quale creare storie da destinare ai più piccoli, è la poesia, almeno fino alla guerra civile, ad offrire gli spunti più interessanti. Federico García Lorca intuisce meglio di chiunque altro che per rendere magici i versi da dedicare ai più giovani ci vogliono freschezza e leggerezza, per questo dedica loro canciones e componimenti ingenui e divertenti. Come nel caso di Cancioncilla de Sevilla, il cui tono vivo ed allegro costruisce un paesaggio che profuma d’arancio, animato da api dorate e fiori blu:

Amanecía
en el naranjel.
Abejitas de oro
buscaban la miel.
¿Dónde estará
la miel?
Está en la flor azul,
Isabel.
En la flor,
del romero aquel.

(Sillita de oro
para el moro.
Silla de oropel
para su mujer.)

Amanecía
en el naranjel.

Consapevole del valore dell’elemento popolare, il poeta viaggia alla ricerca di testimonianze che costituiscono il cuore della canzone e della poesia tradizionali: la conferenza sulle nanas infantiles del 1930 è l’esempio della spiccata sensibilità che egli dimostra nei confronti del caratteristico genere della ninna nanna, l’ingenua forma poetica che sarà fonte della sua ispirazione[1]. Prima di lui, Miguel de Unamuno aveva già dedicato nanas al figlioletto morto, così come Rafael Alberti si dedica ad una poesia infantile intrisa dell’elemento popolare convinto, anzi, che il surrealismo spagnolo sia fortemente caratterizzato proprio da esso. Anche le donne, naturalmente, scrivono poesia per bambini: Júbilos (Poemas de niños, rosas, animales, máquinas y vientos) di Pura Carmen Conde, pubblicato nel 1934, è una raccolta di brevi e vivaci componimenti interamente dedicati al mondo dei piccoli.

Carmen Bravo Villasante nota che esistono delle eccezioni rispetto alla critica mossa da Hazard[2]. Prima che scoppi la guerra, infatti, diversi sono gli autori che si dedicano esclusivamente al genere infantile; tra essi spicca Salvador Bartolozzi che rivisita il Pinocchio di Collodi dotando il suo Pinocho di caratteristiche tipicamente chisciottesche. Supportato dalla casa editrice Calleja, uno dei canali di diffusione più importanti per la letteratura infantile e giovanile dell’epoca, Bartolozzi dà vita ad una lunga serie di avventure che trasformano Pinocho ed il suo rivale fatto di stracci, Chapete, nei personaggi più popolari della letteratura spagnola per ragazzi. Ancora, Elena Fortún (nome artistico di Encarnación Aragoneses Urquizo) pubblica dal 1928 al 1938, fino a quando, cioè, la sua carriera si interrompe a causa della guerra. La scrittrice crea Celia, un personaggio in grado di attirare la simpatia del pubblico più giovane perché si rivolge direttamente ai bambini. Protagonista di numerose storie, la fortuna di Celia è talmente grande che la “bambina” cresce insieme alla carriera artistica della sua autrice e continua ad entusiasmare i piccoli lettori spagnoli, convinti che Celia esista davvero, anche quando la Fortún smette di scrivere. Profonda conoscitrice del mondo infantile, Fortún compone storie semplici e divertenti allo stesso tempo, in cui didatticismo e moralismo sono utilizzati in maniera misurata per non soffocare il lettore. La letteratura infantile ha fatto un passo in avanti e riconosce la dignità del bambino a cui concede la giusta attenzione: Celia riflette le inquietudini proprie dei piccoli e si esprime come loro.

