Intervento in occasione dell’incontro, Tracce del Risorgimento in Emilia Romagna, promosso da Ibc Emilia- Romagna, Istituti storici dell’Emilia- Romagna in rete, Comitato 150° Unità d’Italia, per un bilancio delle celebrazioni dei 150 anni dell’Italia unita.
Risulta particolarmente stimolante un momento di bilancio e di riflessione perché le celebrazioni- anche in Italia – iniziate già nel 2010 e dispiegatesi fino a oggi – hanno costituito un fatto rilevante denso di significati e potenzialità ed efficacemente lontane da «una visione agiografica o ideologica del Risorgimento» grazie alla serietà e maturità – in linea con la nostra alta tradizione storiografica risorgimentale – con cui gli studiosi sono intervenuti nel dibattito sul processo unitario, riapertosi, purtroppo, anche all’insegna di vecchi «luoghi comuni».
Nel contesto romagnolo, il «caso Forlì» – nel quadro di un bilancio interpretativo sulla mobilitazione della città e del suo Comune- risulta peculiare, non riassumibile quantitativamente in questa sede. Un’ azione di coinvolgimento che Forlì ha attivato, in primo luogo, in sinergia con la società civile e con il mondo della scuola – autentici pilastri delle celebrazioni del Centocinquantenario. Nel 2011 le città- tra le quali si sono certamente distinte quelle del territorio emiliano-romagnolo- quindi Forlì, Ravenna, Rimini etc- sono state infatti non le quinte di una celebrazione, ma le protagoniste attive di una grande quantità di iniziative che hanno qualificato un Centocinquantenario nel quale non tutti credevano con la stessa convinzione.
Dunque, mi preme fare emergere- per sommi capi- una questione che più di altre, a me pare, abbia condizionato positivamente il dibattito in seno alla realtà municipale e cittadina forlivese: come restituire identità civica al nostro territorio e ridisegnare lo spazio urbano dentro un contenitore culturale? Mi riferisco, in particolare, alla visita del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel gennaio 2011 e al pranzo patriottico, il 4 giugno, che è stato l’imprimatur, omaggiato, tra l’altro, della medaglia del Presidente. Un’iniziativa culturale che mirava a restituire ai forlivesi valori condivisi e un senso di appartenenza ad un «unico linguaggio», non sporcato dalla battage politica ma quello autentico, proteso verso il territorio. Ma andiamo con ordine.
Che la storia di Forlì s’intrecci profondamente, in un’ottica squisitamente storica, con quella del Risorgimento, è fatto piuttosto noto. In Romagna, particolarmente, si definisce come un grande «racconto pubblico», rappresentata da una memorialistica dinamica, che conserva, ad oggi, tratti epici, incarnati da alcuni suoi protagonisti illustri. Nel «nostro» caso, Piero Maroncelli, patriota forlivese, musicista, artista completo, detenuto allo Spielberg con Pellico, poi esule a New York e il cui corpo fu traslato da New York a Forlì- 40 anni dopo la sua morte, nel 1886- con una «trafila» e una regia particolare tra le due sponde dell’Atlantico; Aurelio Saffi, protagonista di assoluto rilievo della storia risorgimentale forlivese: nel 1846, consigliere comunale a Forlì e poi, nel 1849, Ministro degli interni della Repubblica romana, triumviro e artefice, tra l’altro, della toponomastica cittadina ridisegnata interamente- nel corso degli ultimi anni dell’Ottocento- in perfetto stile democratico. Una memoria divenuta poi un fenomeno coinvolgente quote di popolazione ampie e che macina, indubbiamente, alcuni caratteri specifici della nostra stessa storia nazionale e, più ancora, della più tipica identità locale romagnola. Un esempio, tra tutti, la Trafila garibaldina.
Dunque, pur con uno sguardo rivolto alla specificità del suo passato, immaginare che una tale tradizione potesse rivestire un ruolo fortemente attualizzante nel contesto delle iniziative tenute per il 150° era auspicabile, ma nemmeno poi così prevedibile. Invece, il timbro- originalissimo e costitutivo- impresso da un Sindaco «storico», il Professore Roberto Balzani, a partire da quello straordinario momento di riflessione che è stato il 150° e reso, infine, «capitale»-, si è rivelato molto di più che restituire ai cittadini forlivesi la dignità della tradizione che rappresentano; esprime, a mio avviso, più in generale, un autentico progetto culturale e politico. Cosa voglio dire?
