Recensore implacabile e acuto, saggista dalla cultura sconfinata, direttore e creatore di festival, organizzatore culturale, critico militante con la passione per la politica. Mente vulcanica e aspra, e per certi versi geniale, Lino Miccichè è stato l’esempio perfetto di critico cinematografico moderno, un intellettuale con grandi capacità propositive ma anche con doti molto spiccate per quel che riguarda la riflessione storico/teorica. Miccichè è scomparso il 1 luglio 2004 dopo una lunga malattia e la sua assenza nell’ambiente del cinema italiano (e non solo) si fa sentire. Mettere uno dopo l’altro tutti i ruoli che in decenni di carriera ha ricoperto è impresa quasi impossibile. Proviamo a elencarne qualcuno: co-fondatore, insieme a Bruno Torri, della Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro, critico de “L’Avanti” pre-craxiano e successivamente del TG3, docente universitario, Presidente della Biennale di Venezia, Presidente della Scuola Nazionale di Cinema, Presidente (onorario) della Fipresci, presidente del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, direttore della rivista Cinecritica. Proprio nel periodo in cui fu a capo dell’associazione dei critici rappresentò un autentico punto di riferimento per i giovani che scrivevano di cinema, un maestro verso cui provare un certo timore reverenziale ma anche un individuo in grado di stimolare negli altri non solo l’amore per la settima arte ma anche una tensione positiva verso l’impegno politico-culturale. Il cinema in sostanza, secondo Miccichè, era uno strumento che doveva mettere in contatto chi lo faceva, e chi lo studiava, con la complessità del mondo contemporaneo. Le sue “imprese” più significative riguardano soprattutto la bellissima avventura del Festival di Pesaro, manifestazione diretta fino al 1988 che tanto ha dato alla scoperta delle più nascoste cinematografie mondiali, la creazione e la direzione del DAMS a Roma, presso l’Università di Roma Tre, la sua permanenza alla testa della Scuola Nazionale di Cinema. Molto importante è stata anche la sua attività in campo editoriale. Libri come “Il cinema italiano degli anni ’60” (Marsilio), “La ragione e lo sguardo -saggi e note sul cinema” (Lerici), “Il nuovo cinema degli anni ’60” (ERI), “Visconti e il neorealismo. Ossessione, La terra trema, Bellissima” (Marsilio), “Pasolini nella città del cinema” (Marsilio), “Filmologia e filologia. Studi sul cinema italiano” (Marsilio), sono tutti testi di assoluta importanza, volumi che ogni critico ed ogni appassionato dovrebbe studiare con estrema attenzione. Ma la sua “ossessione” per il grande schermo lo portò ad essere anche un autore. Di lui si ricorda “ All’armi, siam fascisti!” (1962), film di montaggio realizzato in collaborazione con Cecilia Mangini e Lino Del Fra (commento di Franco Fortini) che proponeva in chiave documentaristica una riflessione sul periodo della storia nazionale che andava dagli anni dieci alla fine della seconda guerra mondiale. Miccichè è stato uno studioso dalle innumerevoli risorse e dalle incredibili energie intellettuali che non ha, però, mai perso di vista la passione viscerale per il linguaggio audiovisivo, che aveva sempre contraddistinto la sua esistenza, fin dall’epoca degli studi universitari. Una volta disse che le sue trasferte al Lido per il Festival del Cinema di Venezia erano caratterizzate da due valigie che portava sempre con sé: una per gli effetti personali ed un’altra piena di libri. Era, dunque, un critico che, oltre ad analizzare film, a scrivere libri e articoli, ad insegnare, a costruire eventi, non ha mai smesso di studiare con curiosità l’arte cinematografica e le sue evoluzioni in ambito teorico.