Gli anni della guerra civile interrompono bruscamente l’apertura a questo mondo, trasformando totalmente la concezione del libro infantile e del bambino come ricettore del messaggio letterario. Sono finiti i tempi in cui i ragazzi sono soggetti da educare, da aiutare e sostenere nella crescita, essi meritano attenzione unicamente in funzione del credo politico da difendere e ogni sforzo editoriale, pertanto, è indirizzato a definire una rigida e determinata ideologia. La Generalitat de Catalunya, dunque, cura edizioni di carattere prettamente propagandistico e la casa editrice Estrella, Editorial para la Juventud si avvale della collaborazione di un famoso artista da sempre dedito all’infanzia, Antoniorrobles, che rivisita racconti già pubblicati e classici secondo l’ottica antifascita. Inoltre, alcuni libri della serie «Cuentos Estrella», che vengono inseriti in volumetti a tiratura speciale e pubblicati dal Ministero dell’Istruzione, si aprono con il seguente messaggio: «niños españoles, mientras los asesinos fascistas os tiran bombas o matan a vuestros hermanitos, el Ministero de Instrucción Pública del Frente Popular os regala juguetes y cuentos y se preocupa que mañana seáis hombres útiles a la nueva sociedad»[3]. Questo atteggiamento sfocerà nella creazione del racconto rivoluzionario, una vera e propria modalità narrativa volta a trasmettere quell’ideale al giovane lettore, concepito unicamente come l’erede di una società che si costruirà proprio grazie alla rivoluzione.

Esistono, chiaramente, esempi di scrittura per l’infanzia prodotti dallo schieramento opposto: sebbene i nazionalisti non godano della stessa capacità di pianificare ed attuare strategie editoriali in modo così sistematico, la propaganda in questo caso passa soprattutto per le pagine di alcune riviste tra cui spicca “Flechas y Pelayos” (1938-1949). Il settimanale, la cui linea editoriale è affidata al frate Justo Pérez de Urbel, si impegna nel «contribuir a moldear la generación que ha de hacer la historia del mañana»[4] per mezzo di una “formazione completa”, che comprenda valori morali, religiosi, patriottici, scientifici ed umani, e sfrutta la strategia del fumetto per rivolgersi a «la

infancia de la España transformada»[5]. Sempre la casa editrice Calleja, poi, pubblica racconti affidati ad un altro importante illustratore del tempo, Rafael Penagos che, in Cuentos del tío Fernando (1940), caricaturizza i rojos con l’intenzione di metterne in risalto la crudeltà.

Da entrambe le parti non mancano opere che tentano di fornire una giustificazione a quel conflitto che colpisce una fascia di popolazione tanto debole ed indifesa come quella dei bambini, così come proliferano testi che propugnano modelli comportamentali da seguire. In ogni caso, in questi libri si concentrano luoghi comuni ed esempi di condotta stereotipati che si esprimono attraverso una dialettica che è fascista o antifascista, nazionalista o comunista che sostiene l’ordine o l’anarchia andando così a creare un curioso “parallelismo tra discorsi e tematiche”[6] che si rivolgono ad un unico destinatario, il bambino, certamente non in grado di interpretare ciò che gli sta accadendo attorno con le proprie forze. Ecco che Crónicas del pueblo en armas (1936) di Ramón J. Sender invita il popolo a scontrarsi con le èlites al potere che, epoca dopo epoca, si degradano. Il romanzo è considerato uno tra i primi testi scritti con il chiaro intento di formare una coscienza politica repubblicana nei più giovani. A Sender fa eco Federico García Sanchiz che qualche anno più tardi, ne El amor a España (1940), spiega ai ragazzi le ragioni per cui bisogna amare la Spagna con la sua storia. Se sembra scontata la differenza nel linguaggio che l’uno o l’altro schieramento possono utilizzare per i loro scopi propagandistici, in entrambi i testi appena citati l’argomento storico costituisce il fondamento su cui si sviluppa l’analisi prospettata dai due diversi punti di vista. Nella sua esaltazione del popolo, Sender sembra mancare comunque di un certo rigore storico a favore di un sentimentalismo che serve a far presa sul lettore, e Sanchiz usa i concetti di hispanidad e patria per tracciare una storia che, anche in questo caso, lascia spazio ad interpretazioni personali che tradiscono lo stato d’animo dell’autore.