Voglio dire che, oggi come ieri, il percorso culturale e identitario della territorio emiliano- romagnolo costituisce, verosimilmente, una sorta di «opera aperta», non certamente esauritosi nel 1861. Il «fare gli italiani», in altre parole, in una terra di robuste radici democratico-radicali, costituisce, ancora oggi, un programma parallelo a quello del quotidiano amministrare. Così è stato nella «Forlì del 2011»: un autentico «laboratorio», come applicazione concreta della contemporaneità e grazie all’opera di un Sindaco che ha saputo rigenerare questa tradizione rinnovandola, a livello locale, e innervandola a livello nazionale.
Perché locale e nazionale? Facciamo un passo indietro e torniamo ad un evento significativo, prettamente «locale», e per molti aspetti «anticipatore» e prodromo del ricco calendario di iniziative del Comune di Forlì che propose- tra il 17 e il 19 novembre 2010- una rassegna di lezioni serali intitolata «Nascita di una nazione», attraverso immagini, musiche e anche sequenze cinematografiche, il professor Balzani, ha illustrato alla cittadinanza presente un approfondimento delle vicende che caratterizzarono il periodo ottocentesco e che contribuirono alla formazione della nazione italiana. Si è trattato di un originalissimo momento formativo destinato, abitualmente, ai soli ambiti scolastici e universitari, così rivolto alla cittadinanza tutta.
E allora quando questa sorta di «caso locale» forlivese- come direbbero gli storici- diventa «nazionale»? A partire, com’è naturale, dalla visita- il 7 e l’8 gennaio 2011- del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha rappresentato un momento storico per Forlì: prima, il 7 gennaio, accolto da tutta la rappresentanza consiliare e dell’amministrazione in consiglio comunale a Forlì e poi, l’8 gennaio, da tutti i cittadini forlivesi, in piazza Saffi. In particolare, organi d’informazione, movimenti politici, associazioni, hanno accolto l’auspicio e l’appello del Sindaco affinché questa occasione si traducesse in un momento di effettiva unità per la città. Ma vedremo di riprendere poi questa considerazione. In ogni caso, il gesto del Presidente- quello di rendere omaggio al Monumento di Aurelio Saffi- si è presto tradotto in grande festa «pubblica» della città e della sua piazza.
In quell’occasione- era l’8 gennaio 2011-, il primo cittadino forlivese, apprezzato storico, ha proposto al Teatro «Diego Fabbri» una lettura del Risorgimento- un «racconto»- non autocelebrativo, né retorico, dell’identità romagnola in ambito risorgimentale- nazionale e internazionale- e che ha portato il Presidente Napolitano- nella seconda giornata di celebrazioni per il 150°, da Forlì– ad indicare proprio la città di Forlì quale esempio da seguire per coltivare una corretta metodologia di confronto con la nostra memoria; come accade in un «laboratorio», quando si sperimenta sulla «materia viva».
Un «laboratorio» vissuto a «tappe» perché dopo quella visita, la città ha vissuto con grande intensità l’anno delle celebrazioni del 150°, mettendo in campo un programma ricco di iniziative ed eventi che ha avuto le sue espressioni apicali ne «L’alba della Nazione» in piazza Saffi, il 17 marzo e, soprattutto, con il «Pranzo patriottico» del 4 giugno. Nel primo caso, si è trattato di ricco carnet di eventi per celebrare il compleanno dell’Unità d’Italia che ha animato le giornate del 16, 17 e 18 marzo, inauguratosi all’ «alba»- per l’appunto- del 17 marzo, con la «Colazione patriottica»- in collaborazione con il Gruppo Alpini di Forlì- e conclusosi solo a tarda sera con visite guidate e concerti risorgimentali attraverso la «Forlì risorgimentale». Alle sei di mattina, quando ha iniziato a suonare l’Inno di Mameli, e fino alle nove, sono state stimate in piazza a Forlì – non in base a stime approssimative, ma dati oggettivi desunti in gran parte da quelle riportate sulla stampa locale- oltre 3.000 persone. Una celebrazione, se vogliamo, «atipica», nel senso che non vi sono tracce di «esperienze» simili in tutta Italia.
