Palma d’Oro alla carriera al Festival di Cannes 2011, il regista di “Novecento”(1976) è l’autore “inconsapevole” del volume “La mia magnifica ossessione- Scritti, ricordi, interventi (1962-2010)”, curato da Fabio Francione e Piero Spila. Come spiega lo stesso cineasta nell’introduzione, Spila gli propose di raccogliere i suoi scritti cinematografici e si presentò, mesi dopo, con il risultato della scommessa. Mentre pensava che l’altro non avrebbe scoperto più di tredici o quattordici pezzi, Bertolucci si ritrovò, invece, tra le mani “il libro che non sapeva di avere scritto”. Nel corso di oltre 40 anni, il regista è, infatti, sempre intervenuto quando era necessario far sentire la sua voce e l’ha fatto con passione, lucidità, coerenza. “La mia magnifica ossessione” permette, grazie alla cura appassionata e rigorosa di Francione e Spila, di ricostruire l’avventura, artistica e umana, di uno dei maestri del cinema contemporaneo, italiano e internazionale. Si comincia con un lungo ricordo autobiografico (“Avant- scène”) d’affetti e luoghi della memoria per arrivare, poi, alle tre sezioni vere e proprie: “ Sui miei film, sul mio cinema”, “Maestri e compagni di viaggio”, “Se fossi un critico cinematografico”. Infine, in un capitolo a parte (“Conversazioni”), sono riportati alcuni dialoghi tra Bertolucci e vari interlocutori ( Enzo Ungari, Adriano Aprà, Wim Wenders ed Enrico Ghezzi, Giovanni Minoli, Filippo Bianchi, Stefano Malatesta) su temi ancora all’ordine del giorno del nostro paese (la sottocultura della TV, la corruzione politica, l’utopia marxista, la crisi del comunismo, ecc). Attraverso ciò che il regista scrive di sé e dei suoi film, dall’esordio con “La commare secca “ (1962) ai successi internazionali di “L’ultimo imperatore” (1987) e “Piccolo Budda” (1993) fino al più recente “The Dreamers – I sognatori” (2003), si delinea, non solo un’idea di cinema, ma anche del mondo. Bertolucci parla spesso di utopia e rivoluzione ma, contemporaneamente, evoca la dolcezza di vivere “Prima della rivoluzione” (1964), come recita il titolo della sua seconda opera, e il rimpianto per un passato che non tornerà mai più. Il volume è anche una sorta di autobiografia: partendo dagli anni della formazione con i ricordi del padre poeta Attilio, di Pasolini ( di cui fu aiuto-regista), di Moravia, parlando degli incontri, dei viaggi, delle esperienze, presentandoci i film e i registi (Chaplin, Ophuls, Godard, Bresson, Renoir, Bergman, Antonioni) più amati, Bertolucci ci parla di sé, senza mai dimenticare, però, di inserire la sua vita, di uomo e di artista, nel contesto storico-politico della sua generazione e di quelle più giovani. “ La primavera del 1945 su un’aia dell’Emilia pavesata dalle bandiere rosse, il maggio 1968 a Parigi quando i ragazzi andavano a dormire sperando l’indomani di risvegliarsi nel futuro, l’Asia e la Città Proibita, il deserto africano con le vecchie città estenuate e le nuvole color turchese delle moschee, i cunicoli d’argilla e i vicoli stretti e miseri di un Terzo Mondo pasoliniano” sono, sì, luoghi del ricordo e/o della fantasia creativa , ma anche testimonianza di una sensibilità civile ed etica che non è mai venuta meno. Un volume imperdibile per tutti quei sognatori (The dreamers) che, come scrivono Francione e Spila, “provano a mutare il finito della vita nell’infinito del cinema e della poesia”.
Titolo: La mia magnifica ossessione
Sottotitolo: Scritti, ricordi, interventi (1962-2010)
Autore: Bernardo Bertolucci
Cura: Fabio Francione, Piero Spila
Editore: Garzanti
Anno: 2010
Pagine: 296