Lo scoppio della guerra costringe molti scrittori ed illustratori a cercare nuove strade espressive, oppure li obbliga a scegliere l’esilio se non addirittura ad abbandonare il mestiere, come nel già citato caso di Elena Fortún. La scrittrice, ad ogni modo, costituisce uno dei rarissimi esempi di fedeltà al solo ideale della letteratura infantile, influenzata solo marginalmente da qualsiasi condizionamento ideologico. Bisognerà allora ricordare che in questi anni non solo scarseggiano i mezzi economici, per cui diventa difficile assicurare qualsiasi forma di continuità all’arte in genere, ma si comincia anche a sentire la pressione della censura. Già con la guerra si emanano provvedimenti tesi a controllare rigidamente ogni pubblicazione (opere teatrali, cinematografiche e musicali). A partire dal 1941, inoltre, ci si occupa espressamente delle pubblicazioni infantili. Nel 1943 si fissano i criteri per valutare il genere, che deve dimostrare un «notable valor educativo, para lo cual los editores deberán seguir la tendencia de buscar argumentos en la literatura popular española o de la antigüedad clásica y, en general, sobre temas heroicos y morales».[7] La prima istituzione destinata alla censura delle opere infantili, la Junta Asesora de Prensa Infantil, viene creata nel 1952. In tale situazione risulta davvero complicato poter fare riferimento a episodi o luoghi concretamente legati alla realtà circostante, ed è inevitabile che la scrittura si trasformi, adeguandosi alle nuove circostanze. Questo vale anche nel caso della Fortún, i cui cambiamenti, però, sono riconducibili agli sviluppi dati dal conflitto. La spiritualità, la bontà, la capacità di sacrificarsi sono le tematiche che l’autrice tratta con sempre maggiore frequenza e che fa costantemente scontrare con l’egoismo e la tendenza alla distruzione propri della guerra. Elena Fortún crea un mondo di opposti che da un lato è rappresentato da eroi positivi, i giovani personaggi idealizzati in quanto portatori di una bontà intrinseca, mentre gli adulti concentrano in sé tutte le caratteristiche negative di una società ormai devastata dalla violenza e dove non c’è più spazio per i sentimenti. Anche Piti Bartolozzi costruisce storie in cui la soluzione dei conflitti tra gli uomini è offerta grazie all’intervento dei più piccoli, sebbene il suo lavoro rimanga sempre a servizio dell’ideologia repubblicana.

La guerra civile frustra ogni possibile sviluppo della letteratura infantile ma il periodo immediatamente successivo, caratterizzato dall’estrema povertà in cui versa la stragrande maggioranza della popolazione, segna un ulteriore passaggio del decadimento culturale spagnolo. Le uniche opere che vengono prodotte in questo periodo tendono all’esaltazione della famiglia all’interno di un rigido orientamento religioso, parlano spesso di orfanelli che solo dopo numerose peripezie, e grazie allo spirito di sacrificio, ricevono una ricompensa. Inoltre, soprattutto nel cosiddetto periodo autarchico (1945-1951), l’isolamento del paese dal resto d’Europa obbliga al recupero delle tematiche concernenti il glorioso passato imperiale. La preoccupazione che emerge da questi testi è quella di creare l’immagine di una Spagna «uniforme, católica y tradicionalista»[8] per educare il settore più giovane della società. Ma la loro qualità è spesso deludente per la pochezza delle tematiche trattate, per la mancanza di agilità delle modalità narrative scelte e, soprattutto, per l’asservimento ideologico sciorinato. Si creano, dunque, collezioni in cui i singoli personaggi riproducono gli stereotipi maschili e femminili propagandati dal franchismo, o propongono modelli infantili davvero poco aderenti alla realtà.

Non mancano, a rigor del vero, spunti interessanti e testi che pure presentano tratti originali, così come è altrettanto giusto ricordare gli sforzi di alcune case editrici nel portare avanti il lavoro iniziato negli anni precedenti alla guerra con una certa dignità, ma si tratta pur sempre di casi isolati che vivono la costante pressione della censura. Basta infatti una semplice burla rivolta ad un personaggio o ad un evento, è sufficiente un riferimento all’ambito politico o religioso perché scatti la sanzione. Ancora una volta, allora, vogliamo tornare sull’esperienza di Elena Fortún, la cui opera è improvvisamente sottoposta a revisione per l’atteggiamento che la scrittrice avrebbe tenuto durante la guerra. In particolare, opere come Celia y sus amigos (1935) o Celia madrecita (1939) vengono censurate in alcuni passaggi, ma solo nella seconda metà degli anni quaranta, contrariamente a quanto, di logica, avrebbe dovuto accadere nell’immediato dopoguerra. Emblematico il caso di Celia en el colegio, pubblicato per la prima volta nel 1934, poi addirittura proibito nel 1946 e nel 1950 per la «degradación afectiva de una niña conceptuada como mala hasta producirse en ella, por falta de comprensión y del debido tratamiento, el rechazo total del colegio donde la han llevado a educarse»[9] e, ancora, nel 1956 per la «falta de respeto con que son tratadas personas y asuntos religiosos»[10].