E arriviamo presto al 4 giugno 2011 quando, con il «Pranzo patriottico»- manifestazione davvero unica nel suo genere- il Sindaco ha offerto alla sua città- puntando ad attualizzarne i valori, i contenuti e lo spirito- la riproposizione del grande banchetto che coinvolse a Forlì, nel 1849, un migliaio di commensali uniti da un duplice sogno: l’Italia unita e la Repubblica e per sostenere, particolarmente, quello straordinario esperimento democratico consumatosi anzitempo nella Roma repubblicana tra febbraio e luglio del 1849; caso unico nell’intera penisola allora divisa in vari Stati, com’è stato il 4 giugno 2011 a Forlì. I posti sono stati organizzati come allora, «casualmente», senza distinzioni di alcun genere- sociali o economiche- peresaltare il valore dello stare insieme secondo il principio dell’uguaglianza. Una tradizione popolare, così rinnovata e rilanciata, ma fedelmente riprodotta anche con il menù, semplice, che ha avuto come portata unificante un «rosto» romagnolo: arrosto, cioè, con patate croccanti. Accanto al «collante» conviviale, il profilo aggregante, in una cornice di eventi culturali, didattici, ricreativi e sportivi e preceduto, al mattino, con concerti, animazioni, con i figuranti risorgimentali – Giuseppe Mazzini, Giuditta Bellerio Sidoli, Aurelio Saffi, Giuseppe e Anita Garibaldi, Piero Maroncelli- ad intrattenere i più «contemporanei forlivesi» lungo le vie del centro storico. Per l’occasione, inoltre, è stato innalzato- al centro della piazza, su un plaustro romagnolo- l’Albero della libertà attorno al quale si sono stretti personaggi, autorità e tantissimi di cittadini. Ora, per restituire la dimensione di questo grande «banchetto risorgimentale», riporto qualche numero: 1.090 i commensali seduti nella lunghe tavolate in Piazza Saffi, oltre cento volontari, sette istituti scolastici presenti, una cinquantina fra istituzioni e associazioni impegnate nella manifestazione, carosello di bande, spettacoli delle scuole, mostre, cerimonia, pranzo e inaugurazione del «Giardino del Tricolore». Infine, «una»- medaglia di rappresentanza dal Presidente della Repubblica- per sottolineare il rilievo e l’originalità dell’evento-, ma anche l’adempimento di «una promessa»- quella del sindaco Balzani- che l’«esempio di Forlì» sarebbe continuato per l’intero anno delle celebrazioni dell’unità d’Italia, rimarcandone il messaggio di condivisione e di partecipazione rispetto ai valori fondanti dell’identità nazionale e della Costituzione. Così è avvenuto, tra l’altro, replicando il brand del pranzo patriottico più volte e in più luoghi a Forlì- e circondario-, con pranzi patriottici e merende democratiche.
Dunque, e per avviarmi alla conclusione, vorrei ora sottolineare come questa singolare ed eccezionale manifestazione- autentico combustibile, motore e «cuore» del «150° forlivese»-, fosse stata preceduta, come ricordavo all’inizio, e seguita da diverse iniziate ma, soprattutto, da uno straordinario, nonché spontaneo, coinvolgimento popolare. Un bilancio ricco di cui, in questa sede, sarebbe impossibile esaurirne la trattazione per la vastità di eventi che l’Amministrazione Comunale, il Comitato Comunale per le Celebrazioni del 150°, ma soprattutto il vasto mondo dell’associazionismo forlivese, ha realizzato a partire dal 2010 con la celebrazione- l’11 marzo- nella sala del Consiglio Comunale, del «Giorno del Plebiscito», seguito, il 5 maggio, dallaserata garibaldina. Lo stesso giorno, i Sindaci di Ravenna e Forlì, hanno commemorato il 150° con una nota congiunta affinché anche i Municipi partecipassero- secondo alcune linee guida condivise- alle celebrazioni, e proponendo ai sindaci di tutta Italia di dedicare, per la ricorrenza, almeno un’ iniziativa rivolta ai giovani sul significato che assume oggi Italia unita. Un 2010 fecondo, che ha coinvolto vari «protagonisti» tra i quali la Civica Biblioteca comunale di Forlì e il suo pregiatissimo «Fondo Piancastelli». Iniziative seguite, nel 2011- e oltre a quelle più significative già trattate in precedenza- tra gli altri, con una mostra e un convegno, l’8 marzo, dedicato a «Le donne del risorgimento»; con i «Cantieri di storia» SISSCO, a settembre e, a fine ottobre, con un «Racconto alla città della storia della statua di Aurelio Saffi» da parte del Sindaco Balzani, seguito da un pirotecnico spettacolo visionario proiettato sulle pareti del Municipio dal titolo: «1212- 2012: la Piazza di Forlì ha 800 anni», storyboard di Roberto Balzani.
La valutazione complessiva del bilancio del 150° forlivese è meritevolmente compendiata, infine, nella proposta- recentemente adottata all’unanimità dal consiglio comunale di Forlì – di modifica della Costituzione per rendere stabile ciò che tutt’oggi è provvisorio: vale a dire, invitando il Parlamento italiano ad attivare il percorso normativo necessario a favorire il riconoscimento ufficiale dell’Inno di Mameli nella Carta Costituzionale così come avviene, nell’articolo 12, per la Bandiera Tricolore.
Ora, come concludere? Brevemente, con alcune valutazioni relativamente a ciò che «resta»- alla ricezione, e al seguito- anche pratico e immediato- avuto dal 150° nel contesto prettamente locale, ma anche rispetto a ciò che a me pare non abbia «funzionato»- più in generale- e, infine, alcune brevi considerazioni di merito.
Parto dalle prime. A mio avviso, un primo esempio di ricezione/seguito di quella che si potrebbe definire l’impronta civica della traccia risorgimentale del 150° forlivese, ci è stata offerta in tempi recenti da quella che è ormai passata alla storia, almeno, a Forlì, come il «nevone storico del ’12» (2012). In quell’occasione, il Sindaco Balzani ha fatto appello al senso di responsabilità della propria comunità, lanciando un vero e proprio reclutamento straordinario di volontari per alleggerire il carico di neve nel centro storico di Forlì. A quell’appello è seguita una «reazione pubblica»: i cittadini hanno risposto in diverse centinaia- individualmente o collettivamente (come il gruppo di giovani scout che, a loro volta, hanno chiamato persone da Modena e Ravenna; un ulteriore elemento di solidarietà molto importante) dunque impegnandosi al servizio della collettività, reagendo ad una situazione eccezionale e maturando così un’evoluzione verso atteggiamenti più sensibili culturalmente e civilmente, più legati all’idea di stare solidalmente insieme come comunità. Una curiosità: i volontari che si sono presentanti al punto di coordinamento, indossavano- o veniva fatto loro indossare- la «coccarda tricolore» confezionata in occasione del 150°, ma diventata oramai, a buon titolo, un «simbolo» per tantissimi cittadini forlivesi, di varie nazionalità.
Relativamente, invece, alla seconda considerazione- ciò che a mio avviso non ha funzionato- volevo subito fare una precisazione: io non credo che il Risorgimento, così come è stato ricordato da noi ma anche altrove, in qualche modo abbia «dimenticato» dei pezzi per la strada. Mi spiego. Se oggi ci ritroviamo a fare un bilancio- a mio avviso più positivo, che negativo- delle celebrazioni del 150°, è proprio perché la complessità della storia d’Italia- che sta tutta dentro la costruzione del Risorgimento come catalizzatore di grandi temi-, è stata indicata dal nostro Presidente della Repubblica nel corso del lungo pellegrinaggio attraverso il Paese per ricordare «l’Italia agli italiani». Un percorso che anche Forlì ha intrapreso nello sforzo diintercettare «pezzi di memoria» che- il successo delle iniziative lo ha dimostrato- se declinati in una maniera «diversa», «corretta» possono riavvicinare il popolo italiano, i giovani, alle istituzioni e, più in generale, anche alla vita politica.
In questo senso, credo non ci si possa sottrarre da una valutazione più «critica»: il 150° era una straordinaria occasione, una «missione» cui ci ha richiamato lo spirito del Centocinquantenario di manutenzione sociale e pubblica, ma se devo esprimere una valutazione di tipo personale, senza l’influenza e il grande impegno, mite ed esigente al contempo, del nostro Presidente, non sarebbe stato agevole dare un senso comune a questa celebrazione.
Per converso, c’è stata invece, a mio avviso, una straordinaria partecipazione della società civile, dei singoli cittadini, del mondo dell’associazionismo, del popolo italiano, che si è sentito partecipe, riscoprendo, da un lato, un forte desiderio di recupero della conoscenza storica e, dall’altro, una radice comune di appartenenza che nessuno sospettava così profonda; quasi una sorta di «affinità ideale», che ha albeggiato, in particolare, attorno ad uno dei suoi simboli- la bandiera tricolore- esposta dai balconi delle case.