Bisognerà attendere gli anni settanta perché la letteratura infantile cominci a liberarsi del condizionamento dato da oltre trenta anni di franchismo, per tornare a rivendicare il diritto alla libertà e al piacere. Solo nella decade successiva appariranno testi vivaci, esclusivamente pensati per i più giovani e spesso caratterizzati da un fine umorismo e dalla riflessione critica, ormai lontani dal rigido moralismo imposto dalla dittatura.

 

 

Si ringrazia il Centro di Documentazione del Centro Internacional del Libro Infantil y Juvenil della Fundación Germán Sánchez Ruipérez (Salamanca, Spagna), in particolare Ángela Marcos Sánchez e il Coordinatore Luis Miguel Malmierca Cencerrado.

 

 

BIBLIOGRAFIA

–         A.A. V.V., Actas del XIII Congreso de La Asociación Internacional de Hispanistas, Madrid 6-11 julio 1998, Madrid, Castalia, 2000.

–         A.A. V.V., Poesía infantil. Teoría, crítica e investigación. Pedro Cerrillo y Jaime García Padrino Coord., Servicio de Publicaciones de la Universidad de Castilla la Mancha, 1990.

–         Bravo Villasante, Carmen, Historia de la literatura infantil, Madrid, Doncel Editora, 1983.

–         Cedán Pazos, Fernando, Medio Siglo de libros infantiles y juveniles en España (1935-1985), Madrid, Pirámide Ediciones, Fundación Germán Sánchez Ruipérez, 1986.

–         Colomer, Teresa, Introducción a la literatura infantil y juvenil, Madrid, Editorial Síntesis, 1999.

–         Fouts, Elizabeth, A Brief History of Spanish Children’s Literature, “Bookbird, A Journal of International Children’s Literature”, 3, vol. 37, Baltimore, Johns Hopkins University Press 1999.

–         García Padrino, Jaime, Libros y literatura para niños en la España contemporánea, Madrid, Pirámide Ediciones, Fundación Germán Sánchez Ruipérez, 1992.

–         Sotomayor Sáez, María Victoria, El humor en la literatura infantil del franquismo, Anales de Literatura Española, 19, Alicante, Universidad de Alicante, 2007.

 

 


[1] C. Bravo Villasante, Historia de la literatura infantil, Madrid, Doncel Ed., 1983, p. 148.

[2] Ibid., p. 139.

[3] J. García Padrino, Libros y literatura para niños en la España contemporánea, Madrid, Pirámide ed. Fundación Germán Sánchez Ruipérez, 1992, p. 403.

[4] Ibid., p. 411.

[5] “Flechas y Pelayos”, 147, 28/09/1941, p. 3.

[6] J. García Padrino, Libros y literatura para niños, cit., p. 14.

[7] Bibliografía Hispánica, julio- agosto 1943, p. 49 in F. Cedán Pazos, Medio Siglo de libros infantiles y juveniles en España (1935-1985), Madrid, Pirámide Ed. Fundación Germán Sánchez Ruipérez, 1986, p. 52.

[8] T. Colomer, Introducción a la literatura infantil y juvenil, Madrid, Editorial Síntesis, 1999, p. 95.

[9] I. S. Craig, La censura franquista en la literatura, in Actas del XIII Congreso de La Asociación Internacional de Hispanistas, Madrid, 6-11 julio 1998, Madrid, Castalia, 2000, p. 73.

[10] M. V. Sotomayor Sáez, El humor en la literatura infantil del franquismo, Anales de Literatura Española, 19, Alicante, Universidad de Alicante, 2007, p. 239

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