E allora, per concludere davvero, perché Forlì tra le «capitali» delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia? Innanzitutto- come ha affermato il Sindaco Balzani- «perché luogo d’eccellenza della tradizione risorgimentale repubblicana»: quella «raccontata» al Presidente l’8 gennaio e ribadita il 4 giugno 2011 col Pranzo Patriottico (del 1849). Testimonianze privilegiate attraverso le quali la comunità forlivese, coralmente, ha creato un senso di partecipazione e di appartenenza: il presente, nel caso di Forlì, è entrato davvero dentro il passato, non limitandosi a «recuperarne» e analizzarne i capisaldi più significativi, ma declinandolo nella «contemporaneità» e rendendo omaggio, ancora, alla più celebre definizione crociana. Resta inteso, che l’opera di «attualizzazione» è resa tale, a mio avviso, perché attuali rimangono i valori di progresso, uguaglianza e libertà.
Dunque, Forlì «capitale», per l’impegno nell’ambito delle celebrazioni, ma anche e soprattutto per il «contributo» offerto, oggi, all’opera di attualizzazione di valori e ideali che, a mio avviso, non possono essere considerate spoglie «reliquie» del passato. La «regia forlivese», ha così proiettato l’«esempio Forlì» sulla scena italiana conquistando, recentemente, un ruolo di primissimo piano grazie all’assegnazione da parte del Presidente Napolitano- in occasione della cerimonia solenne in Quirinale, il 17 marzo scorso- di un prestigioso encomio alla Città di Forlì e riconoscendo- in primis al suo Sindaco– il merito di avere contribuito a rilanciare, a livello locale ma anche nazionale, un confronto vero sui temi dell’identità italiana, rinnovando energie per il presente e per il futuro. In questo senso, va considerata anche la scelta del Capo dello stato di aprire, de facto, il calendario nazionale delle celebrazioni per il 150° proprio nel nostro contesto emiliano-romagnolo, a Reggio Emilia e poi a Forlì: traccia indelebile di un pellegrinaggio scritto con inchiostro patriottico sobrio e costituzionale, antifascista ed europeo.
E’ difficile capire, allo stato attuale, quanto durerà, quello che effettivamente «resterà»; «le tracce»- coma ha giustamente ricordato il nostro Capo delle stato- «erano destinate a restare, ma i frutti rimangono ancora largamente da cogliere». Forlì, ugualmente, ha colto e definito- per l’occasione- un progetto, culturale, pedagogico: l’esempio di una comunità come un luogo alto di identità comune e struttura simbolica di scambio tra cittadini, gruppi, ma anche tra sedi istituzionali e società civile; la valorizzazione delle tradizioni civiche della città esortando i cittadini forlivesi attorno ad alcuni valori forti, come la «piccola patria territoriale», da un lato, e la Repubblica e la Costituzione italiana, dall’altro.
Per questo credo abbia rappresentato, rappresenti- senza tentativi agiografici- un esempio riuscito di lettura del nostro spazio civico che interessa le nostre Città, i Comuni, come spazio di identità e di relazione, da rilanciare all’esterno, sul territorio, in sinergia con le altre realtà territoriali. Una visione cioè non più solo politica, né solo urbanistica, ma pre-politica, tout court, della nostra società e dalle forti implicazioni culturali per l’avvenire delle più giovani generazioni.
Quello che mi sento di dire, infine, è che le nostre città, i Municipi, restano- questo 150° lo ha ampiamente rivelato- i pilastri della comunità civica e civile, unità primordiale politica e istituzione fondamentale della nostra Repubblica, luoghi dove la cittadinanza non sono un mero documento, ma una testimonianza pratica, «tattile». E se l’anno delle celebrazioni si è concluso, lo stesso non può dirsi per l’opera di rilancio del nostro patrimonio unitario, e non può mancare la determinazione, di noi tutti, nel portarla avanti, nella convinzione di coltivare un filone non rituale, ma vitale, di educazione e di partecipazione, capace di elevare la coscienza civile, la coesione e la volontà di progresso degli italiani. Un bilancio, dunque, quello sulle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia, conclusosi ufficialmente con l’omaggio- il 6 aprile 2012- a Giovanni Pascoli nel centenario della morte, ma che anche per Forlì, non è che l’avvio di un percorso di riflessione; posto che l’autonomia e la responsabilità, si esercitano quando le persone, «dal basso», riescono a dare un esempio che viene percepito «dall’alto». Così che a partire dalla nostra storia fondativa, la storia e le istituzioni, più in generale, tornino ad assumere il ruolo-guida di esempi educativi per i più giovani, per un «Terzo Risorgimento» che sia, come il primo e il secondo, un grande fenomeno di «risveglio generazionale». In fondo, come avrebbe spiegato uno tra i nostri più ispirati italiani- Giuseppe Mazzini-, «abbiamo bisogno di un «rumore» qui, per creare un ¬«eco» laggiù».